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Il Tevere e i Mulini ad acqua

a cura di Francesco Deplanu

(gennaio 2020)

Il Tevere è stato via primaria di collegamento e di approvigionamento, ha caratterizzato la storia delle popolazioni che hanno vissuto in questa zona, lasciando sostanzialmente alla sua destra gli Etruschi ed alla sinistra gli Umbri. Ma ha definito soprattutto l’identità degli agglomerati abitativi in pianura: il simbolo del nostro paese riporta, infatti, proprio il ponte a tre arcate su di esso.

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Stemma del comune - Anno 1870 - Archivio Comunale (dal web)

Nell’antichità era “navigabile” per scambi commerciali e dunque culturali; in diverse maniere, con l’aiuto di animali da soma per far risalire alle imbarcazioni la corrente o con piccole barche per permettere il passaggio dall’una allora sponda. Sul Tevere la Dottoressa Cencaioli scrive nel suo… : “era la via navigabile per scambi commerciali e culturali tra le diverse città dall’antichità, nel Medioevo e fino al secolo scorso, utilizzata per il trasporto di minerali, di legname, di prodotti alimentari e di materiale da costruzione.  Il traffico era ben organizzato e uffici speciali erano costituiti per il controllo delle acque.”… “Il rinvenimento di strutture e materiali ed i toponimi lungo il Tevere hanno consentito il riconoscimento di alcuni luoghi come punti di approdo: ricordiamo per l’Umbria, Umbertide, loc. Barca, Perugia — Ponte Valleceppi, Perugia — Ponte S. Giovanni, Torgiano”.

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Costruzione a pianta ottagonale presso le "Petrelle".

Nella zone delle Petrelle Luana Cencaioli, in "Umbertide, il Tevere ed il territorio", lavoro presentato all'interno della "giornata di studi" organizzata dalla Prof.ssa Scortecci Donatella nel 2012, ipotizza che la costruzione in pianta ottagonale alta circa 3 metri e costruita in opera mista con pietre e laterizi possa essere più antica dell'età post classica a cui sembra rimandare. Poteva essere stata utilizzata come locale di servizio per un approdo sul Tevere, come rimessa o, viste le variazioni del corso del fiume, come punto di attracco. La Cencaioli ipotizza inoltre  che potrebbe essere stato un "appostamento per il controllo del fiume" (Cfr. pg. 148).

Probabilmente gli abitati di pianura o lungo i fiumi hanno richiesto maggior sforzo per essere abitati rispetto a quelli di collina dove la pendenza favorisce lo scorrere delle acque, non ci sono zone paludose o non si deve combattere con le piene torrentizie o del grande fiume. Maria Cecilia Moretti nel volume “Il Tevere ed Umbertide” a cura di Sestilio Polimanti ci ricorda come, infatti, il Tevere ha richiesto spesso lavori di contenimento riferendo una notizia dall’archivio di Umbertide del 1780 che ci conferma questa esigenza di contenimento: Gaspare Mazzaforti, parroco di Migianella racconta come nel 1754 venne consultato a Perugia, per i problemi del Tevere presso Fratta il padre gesuita Sivieri, esperto in matematiche per i problemi di erosione nella zona definita del "Prato" mediante certi "puntoni" che sembravano poi, in un certo senso, simili poi ad un  "rastrello" (Cfr. pg. 24). 

A noi sembra di ritrovare nel particolare di questa foto della prima metà del novecento, l'evoluzione di questa tecnica di controllo dell'erosione del fiume in più punti  della riva sinistra del corso del Tevere poco prima della zona del "Bocaiolo" a nord della città. Questo favoriva la deposizione di materiali dal Tevere con cui si poteva poi consolidare lo sponde o "allungare il terreno fertile della sponda.

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Umbertide:  particolare foto primo novecento

Questa tecnica ci sembra essere attestata anche dai particolari visibili nel quadro di Ernesto Freguglia del 1874 che rappresenta la zona del "Mulinaccio" dove, oltre al canale che serviva per il vecchio mulino oramai distrutto, si possono vedere dei pali che sembrano proprio i "puntoni" messi a protezione dall'erosione dell'ansa del Tevere.

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Particolare di Ernesto Freguglia del 1874 visibile a questo indirizzo web del Comune di Umbertide:

http://www.umbertideturismo.it/content/download/260405/2771389/file/La%20storia%20di%20Ernesto%20Freguglia.pdf

Il Tevere andava curato, ovvero le sue sponde dovevano in continuazione essere rinforzate per essere protette dalla forza del fiume che con le piene poteva essere distruttiva: si veda in questa foto della prima metà del '900  che oltre ad essere navigato per divertimento e sicuramente per pescare la riva opposta alla spiaggetta ciotolosa (il "breccione") presenta dei lavori di protezione con lunghi pali piantati verticalmente, i  "pontoni",  e altri legni o fascine  inseriti orizzontalmente che davano vita alle "piangole" di protezione. Secondo Maria Cecilia Moretti,  il termine "piangola" deriverebbe dal variante locale dialettali della Pianura padana dove si trova ancora oggi il termine "pnèl".; così il toponimo "Pennello" ad Umbertide indicherebbe il luogo di inizio di questa tecnica (cfr. la nota n. 26 nel testo citato sotto).  

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Le piene del Tevere potevano essere distruttive soprattutto se piene di media entità avevano prortato legname e residui a costruire delle barriere naturali che potevano far arrivare il fiume fin dentro la città.

Ma il Tevere fu usato soprattutto in estate e primavera per lavare, attività femminile che poteva incrementare il bilancio famigliare sebbene molto faticosa. In inverno le donne di campagna preferivano l'acqua di sorgente che era meno fredda di quella del Tevere. Il fiume fu usato anche per divertimento, per navigarlo e come luogo di aggregazione:  lungo la zona del "patollo", infatti, negli anni trenta del Novecento, prima della piena del '39 che lo distrusse, fu costruito un Lido Dancing che divenne il luogo di ritrovo degli umbertidesi del tempo.

I MULINI ad ACQUA

Prima dell'industrializzazione le grandi macchine legate alla forza delle acque, disponibile nelle nostre zone oltre che lungo il tevere anche lungo il fiume Niccone e altri affluenti, svolsero una funzione per la trasformazione delle colture come il granturco ed il grano, meno frequentemente olive e a volte addirittura la noci per la produzione di olio da lampada. Altre volte erano importanti per le "gualcheria" per la follatura dei tessuti come il famoso "Mulino di Sant'Eraclio" appena a sud dell'atuale confluenza del torrente Reggia nel fiume principale, nella zona dell'attuale piazza San Francesco. La cerealicoltura assieme dell’insediamento sparso, per lo più di origine mezzadrile, la poca praticabilità delle vie di comunicazione e la frequenza di torrenti e fiumi permise la notevole diffusione dei Mulini a "retricine", ovvero a ruota orizzontale, piuttosto che come quello citato sopra di Sant'Erasmo a ruota verticale. Nel teso a cura dei prof. Melelli e Fatichenti dell'Università degli Studi di Perugia se ne contavano 9 nel Territorio di Fratta e poi, dopo l'Unità aumentarono arrivando a 15 a fine secolo ("L’UMBRIA DEI MULINI AD ACQUA a cura di Alberto Melelli, Fabio Fatichenti, Quattroemme, Perugia 2013).

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Il Mulino di Sant'Erasmo era sicuramente attivo nel 1470, in vocabolo Botani, quando fu dato in gestione dal Vescovo di Gubbio alla Canonica di Sant'Andrea, fino al 1610 quando la grande piena del Tevere del 20 ottobre lo rese meno funzionante, cosa che si ripetè l'anno successivo, portando il Mulino alla vendita e al cambio di utilizzo. La "gualcheria" fu spostata su di un Mulino più a sud, nella zona di Pian d'Assino. La struttura dell'opificio beneficiava di una invaso, sempre visibile nell'immagine del Piccolpasso poco sopra al Mulino dove si può notare una fascia spumeggiante orizzontale sul corso del Tevere, che secondo il testo di Melelli e Fatichenti rendeva possibile l'uso di mole per l'arrotatura di falci e altri arnesi prodotti dai fabbri di Fratta per poi rendere possibile la follatura dei panni.

Per quanto riguarda i Mulini, Fabio Mariotti ha rielaborato (si può leggere qui in "Fratta-Umbertide nell'Ottocento") le informazioni di un manoscritto inedito dello storico locale Renato Codovini dove appare una statistica del 1880 . Qui sono dove indicati ancora 9 Mulini :

- Molino in Umbertide di proprietà Luigi Santini. Ha tre macine, è mosso dall'acqua, macina otto mesi all'anno grano, granturco, olive.

- Molino detto "il Molinello" di proprietà Ciucci, in situazione di fallimento. Dista un chilometro da Umbertide, ha tre macine, è mosso dall'acqua, macina otto mesi all'anno grano. granturco e olive.

- Molino detto "Vitelli" di proprietà del Marchese Rondinelli. distante da Umbertide quattro chilometri. Ha tre macine, è mosso dall'acqua, macina sette mesi l'anno per mancanza di acqua.

- Molino detto "di Casa Nuova" alla Badia, di proprietà Marignoli. Ha cinque macine e macina cereali tutto l'anno. Molino all'interno della Badia di proprietà Marignoli. Ha una sola macina e macina sette mesi l'anno per mancanza di acqua.

- Molino detto "dell'Assino" di proprietà di Anacleto Natali. Dista dal paese due chilometri. Ha tre macine e macina tutto l'anno.

- Molino di Pierantonio di proprietà Florenzi (il marchese, marito di Marianna Florenzi, di Ascagnano). Ha due macine. Macina sette mesi l'anno.

- Molino di proprietà Florenzi (altro). Ha due macine. Sette mesi all'anno.

- Molino di Paolo Sarti a Montecastelli. Dista dal paese quattro chilometri. Ha due macine, macina sette mesi l'anno, solo cereali.

- Molino della Serra. Proprietà della Cassa Ecclesiastica. Dista cinque chilometri dal paese. Ha tre macine. Macina cereali tutto l'anno.

Tutti questi molini macinano 33.400 ettolitri di farina di grano, granturco e pochi cereali.

Nella zona vicino al fiume si contano oggi i resti di 5 mulini: Mulinello, Truncichella, Mulinaccio, S. Erasmo, Mola Casa Nova, mulino di Pian D’Assino. Lungo il torrente Niccone va ricordato sicuramente  quello della zona dell'attuale "Mulino Vitelli".

Il Mulino sul torrente Niccone più conosciuto è invece quello, appunto, di "Molino Vitelli" lungo la strada che da Umbertide porta a 'Spedalicchio di Umbertide e poi a Mercatale o a Lisciano Niccone. Tale Mulino è già presente nel "Catasto Gregoriano" (Mappa Montemigiano, part. 943) ma si ha notizia della sua presenza già nel settecento sotto la proprietà della nobile famiglia di Città di Castello  Bocompagni Ludovisi. Funzionò per la macinazione di cereali ed olive fino al 1955 quando fu adibito ad altro uso. Sono ancora visibili una parte del "bottaccio"ed il canale di scarico sebbene ricolmo di terra. L'esistenza di Mulini in queste zone, dove la portata era sicuramente minore di quella del Tevere, ci ricorda che la popolazione nelle nostre terre era soprattutto nelle campagne legata la sistema mezzadrile che abbiamo approfondito in questa pagina.

In base alla mappa di Umbertide del 1883 presente nel testo di Guerrini "Storia della terra di Fratta", il "Molino di Umbertide" con tre macine che macina 8 mesi all'anno era situato sul corso del Tevere, nella posizione visibile qua sotto, a nord del ponte.

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Il Mulino "Mola Casa Nova" sempre sulle rive del fiume Tevere, conosciuto come "Molino Gamboni", l'ultimo che restò attivo, era stato abbandonato negli anni '90. Qua inseriamo due foto concesse dalla professoressa Anna Boldrini.

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Come appariva il Mulino di Mola casanova nel 1990: prima foto lato verso il fiume Tevere;: seconda foto lato dell'attuale zona di ingresso del Parco.

Oggi  il Mulino di Mola Casa Nova  è visitabile ed è diventato un Parco Scientifico Didattico Mola Casanova ed stato gestito finora, metà 2020, da Alchemilla s.a.s. con la vicina centrale elettrica del Comune di Umbertide. L'antico Mulino vede i suoi tre piani sistemati con sale a tema e laboratori. La società Alchemilla offre una didattica di valore alle scuole che spazia dal passato alle novità energetiche; qua il collegamento alla "brochure" per le  scuole.

FONTI:

Cenciaioli Luana, Umbertide, il Tevere ed il territorio, ( p. 145-162) in  Scortecci Donatella (a cura di): La media e alta valle del Tevere dall'Antichità al Medioevo: atti della giornata di studio; Umbertide, 26 maggio 2012  - Daidalos, 2014. 

-  L’UMBRIA DEI MULINI AD ACQUA a cura di Alberto Melelli, Fabio Fatichenti, fotografie di Bernardino Sperandio, schede di Giovanni Gangi, Fabio Fatichenti, Rosa Goracci, Alberto Melelli, Remo Rossi, Bernardino Sperandio, QUATTROEMME, 2013.

- "Il Tevere e Umbertide": Maria Cecilia Moretti, Lorena Beneduce Filippini, Fausto Minciarelli (a cura di Sestilio Polimanti), Società storica Umbertide Edizioni, 2018. Il Lavoro uscì originariamnte nel 1995 grazie al Comune di Umbertide ma soprattutto grazie all'ALLI -Atlante Linguistico dei Laghi Italiani - e al Prof. Giovanni Moretti e alla Cattedra di Dialettologia Italiana. 

http://www.umbertideturismo.it/content/download/260405/2771389/file/La%20storia%20di%20Ernesto%20Freguglia.pdf

https://www.molacasanova.it/wp-content/uploads/2018/09/brochure-scuole-2016.pdf

- https://www.molacasanova.it

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