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L'arrivo degli aerei e la prima ondata
La prima sosta e la seconda ondata
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CRONACA, MINUTO PER MINUTO,

DEL BOMBARDAMENTO DI UMBERTIDE

DEL 25 APRILE 1944

 

di Mario Tosti

 

dal suo libro “IL NOSTRO CALVARIO”

con la collaborazione di trecentoquarantacinque testimoni

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L’ARRIVO DEGLI AEREI

 

L’udito come difesa: perché sono i rumori ad annunciare i fatti. Dalla cadenza degli scarponi, dal bussare alle porte, al sibilo sinistro degli aerei. I rumori hanno un linguaggio diverso, secondo i tempi; e quelli del tempo di guerra sono udibili immediatamente per un vigile senso di attesa e di allerta(1).

Un brontolio lontano annuncia l’approssimarsi di aerei.

 

Prima stazione

Gesù davanti a Pilato è condannato a morte

 

Gesù innocente è abbandonato dal potere imperiale. Crucifige! Crucifige!

Il paese impotente è lasciato in balia dell’arbitrio della barbarie.

 

1) Eliana Pirazzoli, dattiloscritto, 1986

 

 

 

 

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L’attacco

I quattro aerei che, stanchi del carosello, avevano accennato a lasciare il girotondo, hanno davvero deciso di dirigersi verso il paese(1). Dei primi due(2), uno vira verso il Faldo(3); l’altro, abbassatosi sulle schioppe, segue il Tevere(4) verso Montecorona(5). Entrambi puntano verso Sud, come per tornare da dove sono venuti. Gli altri due li seguono a distanza.

La maggior parte di quanti si erano fermati ad assistere allo spettacolo, vedendo gli aerei scomparire dietro i tetti, verso Pian d’Assino, riprendono il cammino interrotto, pensando che lo spettacolo sia finito.

Non sanno che è il prologo di una tragedia immane. Altri cominciano a capire.

I due aerei, scesi minacciosi da Montaguto, hanno attirato l’attenzione della Vera (Vibi) che, dalla finestra sul Tevere, stava buttando sul fiume i fondi del caffè appena colato, per non sporcare il lavandino di marmo bianco. Corre verso la camera della mamma che è a letto, inferma(6).

Anche i ragazzini cominciano a capire. Lamberto (Maccarelli) stava piantando i fagioli nell’orto con il nonno; ha riconosciuto che sono degli Alleati quegli apparecchi che continuano a volare da diversi minuti sopra la sua testa nel cielo bellissimo, di pieno sole. Capisce che stanno per bombardare. Corre in cas per avvertire la mamma e la sorella che fanno le maglie: dapprima le donne ninnano un po’. Si radunano tutti nell’atrio in fondo alle scale. Il nonno vorrebbe uscire verso la bottega di Conti. Lo convincono a restare lì. L’Antonina, la mamma di Lamberto, comincia a piangere. Il nonno Giuseppe (Fiorucci) la consola: “Sta tranquilla, ‘ché i travi en de ferro...”(7).

 

1) Fabrizio Boldrini, Domenico Mariotti, Francesco Martinelli

2) Amedeo Faloci

3) Franco Mischianti

4) Paolo Mazzanti

5) Franco Mischianti

6) Vera Vibi

7) Lamberto Maccarelli

 

 

 

 

LA PRIMA ONDATA (1)

 

I due aerei, giunti sopra Montecorona, virano verso Poggio Manente.

Il primo, pilotato dal capo-pattuglia Jandrell, punta il muso rosso verso il ponte sul Tevere.

Segue la traiettoria ottimale secondo la tecnica militare: deve essere obliqua rispetto all'asse della strada, di quel tanto necessario ad indirizzare gli ordigni alla base del ponte, in modo che l'onda d'urto si espanda dal basso all'alto, per aggredire l'arco lungo la direttrice di minor resistenza; centrare la carreggiata raramente genera danni irreparabili rispetto alla transitabilità della campata(2).

La direzione di avvicinamento deve lasciare il sole dietro le spalle, per evitare abbagliamenti.

In questo caso, la traiettoria così determinata ha anche il vantaggio che il tratto più basso della picchiata, sviluppandosi sopra i tetti, mantiene il bombardiere fuori del tiro di eventuali armi antiaeree, che i ricognitori possono aver sospettato ai margini del centro storico.

Nei piloti è del tutto marginale la preoccupazione per l'incolumità dei civili.

Non sono bastati decenni di dittatura, quattro anni di guerra e di miseria, per risparmiare ad un paese inerme il colpo di grazia. Si è deciso di infierire. Ecce homo.

Dalla stazione, già quasi deserta(3), si riesce a vedere la testa del pilota con la cuffia di cuoio(4) che sfreccia sopra la casa del contadino della "Commenda", la rivendita di vino e latte di Civitella(5).

Il cacciabombardiere compare all'improvviso alla gente in piazza, che guarda in su, attratta dal rombo crescente, paralizzata, nelle gambe e nella mente: piomba in picchiata(6) verso di loro, nero contro il cielo pieno di luce.

Crepita la mitragliatrice, per dissuadere l'antiaerea che non c'è.

Adriano Zurli, militare dell'aeronautica, non appena ha sentito un paio di raffiche, si è reso conto del pericolo; insieme a Gigi de Torello (Luigi Carlini) salta negli orti dietro le case di Via Roma e fugge risalendo la Regghia(7).

Ugo Forni, arruolato in aviazione, è in casa di Mogi (Alessandro Romitelli), il gestore del Dopolavoro della ferrovia. Quando ha sentito il crescendo della picchiata, ha fatto riparare tutta la gente del caseggiato nel fondo della Lisa (Baldoni)(8).

Anche Secondo, alla Caminella, esperto perché convalescente per ferite riportate in prima linea, capisce che stanno per bombardare(9).

 

Seconda stazione

Gesù si carica la croce sulle spalle

 

Prima scarica

La vista delle bombe

All'improvviso due cilindri luccicanti, simili a grossi maiali(10), abbandonano la pancia del "picchiatello"; fanno un paio di capriole(11), come se vogliano indugiare; poi precipitano, lasciando una scia rossastra(12) in mezzo ad un frastuono assordante.

Brizio (Boldrini) ed i suoi amici le guardano più curiosi che impauriti(15). "Ma queste en bombe!!" urla all'improvviso la Pomeìna (Armando Silvioni), facendo gelare il sangue(16) a quanti sono in piazza. "Bombardano!" ripete Sganapìno (Giuseppe Galmacci) guardando in alto(17).

 

 

 

 

 

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Sembrano una coppia d'uova(18).

"Buttono ji ovi d'oca!", conferma puntando l'indice un ragazzino, più esperto di pollai che di macchine da guerra, dalla collina della Serra(19).

Anche al Faldo, vedendo cadere quei cavulìni, non sanno paragonarli ad altro di conosciuto che ad una coppia d'ovi d'oca: comuni, innocue uova, solo più grosse del normale. Le bombe non hanno mai abitato qui(20).

La Pia (Gagliardini), in casa dietro le scuole, visti cadere dall'aereo che si abbassa quei due cavolini, incuriosita chiede ad Alfredo (Briganti): "Che ha lasciato cadere quell'apparecchio?". "Fuggi, sono bombe. Fuggi via!(21)".

A Muzio (Venti) sembrano dei bijittìni, uguali a quelli che hanno buttato nei giorni scorsi per avvertire la gente del pericolo(22).

Ognuno, da dovunque li guardi, ha la sensazione che gli ordigni puntino sulla propria testa. Tuttora sono in pochi - perlopiù giovani - ad avere l'istinto di fuggire.

I ragazzini delle magistrali scattano dove le gambe li portano, rispondendo ciascuno alla propria indole e prestanza. Nino (Grassini) si rifugia dentro il locale più vicino: il negozio di alimentari di Palchetti, in piazza, a pochi metri da dove si trovava(24). Brizio (Boldrini) sfreccia veloce verso Piazza Mazzini, gira per il mercato, mentre Sergio (Celestini) gli grida qualcosa correndo al di là della Regghia(25): per la velocità - lui è l'ala sinistra della Tiberis, un fulmine! - non è riuscito a curvare verso il mercato ed è filato dritto verso la piazza della Collegiata. Bruno (Burberi) indugia qualche attimo.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Ramiro, quando era arrivato a casa tutto trafelato per aver visto i ricognitori, aveva trovato Bruno Righetti che voleva fare una saldatura su un pezzetto di macchina per cucire: gli aveva detto del pericolo e che avrebbe riparato il pezzetto se stava fuori a far da sentinella; prima però era salito in casa per avvertire la mamma e per mangiare un boccone. Mentre stava portandosi alla bocca un pescetto in bianco, la mamma, che nel frattempo era andata in terrazza, con voce eccitatissima gli ha urlato. "Ramiro, che è `sto rumore?". Lasciando il pesce, lui è stolzato in terrazza ed ha visto, all'apparente distanza di trenta metri, la sagoma di due ordigni che lasciavano una scia rossastra; sente il fischio delle bombe ed il rombo dell'aereo in picchiata, che non può vedere a causa del sole che ha di fronte(26).

 

La grossa bomba / che pare d'argento, / per i riflessi della luce del sole / girando su se stessa, / piomba giù(27).

 

La maggior parte della gente è rimasta bloccata, attonita(28): non riesce ancora a credere che stia arrivando la morte sul paese; sugli amici; sui famigliari; su di sé!

Gli ordigni sembrano ancora galleggiare sopra le teste della gente in piazza, come sostenuti dalla volontà delle persone atterrite. Poi planano via, fino a scomparire sibilando dietro la casa di Burelli(29), verso il Tevere. Al di sopra delle bombe sta sopraggiungendo anche l'aereo che le ha sganciate, preceduto dal crepitio delle pallottole delle mitraglie sui tetti(30) e dal ruggito parossistico dei motori che vogliono risalire; anche la fusoliera, adesso diventata d'argento nel riflettere i raggi del sole, scompare dietro le case.

Galeno è sulla soglia del suo "salone"(31), attonito, col camice bianco ed il pettine in mano(32). Forse cerca il suo amore(33).

Due amichette vestite da piccole italiane non sono ancora tornate a casa dalla scuola; si sono fermate a parlare lungo il Corso. Hanno alzato lo sguardo verso l'aereo che è appena passato proprio sopra le loro teste. Tutte contente esclamano: "Oh ... quant'è bello!"(34).

 

Il boato

Qualche attimo di silenzio, ancora nell'illusione che nulla sia vero, che si sia trattato di un'allucinazione, che tutto sia finito.

Invece, un tuono(35), un boato immane, indicibile, più sconvolgente di un terremoto, scuote tutto: case, corpi, sentimenti, ragione.

Quando sentii il rumore / lo credetti un tuono dapprima / ma lungo e nero e sempre / più forte. / Un grido di cielo squarciato / rauco interminabile / adunco / sopra le case dentro la terra / nel soffitto nei pavimenti nei muri / in ogni più piccola cosa / e dentro di me(36).

 

Le due bombe si sono schiantate sulla riva destra del Tevere(37), a nord della campata centrale del ponte(38), all'altezza dell'osteria di Lisetti in via Spunta(39). Il terribile rumore investe l'Elena (Boriosi) sul portone di casa, dove è appena arrivata, dopo essere ridiscesa di corsa per le scale, con il libro che la sorella Rina intendeva restituire alla Gina Borgarelli(40).

 

Sono le 9 e 45.

È iniziata la più grande tragedia della storia del paese(41).

 

 

 

 

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L'onda d'urto

Lo spostamento d'aria dispiega la sua forza tremenda.

Fa sbalzare Toto (Antonio Silvestrelli) dentro la barbieria dello zio Virgilio (Occhirossi), in direzione opposta a quella che intendeva percorrere verso le volte della parrucchieria di fronte(43). Nell'osteria di Via Spunta vola via il cappello di Natale (Bucaioni), che stava innaffiando la colazione con un bicchiere di vino; lui resta lì, immobile, rendendosi conto di essere sotto un muro robustissimo(44).

 

 

 

 

 

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Si spalanca la porta della cucina a piano terra in Via Mancini; cadono detriti dal soffitto sulla farina che la Batazzi sta impastando sopra la spianatòra(45).

Frullano all'improvviso le pagine del vocabolario di latino, sotto gli occhi dell'Ornella (Duranti) e della Wilma (Borri)(46). Il verdone in gabbia le guarda, ammutolito.

Il terrore fa perdere il lume della ragione alla Lidia (Tonanni), una sartina che sta provando un vestito alla sora Virginia (Santini), in Piazza San Francesco. "Io voglio mori' co' la mi' mamma!", arùga verso la cliente, quasi come sia lei la responsabile di quel pandemonio. E la Virginia, poveretta, a giustificarsi: "Sta calma! ... Guarda... che ci sei venuta da te!"(48).

Nello stesso momento, in Via Soli, la mamma della Lidia, 1'Annetta (Taticchi), e la Martina (Maddoli) sono sbattute per terra(49)". La Marietta (Beatini) è impietrita davanti alla porta della cartoleria di Tommasi; vi cerca rifugio proprio mentre la lastra di vetro della vetrina le cade davanti, frantumata dalle vibrazioni(50). Tutti i vetri si rompono: quelli del Corso(51), del Comune(52), delle scuole elementari "Garibaldi"(53), delle case al mercato(54).

La terra trema.

Sempre più gente strilla: "Bombàrdono, bombàrdono"(55).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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I sassi e le schegge

I ciottoli del pitrìccio sono catapultati dappertutto. Cadono sassi fino all'ultimo piano dell'abitazione di Lorenzo (Andreani) in via Cibo, dove la mamma stava accudendo alle faccende di casa, verso il Tevere(56). Precipitano in piazza(57); sulla torre(58); davanti alle chiese di piazza San Francesco, alla pompina della Caminella(59). Una svecciata di sassi raggiunge Bruno (Burberi), che si è deciso a scappare verso la Collegiata; cerca protezione svoltando nel primo vicolo, Via Alberti, e s'infila nel negozio di verdura della Pierina(60). Brecce saltano sui tetti di Via Mancini, emulando il precedente crepitio delle pallottole sparate dalle mitraglie(61) degli aerei verso i camion tedeschi davanti al Capponi(62). Una gragnola di sassi neri colpisce le vetrine del Bar Giardino, sotto lo sguardo attonito delle due bambine - Giovanna e Carla - assorte nello scartare quel torroncino per cui avevano interrotto il loro cammino verso la tempesta del vicolo di San Giovanni (63).

Giorgio (Toraci) e Renato (Pecorini), in Via Alberti, di fronte al forno di Bucitino, stavano giocando con le figurine di carta del presepio, che si possono ribaltare dai fogli dove sono incollate. Sobbalzano allibiti al rumore delle sassate sui coppi del tetto. La Madonna che stavano sollevando dal foglio, si strappa e resta lì, abbandonata a terra. Fuggono per le scale, per ripararsi in una nicchia molto robusta(64).

Una pioggia di ghiaia cade sulla casa del Faldo, dietro la quale hanno fatto riparare gli anziani, sdraiati nel fosso(65). Verso il "Mulinello", una scheggia spezza il grosso ramo di un noce(66).

Un masso enorme si schianta fra Via Stella e la Collegiata, a qualche metro da Franco (Mischianti), che è sbalzato a terra. Si mette al coperto, rifugiandosi nella barbieria di Palazzoli in Piazza Mazzini(67). Una pietra. colpisce la bicicletta di Umberto (Dominici), l'apprendista fotografo, che sta correndo davanti alla chiesa(68). In direzione opposta Maria Maddalena (Marzani), con la lettera per il fratello al fronte, sta svoltando in bicicletta verso Reggiani, in mezzo ad una bufera di sassi e ad un frastuono indescrivibile(69).

Non può scappare Guerriero de l'Elena (Boldrini), che ha fatto salina; si trova nei fondi del Sellàro, lungo la Regghia, insieme ad Elio (Caprini), a Osvaldo (Baroni) ed al Ministro (Alfiero Silvioni). Il rumore dello scoppio e dei sassi che cadono sui bandoni della stalla ha fatto imbizzarrire i cavalli, che sferrano coppie di calci, impedendo ogni possibilità di fuga. Un macigno cade vicino e sfascia un carro(70).

 

La nube

Le colonne di fumo, scaturite dalla radice del lampo dell'esplosione, si fondono fra loro in una nube, che si gonfia sempre più lenta e minacciosa man mano che cresce a dismisura. Un gran polverone(71) segue la tempesta iniziale di sassi ed invade il paese.

 

 

Il terrore

Il boato ha risvegliato tutti quelli che hanno assistito alla scena, sbigottiti, pietrificati; finalmente scappano.

Anche molti di quanti l'hanno solo sentito, intuiscono e fuggono verso punti più sicuri.

Nella sartoria di Palmiro (Maccarelli) all'inizio del ponte sul Tevere, presi dal loro lavoro, gli apprendisti non avevano dato importanza al rumore degli aerei, anche perché li avevano sentiti spesso. Scossi dal gran boato della bomba caduta vicino a loro, tutti sono usciti di corsa, spaventatissimi(72).

La vetrina della bottega di calzature economiche, nello stesso palazzo, si è frantumata e le scarpe esposte sono volate verso le commesse, che non avevano posto tanta attenzione a quel ronzio; si mettono a correre, tenendosi per mano, in direzione della piazza; ma quasi subito il fumo le separa; si perdono(73).

Baldo (Ubaldo Gambucci) è lì davanti, perso; accenna ad andare dentro la bottega di mercerie, dove sono la Menchina e l'Adriana del Sellàro (Cecchetti); va in qua e in là, senza decidersi(74).

Suo figlio Gigetto (Luigi Gambucci) stava facendo firmare un mandato ad un cliente di Montecastelli, Eusebi, allo sportello dell'Ufficio Postale. Tutti hanno l'istinto di scappare, ma si fermano titubanti sul portone, non osando avventurarsi fuori, in quell'inferno di pietre; Gigetto trattiene a forza 1'Itala (Boldrini), tirandola dentro per un braccio(75). Sopraggiunge l'Elda (Bebi Ceccarelli), la direttrice dell'ufficio, con le figlie: è rimasta attardata, per portar via dalla cassaforte gli stipendi dei maestri(76). Vorrebbe uscire, mentre la figlia Marianella vuole rimanere al coperto.

Di fronte alla Posta, in Comune, la Peppa (Ceccarelli), che era andata a ritirare la tessera per la carne della macelleria Bebi, fugge per le scale con la Piera e l'Ada (Bruni)(77). II Commissario fa chiudere il portone, impedendo a chiunque di uscire(78). L'atrio del municipio s'intasa di persone accalcate. Peppino (Grilli) e Pietro de Sciuscìno (Bartoccini) si ritrovano sulle spalle di Agostino (Bico)(79).

La Lea (Rapo), che stava spolverando, aveva visto gli aerei andare verso Montecorona; quando uno di essi era riapparso lasciando cadere due "ovini", lei è fuggita in cucina tirando per un braccio il nonno. Lui completamente sordo, non si era accorto di niente: stava cercando di accendere il fuoco nel focolare, per cuocere il dolce per il compleanno della nipotina. Per festeggiare l'evento, la mamma aveva già disposto sulla spianatora tutto l'occorrente per il dolce delle quattro tazze - di farina bianca, gialla, latte, zucchero - da cuocere con la teglia coperta, i carboni sotto e sopra. Ora fuggono per le scale(80).

La Dora (Silvestrelli) aspettava il dottor Valdinoci che avrebbe dovuto visitare il babbo, a letto con una gran febbre. Aspettava anche le frittelle che la mamma stava cocendo con un po' di pasta del pane, prima di portare le file nel locale per la lievitazione al forno di Quadrio Bebi. Vista la bella giornata, aveva aperto la finestra della camera del babbo per cambiare l'aria; vi si era affacciata, verso il fiume. All'improvviso ha sentito uno strano rumore sempre più forte; ha visto un oggetto o due venire dal cielo; poi lo scoppio. Tutti, di corsa, si sono rifugiati nel passetto delle scale, sotto gli architravi, come da tempo stabilito. Vi hanno trovato Lazzaro (Bottaccioli) con la Stella, che pregano ad alta voce(81).

II fratello della Dora, Spinelli (Renato Silvestrelli), ed il Boca (Vantaggi) sono partiti come frecce - il primo in bicicletta, il secondo a piedi - verso Via Roma; si ficcano entrambi sotto un vecchio banco da lavoro nel bugigattolo da ciclista(82).

La Sunta (Baruffi) corre verso Fornacìno, senza zoccoli, che ha perso per strada(83). Anche Rolando (Paneni) ha scalciato via gli zoccoli e fugge scalzo verso il macello(84).

Un carrettiere, sorpreso davanti alla Collegiata, scappa abbandonando il carretto ed il mulo che lo trainava(85): ha ben altro cui pensare che rispettare la regola di legare la bestia dietro il carro!

Don Luigi si è alzato di scatto e si è rifugiato di corsa in un adito che dalla chiesa conduce alla sagrestia. Chiama nel suo improvvisato rifugio altre persone che sono entrate in chiesa, spaventate dalla bomba e da un'intensa raffica di mitraglia. In tutto sono in cinque: tre uomini ed una giovane donna che, stringendosi al collo un bambino, grida e piange disperatamente(86).

In cima alla Piaggiola, dove avevano continuato a lavorare tranquillamente - "Tanto ... gli aerei sono tedeschi" - Renato (Caseti) si precipita per le scale, cavalcando il boato e scavalcando la ringhiera. Corre verso la Pompina e si allontana, verso Santafede ed il Fosso di Lazzaro(87).

Nello stesso punto, lo scoppio ha sorpreso l'Elvira (Rossi), nipote di Quadrio. Era uscita da casa con la cognata Peppa (Giuseppa Gallicchi) per comprare la conserva nel negozio dello zio, perché avevano dato i punti della tessera annonaria; ne avrebbe approfittato per salire al piano sopra la bottega per fare una visita allo zio malato. Ma ha deciso - quando uno non deve morire, non deve morire! - di passare prima, con sua cognata, a prendere i buoni in Comune per ritirare le uova dalla Sandra (Migliorati). "Uh, Peppa, è il bombardamento!", adesso urla. La sora Adalgisa (Castelletti) le fa entrare dentro il negozio di argenteria. L'Elvira, incinta dell'Anna di sette mesi, si inginocchia: "Pater nostro, salve regina, rechemetèrna..." ...ma finché [Dio] non ha voluto, [il bombardamento] non ha smesso. Fuori vede tutta la gente correre: sembrano impazziti quelli che a frotte fuggono con le mani sui capelli(88).

Fiordo, il carrettiere, si butta dentro la buca dove stava scavando la rena(89).

Nella bottega di Quadrio, Amleto, che aiutava a vendere nella bottega del suocero, ha capito; aggrappato al bancone con le mani, le braccia tese ed i polsi in avanti, grida a tutti: "State fermi ... calma ... è il bombardamento"(90).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Mentre si sente fortissimo il rombo dell'aereo che rimonta dopo la picchiata, Ramiro ha già preso la mamma per la mano e fugge per le scale, urlando continuamente: "Via! Via! Piano! Piano!". Dopo aver sostato qualche secondo dentro 1' entrone, si dirige verso il Roccolo; mette la mamma al riparo in un fosso asciutto e prosegue verso la collina per osservare cosa facciano gli apparecchi(91).

È curioso di verificare, in particolare, se le bombe scoppiano come le disegna Walter Molino nelle tavole della "Domenica del Corriere": con questo intento, tiene spalancate le palpebre degli occhi fra i pollici e gli indici, per evitare che l'istinto le faccia chiudere al momento della deflagrazione(92).

Alle ceramiche Pucci, `l Moro, il muratore che lavorava sul tetto, era stato incaricato di stare in allerta e di dare l'allarme appena avesse visto arrivare degli aerei. Ma le bombe sono state più rapide della sentinella. Tutto il personale è scappato e vede l'inferno sopra il paese. Le schegge arrivano fin laggiù. Una quarantina d' operai si riversano verso i campi fra la strada ed il Tevere, cercando di allontanarsi più possibile(93).

Altri si riparano, tutti rannicchiati, tra cumuli di argilla. Una grossa lamiera, scagliata chissà da dove, dopo aver volteggiato in aria, si abbatte latrando a pochi metri dal riparo del ragioniere (Martinelli)(94).

Menco de Fornacìno (Domenico Fornaci) si rifugia nel sottoscale, fra gli attrezzi da lavoro(95).

 

 

I bambini

La Giovanna (Pazzi), uscita da scuola, è sotto il portone di casa per ripararsi dai calcinacci, senza rendersi conto di cosa sia quel can-can, con tutta la Qente che fugge verso la Piaggiola. Qualcuno la fa rifugiare dentro la casa della maestra Peppina, in cima alla salita(96).

In fondo alla Piaggiola, Stefanino (Marsigliotti) passa di corsa davanti al negozio del babbo; gli urla che va fuori del paese, senza riuscire a farsi sentire. Si unisce alla folla che fugge verso il Roccolo(97).

La Marisa, che ha fatto salina, aveva ripreso la strada di casa verso la Piaggiola e la piazza, perché a quell'ora la scuola doveva essere finita. Un signore, di fronte a questo finimondo, la dissuade dal proseguire per il centro e le grida di andare verso la campagna(98).

Un altro signore prende per mano un bambino che sotto la torre - imbambolato - non sa che fare(99). Lorenzo (Andreani), che stava tornando a casa con il mazzettino di odori dell'orto della zia Lucia, è rimasto annichilito in mezzo alla strada. La mamma di Tonino (Traversini), un suo compagno di scuola, l'afferra per la mano e lo tira dentro un portone per farlo riparare(100).

Massimo (Valdambrini), sei anni, era solo vicino a casa; la mamma era a fare spesa ed il babbo al lavoro. Lo prende la moglie di Annibale (Trentini); insieme corrono verso Pinzaglia e Navarri, lungo la "cupa"(101).

A1 contrario, davanti alla caserma dei carabinieri, è un ragazzo ad aiutare la mamma, che si è bloccata, terrorizzata: le gambe le si piegano e non si regge in piedi per la paura(102).

Un bambino della Badia, appena scappato da scuola, è rimasto solo; si è rifugiato in un androne vicino all'asilo. Spaurato, piange - a bocca larga - come una vite tagliata. Due donne, che sono scese per le scale appena dopo aver sentito il boato che sembrava venire dalla stazione, lo rincuorano(103).

La Rita (Tosti) insieme a due amiche - Maria (Tosti) e Paola (Corbucci) - stavano attraversando il ponte sul Tevere per tornare a casa al Corvatto, dopo aver lasciato le scuole elementari. Si erano messe ad ammirare gli aerei che giravano alti sopra le loro teste. Quando la bomba è caduta sul pietriccio, fra la fine del ponte ed il Molinaccio, scagliando sassi tutt'intorno in mezzo ad un rumore tremendo, la Rita si è messa a correre verso casa tenendo per mano le sue compagne. Ferruccio (Bartolini) e Serafino (Pucci), che si trovano vicini a loro, urlano di buttarsi a terra. Ma la Rita vuole tornare a casa per non far preoccupare la mamma malata; continua a correre con le sue compagne, senza ascoltare lo stradino del Comune che grida di buttarsi nel fosso(104).

Alla quarta elementare, nella scuola delle monache, il dettato era stato interrotto all'improvviso dagli apparecchi sempre più bassi e dal fischio della bomba. Tutte le scolare erano corse alle finestre verso Via Spoletini per guardare. "Via, via! Lontano dalle finestre" ha gridato suor Letizia, ammaestrata dai bombardamenti cui aveva assistito a Roma(105).

Le ragazze della quinta, sedute in fondo all'aula grande vicino al terrazzo, dove sono state radunate insieme ad altre classi per la momentanea assenza di alcune maestre, si sono alzate di colpo e gridano, con le mani alla testa: "La mi' mammina!"(106).

Le fanno fuggire tutte verso il patóllo, facendole riparare sotto la capanna dei Carbonari. Una bambina si acquatta sotto la bura di un carro, con le mani sulle orecchie per attutire i botti ed i fischi. In un cantone prega inginocchiata Suor Filomena, la cuoca"(107).

Poco lontano, Maria (Bico Corradi), con l'Elda febbricitante in braccio, è riparata sotto una grossa nicchia con la signora Renzini: tutte pregano e dicono le litanie(108).

Dalle elementari di Via Garibaldi, le ultime classi ancora rimaste dentro l'edificio si riversano fuori della scuola dall'uscita verso l'asilo, opposta al lato dove è caduta la bomba.

Anche i bambini che si trovavano a scuola al piano terra della palazzina con la torretta in Via Fratta, scappano verso Civitella(109).

Lo scoppio della bomba ha frantumato il vetro della finestrina a mezzaluna sopra il portone in fondo alle scale dell'Avviamento, che è caduto davanti alla marea di scolari che stava fuggendo. Tutti insieme hanno fanno dietro-front: chi era primo della fila si è ritrovato ad essere l'ultimo. A furia di spintoni e gomitate risalgono le scale ed escono a valanga dalla porta posteriore della scuola, diretti verso il Tevere. Qualcuno grida di stare nascosti, perché potrebbero mitragliare. La professoressa Simoncini si raccomanda di aspettarla ed a modo suo cerca di correre, sgambettando, ma inutilmente(110).

Celestino (Caldari) non è più un bambino: ha 49 anni. Gli dicono di fuggire, vedendolo immobile. Lui risponde, serafico: "A mo so' vecchio... chi me tocca!"(111).

 

Ostinata inconsapevolezza

Tanti di quelli che hanno solo sentito lo schianto senza aver visto nulla, non si rendono ancora conto di cosa stia succedendo. Continuano a rifiutare la realtà.

Qualcuno pensa a quello spericolato di Bice Pucci, che ha voluto salutare la zia Mariannina rasentando più del solito i tetti con il suo aereo(114).

"Che matti!!! Ne sarà caduto uno sul pietriccio!", pensa Alfredo (Ciarabelli), il renitente alla leva nascosto da un paio di mesi nella casa dei Grilli, fra Via Cibo e Via Mariotti(113).

Tanti altri immaginano la stessa cosa(114).

"È caduto 'n apparecchio tul Tevere", si spiegano dentro il negozio di alimentari della Rosina de Pistulino (Tosti), nella strada che porta alla torre. Ma la Rosina intuisce la verità e fa riparare tutti dietro un buzzo di conserva, tra i vetri sbriciolati a terra(115). L'Argentina (Ramaccioni) continua tranquillamente a cucire, nella sua casa vicina alla pompina, credendo che ne abbiano combinata un'altra delle loro i tedeschi accampati all'inizio della strada dei cipressi(116).

"Ma ch'è ... tona? Eppure era sereno!", commenta rivolta al nipote la nonna, appena tornata dal forno, mentre va ad aprire gli scuri per vedere cosa stia succedendo(117).

“... vecchia rode tozzi! ["la Vecchia" rode i tozzi di pane secco]" ripete un bambino di quasi due anni: ha collegato il rumore delle bombe a quello dei tuoni, che crede siano causati da una vecchia che sgranocchia pane indurito(118).

"Forse bombardano a Castello!", cerca di raccapezzarsi una ragazzina nei pressi della stazione, guardandosi intorno spaesata senza aver neppure fatto caso agli aerei. Non le passa nemmeno per la testa che il nostro paesino inerme giustifichi un'operazione militare(119).

 

Consapevolezza

In fondo al Corso - dove hanno sentito gli aerei, visto le bombe, sentito il boato, l'onda d'urto, i vetri rotti, i sassi - tutti hanno capito.

Le domande sbigottite, che rimbalzano ovunque, fanno precipitare tutti nella tragica verità: "Bombàrdono, scappàmo!" grida terrorizzato Bruno (Villarini) dalla finestra(120), con il coro di tutte le scolare dietro; la Rina de Schiantino, che corre per strada insieme a tutti i colleghi della sartoria di Maccario, gli fa eco: "Scappàmo! Bombàrdono!„(121).

"Bombàrdono!" urla Peppone de Pùmmene (Giuseppe Agea) sopra il ponte della Regghia della Via Tiberina (122), mentre scappa verso la Collegiata(123).

Davanti al macello la gente che fugge verso la collina del Roccolo grida, come in un coro stonato: "Via, via ... che bombàrdono!!"(124). "Bombàrdono!" "Bombàrdono!" "Bombàrdono!", urlano dappertutto, come un'eco ossessionante, mentre fuggono, impazziti.

Chi dentro il portone più vicino.

Chi verso spazi aperti, lontano dalle case: verso il Roccolo, la Regghia, Civitella, Taschino, la Carninella.

Bombardano!!!

 

Bombardano. Davvero! Anche nel nostro paese inerme. Anche qui è arrivato il fuoco violento di un mondo impazzito. Anche qui si può morire, senza ragione, come in ogni parte del mondo quando l'uomo perde la ragione.

 

"Ne arriva un altro! Scappiamo!".

 

 

Seconda scarica

 

Terza stazione

La prima caduta di Gesù sotto la croce

 

Il tenente Pienaar punta il suo falco pellegrino sul ponte del fiume e sgancia la seconda coppia di bombe.

 

La casa di Bruno

Gli ordigni sono(125) per Bruno (Villarini), il sarto,

e per le sue scolare, che si stanno scapicollando

giù per le scale.

La Gigina (Mischianti), sulla cinquantina, l'unica

attempata del gruppo, lascia passare gli altri che

possono correre più veloci: "Fuggite voialtri che

sete più giovini e aéte più da campà'!"(126). Sua figlia

la scavalca insieme alle amiche, tenendo in braccio

la nipote del fidanzato: un batuffolo di capelli ricci

che stava per portare all'asilo(127). Tenera

anticipazione dell'essere mamma(128).

Sono arrivati all'ultima rampa di scale, quando

l'apocalisse sopra di loro cresce fino al parossismo:

una bomba centra la casa(129), che precipita

seppellendo tutti nel buio della morte. Per loro tutto

è finito! Cessano di vivere la Giulia, la Cecilia,

la Ida, la Rina, la Viulìna(130), la piccolissima Anna

Paola; e Bruno(131).

Non c'è più "filo" per allungare la trama delle 

loro vite(132).

Solo la mamma Gigina, sbalzata verso Via Cibo

dalla finestra delle scale(133), trova miracolosamente

scampo sotto un trave, in cima alla collina di macerie.

Dentro la stessa bara di sassi muoiono Angelo,

il calzolaio, e la moglie Luisa, che abitavano al

piano inferiore(135). Lui era il "medico delle scarpe",

che andava a piedi a lavorare con la valigetta, non

avendo né una bottega né un piccolo laboratorio in

casa. Il suo organetto ha rantolato l'ultima nota,

schiacciato in mezzo alle pietre; i nipoti non saranno

più rallegrati dalle sue melodie(136).

La Felicina è schiacciata da una trave proprio sullo scalino

del negozio di alimentari, preso in affitto dalla Pastàra all'angolo

fra Via Spunta ed il Corso(137).

I1 crollo coinvolge anche le due abitazioni adiacenti.

Demolisce un'ala della casa verso il ponte, dove la Vera (Vibi) assiste

terrorizzata a quest'inferno abbracciata alla mamma, a letto inferma;

la polvere impedisce di vedere cosa accada; diventa difficile respirare(138).

Nel portone a piano terra sono rimasti intrappolati Nello del Flemma e

l'Armida de Caldaro, che ha finito il tempo per partorire(139).

Dalla bottega del calzolaio del ponte, lì di fronte, nessuno può scappare. Il banchetto da lavoro è saltato e tutti sono restati senza parole, come imbambolati; un polverone ha invaso tutto e non si vede più niente. "Semo armasti chiusi dentro!", sussurra Aldo (Frambois) posando una mano sulla spalla di Peppino (Lisetti), apprendista come lui, che ha cercato nel buio, tastoni(140).

Nell'edificio verso piazza, i genitori del maestro Bernacchi sono sprofondati nel baratro che si è aperto sotto di loro, mentre lui, Benedetto, stava porgendo una tazza di caffè alla moglie Marianna, malata, chinandosi verso il letto su cui era coricata(141). Silvano, il nipotino, è salvo solo perché l'angolo estremo del pavimento su cui si trovava ha resistito; è rimasto in piedi sopra due mattoni, miracolosamente restati al loro posto, di fronte al vuoto, tra fumo, polvere, calcinacci. Ma non può respirare; allora tenta di spostarsi; mette un piede in avanti; sprofonda come in una voragine; si aggrappa e scivola... si aggrappa e scivola... sempre più giù(142). Per fortuna la seconda bomba della coppiòla non è esplosa(143).

La Polda, colpita alla testa da uno sciacquone caduto dal piano superiore, spira(144) dietro il portone d'ingresso della stessa casa, dove si era recata per aiutare la suocera Peppa.

Pochi attimi prima, nello stesso punto si trovava il figlio Gigino, che era dal barbiere (Taticchi) quando è caduta 1a prima bomba. D'istinto si era dato a correre verso il Corso anziché verso Piazza San Francesco, che era la via naturale di fuga; si era rifugiato dietro quel portone dove abitavano i nonni, in via Cibo, per ripararsi dai sassi; dopo qualche attimo, non sentendosi sicuro, era corso verso piazza"(145).

Anche l'altro figlio, Peppino, vent'anni, era dentro la barbieria con i1 fratello; come lui, è fuggito per il Corso, verso piazza. Vuole allontanarsi dalle case: si precipita dentro il bar Pazzi, corre verso il retro, salta negli orti, si lascia cadere sulla sponda del Tevere; e poi di corsa verso il Faldo, inseguito dai botti delle bombe(146).

Nella barbieria di Gilì (Virgilio Occhirossi) tutti erano corsi verso Via Spunta, sul retro, che dava l'impressione di essere il punto più protetto; ma quando Toto (Antonio Silvestrelli) era giunto sulla porta, la seconda coppia di bombe è esplosa proprio in fondo al vicolo; lo spostamento d'aria gli ha sbattuto violentemente la porta sul petto; per un attimo si è sentito mancare'(147).

 

 

 

 

​

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

​

 

La moglie di Schiupitino si è riparata nel retrobottega del negozio di alimentari al Corso, sotto un arco, con la figlia Emma. Con loro c'è Mario (Mariano Vestrelli), il falegname, che si è raccomandato: "Dite con me `l paternostro ... 'ché morimo tutti!"(148). Lo spostamento d'aria ha scardinato il braccio di chiusura della porta, rompendogli le coste ed interrompendo la sua preghiera(149).

La maggior parte dei sarti di Maccario ha seguito Fausto (Ciocchetti) perché lui sa meglio come comportarsi sotto le bombe, dopo tre anni di guerra: è da poco tornato dalla Croazia, in licenza prolungata perché ha da poco perso il fratello maggiore(150). Ma lui, prima di essere soldato, è fratello di Peppino, che lavora nel salone di Galeno: anziché correre in direzione della Caminella, verso i campi liberi, si dirige verso la barbieria(151). II percorso è ancora del tutto sgombro(152). Come la mandria dietro al capobranco, i suoi compagni lo seguono in Via Mariotti, sotto l'arco di Fiordo: la Rina de Schiantino (Santini), Mario (Lozzi), Peppino (Rapo), di soli quattordici anni. In particolare non si stacca da lui la Nunziatina (Bendini), che di Fausto è innamorata(153). La fuga ed il destino si stanno sgranando lungo gli anelli di una catena d' affetti.

L'Elda (Bartocci) si è divisa dai compagni. Ha imboccato il vicolo di San Giovanni, per rifugiarsi nell'ingresso dell'albergo Capponi: nel fitto fumo nero, intravede due soldati che hanno indossato la maschera antigas. La donna di servizio dell'albergo accende una candela che rischiara un po' 1'ambiente(156).

Nella bottega di Quadrio tutto è diventato scuro. Amleto accende un fiammifero cercando di aprire la porta del retrobottega. "Ho la mia famiglia di sopra!!" pensa a voce alta. Ma la porta non si apre, perché dal lucernaio posteriore è venuto giù qualcosa(157). Davanti alla porta del suo forno s'intravede, tra il fumo, la sagoma di Luciano, il nipote di Quadrio. Non ha seguito gli amici nella corsa verso 1a salvezza: non l'hanno potuto tenere. "Vado a casa ad avvertire la mi' mamma!", ha insistito(158). Ora, per sollecitare la fuga dei familiari, li chiama urlando dalla strada, in mezzo al caos della gente che scappa alle sue spalle.

Mentre la Lea (Rapo) fuggiva, il boato della seconda bomba, ancora più tremendo della prima, ha fatto volare lontano il cappello del nonno, che si preoccupa di riprenderlo; incrocia la mamma e la sorella Mariolina che stanno correndo verso casa. Tutti insieme rientrano e si rifugiano sotto il letto matrimoniale(159).

L'Ornella e la Wilma, abbandonato sul tavolo il vocabolario di latino, sono corse verso la finestra sulla piazza ed hanno visto una colonna di fumo salire dal Tevere(160).

Peppino (Baiocco), l'apprendista di Bruno, si è acquattato nell'orto sopra il Tevere, sul retro della trattoria di Ntonio de Ragno; da lì ha visto volare mattoni e pietre della sartoria dove intendeva salire un minuto fa, per riunirsi alla sorella Giulia. Ma era tornato indietro; al rumore degli aerei aveva ripreso il portone per salire; poi era rivoltato di nuovo, proprio nel momento in cui una lasca impressionante aveva fatto sobbalzare tutto. Era fuggito verso piazza dove si stava già diffondendo un gran polverone(161).

È il finimondo(162).

 

E una macchia rossa, in alto, / coprì il sole / il cielo gli alberi il fiume / i giochi i volti i sorrisi i baci / i miei occhi / la mia mente(163).

 

Consapevolezza tardiva

Alfredo (Ciarabelli) si era diretto in cucina per vedere dalla finestra verso il Corso se era davvero caduto un aereo; quando ha sentito il secondo boato, ancora più grosso, ha capito e non si muove più: è come stordito. Non ricorderà niente di quello che sta per succedere(164).

Finalmente tutti hanno capito.

Ma ormai nessuno ha più scelte. Chi si trova all'aperto, continua a fuggire a perdifiato, spinto dal terrore. Chi non è già riuscito a guadagnare l'aria oppure, al contrario, ha avuto l'istinto di ripararsi dentro un portone, resta paralizzato dove si trova, aspettando immobile che quest'inferno finisca al più presto(165).

Invece è solo l'inizio.

 

La corsa di Brizio (Boldrini) è arrivata sotto la torre(166). Sergio (Celestini), davanti alla Collegiata, ha sentito il babbo chiamarlo dal lato di Via Roma; è corso verso di lui, ma ha proseguito la fuga imboccando il ponte della Regghia verso la piattaforma. Il fronte d'urto della seconda bomba lo ha sbalzato in aria per un salto senza fine; ha l'impressione che gli sia scoppiata dietro le spalle, davanti alla Collegiata(167).

Da Peppolètta, si radunano tutti nella cantina scavata sotto il livello della strada, dove il babbo aveva messo anche un'accetta, nel caso fosse stato necessario aprire un varco verso la Regghia'(168).

I piloti si sono resi conto di aver mancato l'obiettivo per pochi metri(169). Forse non si rendono conto di aver colpito a morte il Borgo di San Giovanni, che è caduto per la prima volta nella sua storia millenaria: in sacrificio per l'umanità, come Cristo.

 

Terza scarica

 

Il tenente Lombard ripete l'esatta traiettoria del collega che l'ha preceduto.

 

La casa dell'Elena

La terza coppia di bombe precipita sibilando; esplode(170)

a pochi metri dalla seconda, sulla casa dell'Elena

(Boldrini), dove non c'è più nessuno. Saltano in aria

le ricevute delle cambiali e le bombe a mano celate

nella scatola di scarpe presa in consegna qualche

settimana prima, nella convinzione che contenesse

solo libri. Gliel'aveva data Tonino (Taticchi),

comunista, quando era stato avvertito di un'imminente

ispezione da Milio (Ramaccioni), anticomunista ma

amico(171).

 

                                                             Quarta stazione 

                                             Gesù incontra sua madre

 

Madre e figlia - la Delma e la Franca - incontrano l

a morte, travolte dai detriti, nel fondo dei Fiorucci

dove si erano rifugiate(172), mentre fuggivano dalla

loro casa di fronte, all'inizio del vicolo di San

Giovanni(173). La Delma non ha saputo trarre frutto

dagli insegnamenti della mamma Abigaille, capace

di interpretare i sogni e prevedere il futuro ai clienti

del botteghino del lotto, che gestiva con la sorella

Desdemona al Corso(174).

Sotto il vicino arco di Fiordo cadono tramortiti a terra

Ciocchetta e la Nunziatina(175), i giovani sarti

innamorati(176); i loro compagni di fuga - Peppino,

Mario e la Rina - senza rendersi conto di cosa possa

essere accaduto, storditi ma illesi, li trascinano dentro

la porta di un fondo appena spalancata dallo spostamento d'aria(177).

La mamma e la sorella di Orlando (Bucaioni), il pescatore di ranocchie, sono fuggite verso il ponte; quando sono state in fondo al vicolo di San Giovanni, la mamma si è rifugiata nel portone di Ciarabelli e la sorella in quello precedente, l'ingresso dell'albergo Capponi. La mamma si è sporta un attimo per controllare se la figlia fosse al sicuro, rimanendo ferita in modo non grave per il crollo della casa dell'Elena(180).

Sotto i detriti è rimasta leggermente intrappolata la Tuta (Lozzi), insieme al carretto con la biancheria che stava riportando dal fiume(181).

Toto (Antonio Silvestrelli), dopo essersi ripreso dallo stordimento per la seconda bomba, era uscito dal retro della barbieria di Gilì (Virgilio Occhirossi); con gli altri ha cercato di fuggire in Via Spunta verso il ponte, proprio in direzione del nuovo scoppio. Rientrati precipitosamente nella barbieria, sentono un lamento provenire dall'esterno: fra la polvere trovano una fiolina (Giuseppina Mariotti) che piange, accucciata in un cantuccio dove la nonna l'ha fatta riparare (182).

Brizio sta girando per la Fontesanta, dietro la casa di Broccatelli(183).

I piloti scrivono sul diario di aver colpito i binari appena ad est del ponte: è segno che già non vedono più l'area intorno all'obiettivo(184).

Difatti, dalla collina del cimitero è scomparso alla vista il campanone sopra le poste, avvolto dal fumo(185).

 

Quarta scarica

Tocca al tenente Mitchell ripetere la traiettoria che ha portato a sfiorare per due volte il ponte; si butta in picchiata, colpendo a pochi metri da dove sono esplose le bombe precedenti, vicino alla testata est.

 

La casa di Moscione

Mitchell centra la casa mediana della schiera verso

ponente del vicolo di San Giovanni: quella di Peppe

de Mosciòne (Bernacchi), operaio alla fornace.

Gli ordigni sterminano tutta la sua famiglia: cinque f

iglioli - Anna Maria, Raffaele, Benedetto, Valentino,

Angela(186) - insieme alla loro mamma, la Sunta(187).

"Un gelo s'apprese al loro volo ... e lasciarono

cadere le a1i"(188).

Erano tutti secchi come filigèlli, forse per costituzione;

forse per la miseria. Eppure, nonostante l'apparenza,

la donna allattava sia l'Anna Maria, sua figlia, che un 

altro bimbo, Brunello (Giancarlo Bruni), come balia.

Per questo, ogni giorno venivano a prenderla a casa

e la portavano di là dal Tevere, per attaccare il figlio

di latte al suo seno; cercavano di nutrirla con

abbondanza affinché il latte bastasse per entrambi

i bambini(189).

 

Le bombe hanno demolito anche le due case adiacenti.

 

In quella verso la piazza, muore un'altra Sunta, la moglie

di Selleri, il calzolaio(190). Dopo aver riempito le brocche

alla pompa degli archi di piazza, era salita dalla Bruna

(Brunori), una vicina di casa.

«Quando hanno sentito gli scoppi, si sono buttate entrambe per terra, ma il pavimento è sprofondato sotto di loro(191). Sono precipitate dal terzo piano. La Bruna ha avuto la fortuna che alcune travi, dopo aver attutito la caduta, hanno formato una specie di tetto che l'ha riparata dai calcinacci. Così si è ritrovata nella stalla, vicino alla sua giovane amica ed alla cavalla(192) di Vitorio (Vittorio Giulioni): entrambe morte»(193).

Nella casa vicina, ancor più verso piazza, Luciano (Bebi) è entrato nel portone, vedendo che i suoi tardano a scendere. È salito al primo piano e dalla porta grida: "Mamma! Mamma! Fuggi! Teta! Scappàte!"(194). Ma Quadrio è a letto: non se la sentono di lasciarlo solo e l'aiutano ad alzarsi.

Intanto suo genero Amleto, il radiotelegrafista, con la freddezza del militare di carriera abituato al pericolo, cerca di portare in salvo verso la torre la suocera, che stava servendo in bottega(195) la Rina de Sciuscìno (Bartoccini)(195). Dalla porta del forno, perché quella della bottega - verso il ponte - è bloccata, scappa la Maria (Migliorati), insieme alla Rina. Mentre corre fra detriti e sassi si accorge che è rimasta senza una scarpa. La Maria vorrebbe dirigersi verso casa, che è vicino alle monache, ma in piazza della Collegiata il bancario Martinelli le dice di andare verso il mercato, non verso la ferrovia, perché è pericoloso(197).

Nella casa adiacente a quella di Mosciòne, verso il ponte, muoiono Pasqualino e Angelino, i due figli(198) della Sunta, che la moglie del calzolaio aveva lasciato a letto. Soli, in mezzo al cataclisma, aggrediti dall'orco.

 

La casa di Ulisse

Nella casa di fronte, quella di Ulisse, a metà della schiera verso sud del vicolo di San Giovanni, si riversano le macerie delle case dirimpettaie. All'ultimo piano, la mamma Adele ha fatto riparare sotto l'architrave di cucina Gino de Bargiacca (Igino Corbucci), costretto dalla nascita su una sedia. Nel trambusto, il ragazzino si ritrova a terra sotto il tavolo(199). I suoi muscoli atrofizzati si caricano di un'altra croce.

 

Quinta stazione

Simone di Cirene aiuta Gesù a portare la croce

 

L' androne a piano terra è pieno di gente, scesa dai piani superiori o entrata da fuori.

 

Vi si è appena rifugiata l'Elda (Bartocci), la sartina di Maccario, che, separatasi dagli altri colleghi, non si sentiva sicura dentro l'albergo Capponi. Proprio sulla soglia ha incontrato la moglie di Paolino, il ferroviere, con la figlia Argentina di quattro anni in braccio ed il trippone con il nascituro; la bambina non riusciva a respirare per la polvere del crollo precedente; allora la mamma Marcella ha deciso di uscire(200) proprio nel momento in cui le case di fronte sono crollate su di loro(201).

Anche dentro l'androne di Ulisse (Violini) è arrivata la morte: l'ingegnere romano che stava passeggiando nel vicolo(202), riparatosi lì dentro, è stato scaraventato dallo spostamento d'aria in fondo al piccolo corridoio di fronte al portone(203).

La Sandra (Violini), che cuciva nel suo appartamento, era scesa in fondo alle scale - il babbo Ulisse aveva istruito così le figlie - dove ci sono muri e volte robustissimi. Ha visto l'Augusta, un'anziana vicina di casa che si era riparata dentro il portone di fronte, quello dei Brunori, dall'altra parte del vicolo. "Augusta, venite di qua... ch'è più robusto!", le ha detto.

"No cocca! A mo' sto di qui!", ha risposto lei(204), un attimo prima di essere seppellita(205).

Accanto all'Augusta, un gruppo di persone è sommerso dal crollo dei piani superiori: la Mimma(206), che abita lì dal '34, quando lei ed il marito Astorre (Coletti) erano venuti a casaiòlo lasciando il podere di Palazzone(207); la Cesira (Ceccagnoli), rifugiatasi dentro l'androne insieme all'Adriana (Fileni), che stava accompagnando all'asilo; Bronzone (Antonio Feligioni), sfollato da Milano.

 

1) Gianna Feligioni

2) Franco Pucci

3) Rolando Fiorucci

4) Giuseppe Feligioni

5) Francesco Martinelli

6) Orlando Bucaioni

7) Luigi Carlini

8) Tita romitelli

9)Domenico Fornaci

10) Francesco Martinelli

11) Mario Tacconi

12) Giuseppe Feligioni, Willelmo Ramaccioni

13) Ramiro Nanni, Come io, Ramiro, vissi il bombardamento…, manoscritto del 1979

14) Fotomontaggio di Valerio Rosi su disegno base di Adriano Bottaccioli ed immagine del cruscotto del P40 fornita da Andrea Gragnoli

15) Fabrizio Boldrini

16) Bruno Burberi

17) Antonio Silvestrelli

18) Franco Villarini

19) Nello Minelli

20) Marino Giulietti

21) Pia Gagliardini

22) Fotomontaggio di Valerio Rosi su disegno base di Adriano Bottaccioli ed immagine del cruscotto del P40 fornita da Andrea Gragnoli

23) Muzio Venti

24) Egidio Grassini

25) Fabrizio Boldrini

26) Ramiro Nanni, Come io, Ramiro, vissi il bombardamento…, manoscritto del 1979

27) Olimpio Ciarapica, da una poesia del 1952

28) Silvana Bartoccioli

29) Fabrizio Boldrini

30) Maria luisa Rapo

31) Classe III E, Scuola Media Statale Mavarelli-Pascoli, Voci della memoria, Comune di Umbertide e Centro Culturale San Francesco, Umbertide, 2002

32) Fabrizio Boldrini

33) Classe III E, Scuola Media Statale Mavarelli-Pascoli, Voci della memoria, Comune di Umbertide e Centro Culturale San Francesco, Umbertide, 2002

34) Irma Mariotti, intervista raccolta da Leonardo Tosti il 25 aprile 1994

35) Olimpio Ciarapica, da una poesia del 1952

36) Maria Letizia Giontella, “Poesia a tre voci e tre cori”, Comune di Umbertide, Concorso Nazionale XXV aprile, Centro Culturale San Francesco, 1983

37) Dante Mariucci, testimonianza raccolta dalla nipote Francesca – V elementare - 1985; Franco Mischianti, Renato Silvestrelli, Franco Villarini

38) PRO, London, Operation Record Book, Detail of work carried out by 5 S.A.A.F., 239º stormo aereo “Wing Desert Air Force”, 5º squadrone aereo

39) Orlando Bucaioni

40) Elena Boriosi

41) Olimpio Ciarapica, da una poesia del 1952

42) Fotomontaggio di Valerio Rosi su disegno base di Adriano Bottaccioli ed immagine dell’aereo fornita da Andrea Gragnoli

43) Antonio Silvestrelli

44) Orlando Bucaioni

45) Dina Batazzi

46) Ornella Duranti

47) Fotomontaggio di Valerio Rosi su disegno base di Adriano Bottaccioli ed immagine dell’aereo fornita da Andrea Gragnoli

48) Lidia Tonanni

49) Bruno Tonanni

50) Fabrizio Boldrini

51) Romano Baldi

52) Domenico Baldoni

53) Italo Lotti, Domenico Manuali, Giovanni Migliorati

54) Cesira Baldelli

55) Irma Mariotti, intervista raccolta da Leonardo Tosti il 25 aprile 1994

56) Lorenzo Andreani

57) Fabrizio Boldrini

58) Franco Anastasi

59) Gianna Burzigotti

60) Bruno Burberi

61) Maria Luisa Rapo

62) Renato Silvestrelli

63) Giovanna Mancini

64) Giorgio Toraci

65) Dante Mariucci, testimonianza raccolta dalla nipote Francesca – V elementare – 1985

66) Italo Ciocchetti

67) Franco Mischianti

68) Umberto Dominici

69) Maddalena Maria Marzani

70) Guerriero Boldrini

71) Orlando Bucaioni

72) Elda Bartocci

73) Ada locchi

74) Adriana e Domenica Cecchetti; testimonianza indiretta del fratello Giuseppe

75) Luigi Gambucci

76) Dina Conti, Luigi Gambucci

77) Giuseppa Ceccarelli

78) Piera Bruni

79) Lidia Corradi

80) Lea Rapo

81) Dora Silvestrelli

82) Renato Silvestrelli

83) Assunta Baruffi

84) Rolando Paneni

85) Ada Locchi

86) Don Luigi Cozzari, lettera per il 1º anniversario, 1945

87) Renato Caseti

88) Elvira Rossi

89) Giancarlo Guasticchi

90) Maria Migliorati

91) Ramiro Nanni, Come io, Ramiro, vissi il bombardamento…, manoscritto del 1979

92) Giovanni Bico

93) Giuseppe Mattioni

94) Francesco Martinelli

95) Domenico Fornaci

96) Giovanna Pazzi

97) Stefano Marsigliotti

98) Marisa Pazzi

99) Emilio Panzarola

100) Lorenzo Andreani

101) Massimo Valdambrini

102) Franco Caldari

103) Ines Guasticchi

104) Rita Tosti (la mamma è morta qualche mese dopo)

105) Giovanna Bottaccioli

106) Lidia Corradi

107) Giovanna Bottaccioli

108) Lidia Corradi

109) Giovanni Duranti

110) Margherita Tosti, manoscritto del 1985

111) Annunziata Caldari

112) Luigi Gambucci

113) Alfredo Ciarabelli

114) Aldo Fiorucci

115) Ines Biti

116) Luciano Ramaccioni

117) Emilio Gargagli

118) Mario Tosti

119) Marcella Casi

120) Egino Villarini

121) Rina Santini

122) Lea Rapo

123) Giuseppe Agea, testimonianza indiretta della figlia Elisabetta

124) Emilio Gargagli

125) Flora Grandi, lettera dell’11 settembre 2003; Franco Mischianti

126) Ines Guasticchi, Franco Mischianti, Egino Villarini

127) Guerriero Massetti

128) Classe III E, Scuola Media Statale Mavarelli-Pascoli, Voci della memoria, Comune di Umbertide e Centro Culturale San Francesco, Umbertide, 2002

129) Orlando Bucaioni, Franco Mischianti

130) Flora Grandi, lettera dell’11 settembre 2003; Nella Palchetti Palazzetti

131) Vittime: Giulia Baiocco, Cecilia Boldrini, Giuseppina Grandi, Anna Paola Massetti, Ida Mischianti, Rina Romitelli, Bruno Villarini

132) Classe III E, Scuola Media Statale Mavarelli-Pascoli, Voci della memoria, Comune di Umbertide e Centro Culturale San Francesco, Umbertide, 2002

133) Franco Mischianti

134) In alto: Fotomontaggio di Valerio Rosi su disegno base di Adriano Bottaccioli

In basso: pianta d’Umbertide, con il bersaglio, la fiammata dello scoppio nel punto di caduta della seconda coppia di bombe ed il fumo della prima

135) Vittime: Angelo Mischianti, Luisa Rondini

136) Classe III E, Scuola Media Statale Mavarelli-Pascoli, Voci della memoria, Comune di Umbertide e Centro Culturale San Francesco, Umbertide, 2002

137) Vittima: Felicia Montanucci

138) Vera Vibi

139) Anna Caldari

140) Giuseppe Lisetti

141) Vittime: Benedetto Bernacchi, Marianna Manuali

142) Silvano Bernacchi

143) Renato Silvestrelli, Silvana Bernacchi

144) Vittima: Leopolda Sabbiniani

145) Luigi Romitelli

146) Giuseppe Romitelli

147) Antonio Silvestrelli

148) Emma Gagliardini

149) Guerriero Gagliardini

150) Carolina Frati

151) Classe III E, Scuola Media Statale Mavarelli-Pascoli, Voci della memoria, Comune di Umbertide e Centro Culturale San Francesco, Umbertide, 2002

152) Giuseppe Rapo

153) Classe III E, Scuola Media Statale Mavarelli-Pascoli, Voci della memoria, Comune di Umbertide e Centro Culturale San Francesco, Umbertide, 2002

154-155) Foto gentilmente messa a disposizione da Gianfranco Ciocchetti

156) Elda Bartocci

157) Maria Migliorati

158) Fernanda Martinelli

159) Lea Rapo

160) Ornella Duranti

161) Giuseppe Baiocco

162) Sergio Ceccacci

163) Maria Letizia Giontella, “Poesia a tre voci e tre cori”, Comune di Umbertide, Concorso Nazionale XXV aprile, Centro Culturale San Francesco, 1983

164) Alfredo Ciarabelli

165) Egidio Grassini

166) Fabrizio Boldrini

167) Sergio Celestini

168)Sergio Ceccacci

169) PRO, London, Operation Record Book, Detail of work carried out by 5 S.A.A.F., 239º stormo aereo “Wing Desert Air Force”, 5º squadrone aereo

170) Silvano Bernacchi

171) Fabrizio Boldrini

172) Vittime: Delma Tognaccini, Franca Fagioli

173) Adriana Ciarabelli, Annunziata Fiorucci

174) Classe III E, Scuola Media Statale Mavarelli-Pascoli, Voci della memoria, Comune di Umbertide e Centro Culturale San Francesco, Umbertide, 2002

175) Amelia Lozzi

176) Vittime: Annunziata Bendini, Fausto Ciocchetti

177) Giuseppe Rapo

178) Fotomontaggio di Valerio Rosi su disegno base di Adriano Bottaccioli.

In basso: pianta d’Umbertide, con il bersaglio, la fiammata della terza coppia di bombe ed il fumo di quelle precedenti

179) In alto: Fotomontaggio di Valerio Rosi su disegno base di Adriano Bottaccioli.

In basso: pianta d’Umbertide, con il bersaglio, la fiammata della quarta coppia di bombe ed il fumo di quelle precedenti

180) Orlando Bucaioni

181) Amelia Lozzi

182) Antonio Silvestrelli

183) Fabrizio Boldrini

184) PRO, London, Operation Record Book, Detail of work carried out by 5 S.A.A.F., 239º stormo aereo “Wing Desert Air Force”, 5º squadrone aereo

185) Domenico Mariotti

186) Vittime: Anna Maria, Raffaele, Benedetto, Valentino Bernacchi, Angelo Palazzetti

187) Vittima: Asssunta Palazzetti

188) Classe III E, Scuola Media Statale Mavarelli-Pascoli, Voci della memoria, Comune di Umbertide e Centro Culturale San Francesco, Umbertide, 2002

189) Giancarlo Bruni

190) Vittima: Assunta Caprini

191) Wanda Guardabassi

192) Vittorio Giulioni, testimonianza indiretta di Fernando Marchetti

193) Bruna Brunori, testimonianza raccolta dal nipote Matteo – V elementare – 1985

194) Fernando Martinelli

195) Francesco Martinelli

196) Virginia Tosti

197) Maria Migliorati

198) Vittime: Angelo Selleri, Pasquale Selleri

199) Elisabetta Bellarosa

200) Elda Bartocci

201) Vittime: Marcella Mazzanti, Argentina Merli

202) Vittima: Alfonso Ferrari

203) Margherita Violini

204) Vittima: Augusta Orlandi

205) Margherita Violini

206) Vittima: Giulia Pierotti

207) Rina Alunno Violini

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LA TERZA ONDATA(1)

 

Gli ultimi quattro "picchiatelli" debbono alleggerirsi del carico, ormai solo zavorra che impedisce il ritorno alla base.

II tenente Jandrell ha deciso di mantenere come bersaglio il ponte della Regghia, fra la Collegiata e la piazza, che ancora si può intravedere dall'alto. Sempre meno convinti, i piloti si avviano a sganciare, quasi controvoglia, le loro appendici ingombranti. Sono le 9 e 53.

 

Nona scarica

Gli ordigni che sgancia il tenente McLachlan – sembrano

i violini che suona "Rapastello"(2) - si schiantano in

Via Guidalotti(3).

Una bomba demolisce la casa di Tommasi, il veterinario(4).

Dentro c'è la sua mamma - la sora Rosa, anziana e pesante -

che si era rifiutata di seguire i pronipoti con la loro mamma

Rachele, fuggiti appena sentite le prime bombe(5).

Era rimasta con lei la sora Checca, la nuora. Impaurite dagli

ordigni sempre più vicini, si erano affacciate alla

finestra in Via Guidalotti per chiedere aiuto. Per strada

stava correndo Amleto; lui, sconvolto, aveva sussurrato

che i suoi familiari erano già tutti morti; si era diretto

all'appuntamento verso la fine, sotto la casa del suocero

Quadrio(6). Finalmente la sora Rosa si era convinta a

scappare. Per la scala già danneggiata(7), la sora Checca

ha cercato di scendere, tirando per mano la suocera. Per

l'onda d'urto, la prima si è rovinata sbattendo la faccia

sul muro; la seconda(8) è morta(9).

L'altra bomba si è conficcata, inesplosa(12), davanti

all'adiacente calzoleria, da dove Parigi (Giovanni Miccioni)

era fuggito già al primo scoppio, per cercare la figlia

Peppina a scuola(13), seguito da Peppolétta (Ceccacci)(14).

Gli altri due calzolai erano restati fermi, impietriti.

L'esplosione nella casa accanto ha scatenato dentro

la bottega la sua forza tremenda. Selleri, seduto davanti al

banchetto da lavoro, è stato sbalzato dalla seggiolina e

spogliato degli indumenti(15).

 

                                                                                               Decima stazione

                                                                                               Gesù è spogliato

 

II calzolaio è tutto crevelàto(16). Perde sangue dalle orecchie, dagli occhi e dal corpo, per lo spostamento d'aria e per i calcinacci(17).

II suo collega Pierucci, il Carbonaro(18), è rimasto

stordito, ma è in grado di muoversi.

Da dentro la barbieria di Palazzoli, Menchino (Pucci)

si dispera: "Oddio ... la mi' commessa!"(19). Ha appena

visto la bomba colpire l'edificio del suo ufficio di rappre

sentanza di macchine agricole, da dove si era allontanato 

quando erano arrivati gli aerei, per andarsi a gustare la

consueta prima colazione: un uovo al tegamino(20).

 

Decima scarica

Il tenente Powell è già in picchiata, quando si avvede

che la nube dell'ultimo scoppio in adiacenza al ponte

sulla Regghia ha quasi del tutto nascosto l'obiettivo.

Richiama prima del tempo l'aereo, con il risultato di

allungare la traiettoria degli ordigni. La coppia di

bombe cade sulle macerie delle case del borgo San

Giovanni già abbattute: scava due crateri sull'ammasso

di detriti della casa dei Bucaioni(21) ed azzera quanto

era ancora rimasto in piedi. È il colpo di grazia per

i piccoli figli di Selleri, il calzolaio: sono polverizzati.

Senza rendersi conto di che cosa stia accadendo, Peppino

(Rapo), il piccolo apprendista sarto che era rimasto vicino

ai suoi due compagni feriti, è ricoperto di macerie fino

al petto(23). A poche decine di metri, sotto il letto

matrimoniale, la sorella Lea grida: "Mamma! Amàzzime

tu... non me fa' amazzà' da loro!"(24).

 

Il Borgo di San Giovanni, diventato un vulcano infernale,

sussulta negli ultimi spasmi dell'agonia. Le bombe,

scoppiate alla base della nube preesistente, fanno

eruttare verso il cielo un fungo nero, gigantesco,

sopra il cratere.

Verso il calvario si apre l'obiettivo della macchina fotografica del dottor Balducci, che ha raggiunto i campi oltre la casa del Milordìno. Sulla sua pellicola è fissata l'immagine del paese agonizzante.

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                                                                        Undicesima stazione

                                                                              Gesù è crocifisso

 

La terza sosta

Ormai dal cielo neanche il ponte di piazza si vede più.

Il tenente Jandrell non sa più che pesci prendere.

Al ritorno all'aeroporto

da campo di Cutella, dovrà pur mostrare qualche scalpo     

nel carniere! Mica può tornare a mani vuote.

A terra, il prolungato silenzio dovuto all'incertezza della

squadriglia stimola ancora una volta a fuggire.

Chi si trova nella zona della Collegiata ha la sensazione che il

pericolo si sia allontanato: l'ultima bomba è scoppiata

all'interno del centro storico, più arretrata rispetto a quella

precedente, che da Via Guidalotti aveva scagliato sassi

tutto intorno a loro. L'istinto è di uscire dai ripari. Pierucci,

il calzolaio, ripresosi dallo stordimento, si separa da Selleri,

che non riesce ad alzarsi dal suo banchetto. Esce dalla bottega

e si dirige, ondeggiando come un ubriaco, verso la torre ed il mercato.

Dalla barbieria di Palazzoli, dove si era messo al coperto,

fa capolino Franco (Mischianti). Non sente aerei in arrivo;

corre verso il mercato, passando davanti alla chiesa ottagonale ancora intatta(26).

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Lo segue l'Elisa (Pucci), con il panno bianco della parrucchiera ancora sulle spalle(27). In tanti la notano per quell'abbigliamento inconsueto, traendone incoraggiamento ad imitarla.

Si convince Palmiro (Santarelli), uno degli scolari rimasti dietro la sagrestia della Collegiata: fugge con lei, verso il mercato(28).

Altri compagni lo seguono, prendendo diverse direzioni.

Si è decisa a fuggire anche la Ines (Biti), la commessa del negozio di stoffe delle Fornaci, che ha visto l'Elisa attraversare di corsa la piazza. Cerca di convincere la Checchina (Fornaci) che non è il caso di restare al chiuso, sebbene le volte del negozio dovrebbero essere sicure: "Meglio fuori, che sotto le macerie!!". Con tutta calma, la Ines si toglie il grembiule, chiude la porta con il lucchetto. Insieme corrono verso il mercato, con la velocità consentita dalla gamba più corta dell'altra della signorina(29).

 

1) Gianna Feligioni.

2) Lauro Beccafichi.

3) Fabrizio Boldrini.

4) Franco Anastasi, Renato Silvestrelli.

5) Venanzia Riccardini.

6) Paola Banelli.

7) Venanzia Riccardini.

8) Vittima: Rosa Boncristiani.

9) Umberto Tommasi.

10) In alto: fotomontaggio di Valerio Rosi su disegno base di Adriano Bottaccioli ed immagine del cruscotto del P40 fornita da Andrea Gragnoli.

In basso: pianta d'Umbertide, con il bersaglio ed il fumo delle bombe già cadute.

11) In alto: fotomontaggio di Valerio Rosi su disegno base di Adriano Bottaccioli.

In basso: pianta d'Umbertide, con il bersaglio, la fiammata della nona coppia di bombe ed il fumo di quelle precedenti.

12) Piero Baldelli.

13) Giuseppina Miccioni.

14) Cesare Ceccacci.

15) Vittima: Giuseppe Selleri.

16) Orlando Bucaioni.

17) Pompeo Selleri.

18) A Ines Biti.

19) Elisa Manarini.

20) Elisabetta Bartoccioni.

21) Orlando Bucaioni.

22) In alto: fotomontaggio di Valerio Rosi, con nube derivata dalla foto di Roberto Balducci, su immagine tratta dalla Fototeca dell'Archivio comunale.

In basso: pianta d'Umbertide, con il bersaglio, la fiammata della decima coppia di bombe ed il fumo di quelle precedenti.

23) Giuseppe Rapo.

24) Maria Luisa Rapo.

25) Bruno Porrozzi, Umbertide nelle immagini, Associazione Pro Loco Umbertide, 1977, p. 91. Foto Roberto Balducci.

26) Franco Mischianti.

27) Ines Biti, Palmiro Santarelli.

28) Palmiro Santarelli.

29) Ines Biti.

 

 

 

LA QUARTA ONDATA

 

Ora anche il ponte di piazza è stato inghiottito del tutto dal fumo della bomba esplosa a pochi metri. Il tenente Jandrell non ha scelta: decide di puntare contro il ponte della Regghia che conduce a Santa Maria. Meglio di niente!

 

Undicesima scarica

Il tenente Stubbs obbedisce al caposquadriglia:

piomba verso l'obiettivo, ansioso di disfarsi del

carico. Gli ordigni cadono davanti alla Collegiata(1),

vicinissimi all'obiettivo: uno rimane inesploso,

mentre l'altro sfiora la sagrestia di Pòngolo,

sfasciandone(2) uno spicchio. Un cratere enorme 

si apre sulla piazza(3).

Don Luigi ed i suoi compagni trasalgono di paura,

per il fragore delle bombe vicinissime ed il rumore

assordante delle vetrate che si spezzano e si frantumano

a terra; le pareti dell'antisagrestia e della casa sovrastante,

crollando, fanno buio attorno a loro(4).

Una scheggia, schizzata via dall'esplosione(5), falcia

Pierucci, il calzolaio, che stava continuando ad incedere,

malfermo, per allontanarsi dalla bottega di Parigi: crolla

esanime(6) a terra verso la torre, vicino ad una pianta(7).

Forse, mentre cadevano le bombe, avrà ripensato a

quando, nel '21, era stato costretto, sotto la minaccia

di una rivoltella, a gridare: "Viva il Fascio, viva l'Italia(8).

È stato il primo a subire l'arroganza del fascismo e

l'ultimo ad essere falciato.

I ragazzini delle elementari, che erano ancora restati dietro

la Collegiata e la sagrestia per il senso di sicurezza dato dalla

loro mole(11), sono investiti dallo schianto tremendo, vicinissimo.

Gli altri, che avevano da poco lasciato quel riparo, sono presi in

pieno dall'onda d'urto.

Palmiro (Santarelli), bloccato nella fuga dal rumore dell'aereo in

picchiata, si è protetto dietro un tronco d'albero del mercato(12).

Carlo (Porrozzi) è appena svoltato all'angolo di

Via Roma dove c'è il negozio di Zurli. È investito

da un caldo enorme; si sente sollevare e catapultare

a diversi metri. Cade per terra, ferendosi alle

ginocchia(13).

Vittorino (Tognaccini) è investito alle spalle

dalla vampata della deflagrazione, mentre corre

verso l'osteria dello zio Giosuè(14).

Mario (Alpini) è colpito ad un fianco da un grosso

sasso; continua a correre risalendo la Piaggiola verso

il negozio di scarpe - fra la piazza delle Erbe e Via

Grilli - del babbo, che ha abbassato la serranda fino

quasi in fondo. È andato per i1 mercato, avendo visto 

che da Via Guidalotti non si poteva passare perché

avevano colpito la casa vicino alle Busatti(15).

La Ines (Benizi), che aiuta in casa i Viglino, pedala

all'impazzata verso Piazza Marconi; la Maria Pia

è appollaiata sul manubrio; la Lucilla (Corbucci) le

rincorre a piedi, raccomandandosi di aspettarla(16).

Il maestro Marsigliotti, tutto impolverato per lo

scoppio, cerca di ripararsi dentro il portone della

prima casa di Via Roma, verso la Regghia(17).

Un mattone è piombato sulla marmitta nella cucina

di Via Bremizia, dove l'Ersilia (Cecchetti Pinzaglia)

aveva rimesso il brodo; ha fatto brillà' il coperchio ed è caduto fra il lesso(18).

In casa del notaio, la figlia Maria (Zampa Leonardi) e la donna che l'aiuta in casa

erano scese al piano interrato per rifugiarsi in un sottoscale, buio. I gatti intorno

a loro, come loro non si rendevano conto di cosa stesse accadendo.

La bomba caduta davanti alla sagrestia ha scosso la casa come un terremoto:

la Maria immagina quale oscillazioné ci sarà stata adesso ai piani superiori,

che avevano già ondeggiato paurosamente sotto i piedi quando erano cadute le prime bombe, molto più lontane(19).

La Dina (Galmacci) è arrivata in fondo alla Piaggiola: lo spostamento d'aria l'ha scaraventata dentro il portone del Palazzo Baglioni; si ritrova senza cappotto e senza scarpe(20).

Gli oratoriani che guardavano da Santa Maria sono stati investiti con particolare violenza dall'onda d'urto, che ha trovato meno ostacoli delle altre sul suo cammino; Peppino (Gagliardini), che si era sporto dal fosso proprio in quel momento, è diventato tutto nero(21).

 

Dodicesima scarica

Spetta al tenente Wright dare il colpo finale.

Le ultime due bombe centrano la casa dei

Gagliardini(22), addirittura a quasi mezzo

chilometro dall'obiettivo originario del ponte

sul Tevere. L' onda d'urto fa volare il loro

letto(23) sopra il tetto di Mariotti, verso

Via Roma(24).

Nella vicina casa del podestà Guardabassi,

all'angolo fra Via Roma e Via XX Settembre, 

una ragazzina è scaraventata dalla terrazza

dentro la rampa di scale: rotoloni, arriva

fino in fondo. Il vecchio podestà assicura

che quelle appena cadute sono le ultime

bombe: forse ha contato gli aerei e gli scoppi.

Si può scappare(25).

La signorina Fornaci e la sua commessa, l'Ines,

hanno girato il cippo di pietra rotonda che

limita il passaggio al mercato ai soli pedoni;

al sopraggiungere dell'aereo si sono chinate

dietro il muretto verso il torrente, sotto la prima

pianta verso la Regghia. Il cacciabombardiere

risale, con un rombo assordante, appena

sopra le loro teste(26).

Lo spostamento d'aria ha fatto spalancare le porte

degli scantinati della casa dove il maestro

Marsigliotti aveva appena trovato riparo; se ne

stavano proprio cercando le chiavi, per rifugiarvisi con più sicurezza.

È comparso alla vista ogni ben di dio: lardo, olio, farina ed altro oro,

lì nascosto per sfuggire all'ammasso. Non c'è tempo di pensare alla carestia patita nei mesi passati, nemmeno di fronte a quell'abbondanza così vicina. La tragedia ha ristabilito la scala dei valori. Ma per poco: già domani non ci sarà più niente(27).

Menco de Trivilino (Domenico Baldoni) dalla Posta è arrivato alla curva del Marro, verso San Benedetto. Nel dare un'occhiata indietro, in direzione del paese completamente avvolto dal fumo, si rende conto che gli ultimi piloti non hanno visto niente; hanno sganciato alla cieca.

Corre in direzione opposta Antonio (Baroni), sfollato da Capeccio, alla ricerca della mamma che era andata al centro del paese ferito a morte(29). Roberto Balducci si è allontanato ancora verso la pineta di Civitella. Fotografa l'ultimo fungo appena nato, che emerge a fianco della preesistente nube gigantesca(30) già dilatata.

 

 

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È il simbolo del nostro calvario.

Sono le 9 e 54.

L'agonia del Borgo di San Giovanni si è consumata in nove minuti(31).

È stato cancellato il cuore del nostro paese(32): ormai è diventato una tomba.

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Dodicesima stazione

Gesù muore in croce

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Gesù è morto un'altra volta: sul calvario di San Giovanni, accanto a decine di croci da cui pencolano altrettante vittime dell'insipienza, dell'egoismo e della violenza.

Il sole si è eclissato e si è fatto buio sulla terra.

 

Mitragliamento finale

I boati delle bombe sono cessati. Il silenzio che li sostituisce acuisce la sensazione di sordità.

Dai momentanei rifugi in periferia, esce la gente che non era riuscita a fuggire: solo ora si sente di farlo, incoraggiata dall'assenza delle deflagrazioni. L'uomo pian piano si riappropria delle sue capacità razionali, superando l'incoscienza dell'istinto animale. A1 terrore primordiale vissuto in mezzo alla tempesta, nell'occhio del ciclone, sta gradualmente subentrando, insieme alla consapevolezza, paura e sgomento.

Dalla zona di Santa Croce si riversano tutti verso la Caminella ed il Tevere; si sdraiano istintivamente a terra nei pressi di Baldino, che è sordo e non si è reso conto di cosa stia accadendo. Guarda sbalordito quella fiumana di disperati che si riversa verso il fiume, chiedendosi ripetutamente ad alta voce: "Ma ndu'va tutta sta gente?!"(33).

In tanti si acquattano in un fosso pieno d'ortica, senza avvertire il minimo fastidio. Per allontanarsi ancor di più dall'inferno, scavalcano l'argine che li separa dal contadino vicino - Secondo - mentre passano ancora gli aerei a bassa quota, che mitragliano. Un ragazzo rotola a terra e si finge morto(34). Il mitragliamento finale non è una sorpresa per il colonnello pilota Bice Pucci che, poco prima, nell'indirizzare la gente verso i1 Tevere, aveva raccomandato alla Lidia (Tonanni): "Levati la maglietta rossa ... dopo il bombardamento mitragliano... "(35).

Nella corrida di Piazza San Francesco si sono invertiti i ruoli: sono i tori sacrificali ad indossare la muleta per aizzare i matadores.

La vestaglia rossa è diventata un'ulteriore preoccupazione anche per la Vera (Vibi); se 1'è buttata sopra prima di scendere - con una scarpa sì ed una no - lungo il cumulo di macerie che, dalla terrazza al primo piano di casa sua, degrada fino alla strada. È riuscita a sorreggere la mamma(36), semiparalizzata, in camicia da notte. Mentre stanno mitragliando, va verso San Francesco, fino alla Caminella, dove fa sedere la mamma sotto un albero(37).

Il crepitio delle mitraglie che ha seguito gli scoppi delle bombe(38) è un ulteriore sfregio.

Alla fornace di Filippi, in fondo alla Piaggiola, sentono le raffiche(39). Romolo (Romitelli), lo stagnino, impreca: "Senti `sti sporcaccioni... mitragliano anche!"(40).

Se può aver un senso, nella logica disumana della guerra, distruggere un ponte - e chi ha la sventura di trovarsi nelle vicinanze - con l'obiettivo di danneggiare il nemico, davvero non ha alcuna giustificazione l'infierire contro gente inerme. Qualche sventato ha il coraggio di giustificare tutto: la guerra è guerra.

 

Gli aerei ripartono

Cinque o sei aerei, prima di ripartire, vanno verso le Carpini a scaricare degli oggetti luccicanti. "Oddio!... bombardano un'altra volta!", urlano sgomenti i seminaristi affacciati dal muraglione di Montone, prima di accorgersi che si tratta di serbatoi(41). «Anche a Monestevole, fra le case di Palombi e di Ferranti, due aerei, zig-zagando nel cielo, lasciano cadere due grandi involucri. Appena sganciati, sembrano bottiglie ai ragazzini in cima al toppétto della Valcinella. Credono che siano bombe. Si tappano le orecchie, ma appena toccano terra sollevano una piccola nuvola di polvere; si sente un tonfo smorzato, non uno scoppio.

La distanza è notevole, ma corrono a vedere. Nel loro animo di preadolescenti è questo un giorno di meraviglie, di festa. Corrono da un colle all'altro, come esaltati. E non è, il loro, sconforto o smarrimento; anzi sentono la dolce sensazione di essere protagonisti di avvenimenti inusuali e, a modo loro, eroici. Forse ad Umbertide ci saranno anche dei morti; ma loro non sono colpiti nei propri affetti. Il paese è lontano,

estraneo. Otto chilometri, ai loro occhi, sono una

distanza stellare. Sudati, trafelati, eccoli al punto

dove sono caduti quei due grossi involucri, vicini

alla casa di Pulcinelli. Trovano sul posto due militi

fascisti, che, dopo aver constatato che si tratta di

contenitori vuoti, ripartono; ma prima vi sparano

con la pistola alcuni colpi, forse per curiosare sullo 

spessore del metallo. I ragazzi hanno via libera per

guardare. Sono fusti strani, molto allungati, muniti

di tubi, fili elettrici, bocchettoni. Possono contenere

qualche quintale di benzina. Forse anche di più.

I commenti si sprecano.

Tonino dice: "Però questi inglesi hanno avuto giudizio

... i fusti non li hanno lasciati cadere dove ci sono le

bestie al pascolo, ma qui dove non c'è niente".

La benzina sparsa intorno mette di buon umore.

Sembra di sentire l'odore della trebbiatura.

È proprio giorno di prodigi»(42).

Gli aerei compiono un ultimo giro a bassa quota(44)

per verificare che cosa sia successo; forse provano

disgusto per aver rotto la quiete di quei tetti, bruni

di antico, e la trama idilliaca di quelle trine di viti

tese tra gli stucchi sui campi.

Infine, alleggeriti di ogni zavorra - anche dei pesi

sulla coscienza - fanno un giro, tutti insieme, per ,

riprendere quota. Poi, in fila indiana scompaiono

verso Sud, dietro Montecorona(45).

Il gioco a mosca-cieca è finito. Umbertide è tutta

sbarcata(46).

Da questo momento saranno ricordati come

"i dodici apostoli"(47).

Strani apostoli, che hanno compiuto la loro missione

- di morte o di libertà? - lasciando 67 morti,

tre moribondi(48) e migliaia di sopravvissuti con la

morte nell'anima, disseminati lungo il calvario di San Giovanni.

Sono le 10 e 5.

 

Punta a Sud la fila di falchi pellegrini dal becco rosso. Forse è arrossito di più: per la vergogna del male che hanno seminato.

Colombe acquattate sotto le fronde dell`Elceto" sorreggono fra il becco il rametto d'ulivo che non possono riportare in paese dopo il diluvio: per loro non è ancora giunto il momento di riprendere il volo.

L'impresa dei Kittyhawk non passerà alla storia come una tappa del progresso: certo, i fratelli Wright non immaginavano le imprese dei loro pronipoti!

 

Sul diario di volo i piloti appuntano:

"239 Stormo Wing DesertAir Force, 5° squadrone aereo

Operazione n. 225 del 25 aprile 1944

Una bomba ha mancato di poco la sezione centrale del ponte, verso Nord.

Una bomba ha mancato di poco l'accesso est del ponte, verso Sud.

Una bomba ha centrato i binari della ferrovia nella zona d'accesso est del ponte, interrompendo la linea.

Le altre bombe sono cadute nell'area abitata ad ovest del paese, ad est del ponte.

Lasciate sette case in fiamme.

Colpi di contraerea leggera dall'aeroporto di Perugia [Sant'Egidio].

Visibilità: foschia

Tempo totale di volo: 26 00 ore".

 

Questo è tutto per i tecnici della guerra: terribilmente poco per chi ha subito, inerme, la loro esibizione.

 

Ma la guerra è un dramma anche per i piloti. Diversi di loro, che stanno portando morte, perderanno la vita in altre missioni(49); come il tenente Facer, che sta per spirare dopo essere stato abbattuto, appena l'altro ieri, nel cielo di Fabriano. Altri la vedranno in faccia la fine, riuscendo a scamparla per miracolo, come il capitano Pienaar, che fra tre mesi, i15 agosto 1944, vivrà una brutta avventura. Alle 4 e 41 del pomeriggio, decollerà per una missione con il suo navigatore, il tenente A.R. Lockhart-Ross. Arrivato a non molti chilometri a nord-est di Lechfeld, a 9150 metri di quota, virerà a sinistra ed a destra per assicurarsi dell'assenza di pericoli. Si butterà in picchiata a 90 gradi verso l'aeroporto di Gunzburg-Leipheim, vicino al Danubio, a pochi chilometri da Ulm. All'improvviso inquadrerà sullo specchietto retrovisore un bimotore in rapido avvicinamento alla sua coda. Spinta al massimo la potenza, sgancerà i serbatoi di lungo raggio in modo da sfruttare al massimo la superiore velocità del suo "Mosquito"; comincerà a virare a dritta anziché a sinistra, come di norma si fa quando si punta sull'obiettivo. Appena avviata questa manovra, subirà il fuoco dal cannoncino da 30 mm dell'aereo tedesco, da una distanza di circa 120 metri. Il Capitano Pienaar vedrà volar via pezzi del suo aereo. Colpito all'alettone ed al timone di sinistra, il suo "Mosquito" avrà uno scarto improvviso e comincerà a precipitare in spirale, all'accelerazione di gravità. Il pilota cercherà di richiamare l'aereo, ma le valvole inceppate non risponderanno ai comandi. Quando l'aggressore si sarà avvicinato a 500 metri ad altissima velocità, lui non potrà virare a dritta. Sottoposto a non meno di una dozzina di attacchi andati a vuoto dal Messerschmitt 262, a velocità straordinaria, Pienaar lo vedrà ogni volta risalire e scomparire contro sole. Per fortuna il navigatore potrà individuare la rotta dell'aereo tedesco da una scia di vapore bianco lasciata dietro di sé. Con la forza della disperazione il pilota sudafricano si tufferà dentro una grande nube a cumulo, riuscendo a scomparire alla vista del tedesco. Per 40 minuti la vita dei due uomini dentro il "Mosquito" sarà appesa ad un filo. Con tutta la strumentazione fuori uso, riusciranno a sorvolare le Alpi di appena 150 metri. Nonostante le valvole bloccate, la radio rotta, il carrello inservibile, l'aereo riuscirà ad atterrare sulla pancia ad Udine, con solo 67 litri di carburante nel serbatoio, sufficienti per sette minuti di volo. Pienaar e Lockhart-Ross, saranno decorati per la straordinaria impresa(50).

 

 

 

 

 

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Ma anche i piloti del 5º squadrone che, come lui, torneranno sani e salvi a casa saranno vittime della guerra. Non solo per il tempo che avranno speso in terre lontanissime dal loro Paese e dai propri affetti. Afflitti da disagi e paure. Tenuti ad obbedire ad ordini di altri, forse senza condividerli, forse senza capirli, forse senza neppure porsi il problema di giudicare gli effetti delle loro azioni. Saranno vittime anche per il tempo che avranno da vivere, se rifletteranno sulle tragedie immani procurate dalle loro incursioni; se immagineranno il giudizio delle vittime.

Chissà se qualcuno di loro, anche in questo momento, durante il volo di ritorno al Campo base rivolgerà un pensiero a quelle formichine che adesso si stanno caoticamente incrociando, come impazzite, intorno alle coordinate del target?

 

Tu / soldato della notte / che vai / da un confine all'altro di un paese / di riva in riva / di fiume in fiume / ascolta ...(51)

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È probabile che non abbiano né tempo né voglia - poveri piloti! - di ascoltare i nostri lamenti, mentre stanno rischiando la vita, appesi a quei trabiccoli. Non stanno certo dilettandosi in voli di piacere.

Il tenente M.W.V Odenaal starà scrutando l'orizzonte per individuare prima possibile se un altro aereo salirà, in azione d'attacco, dall'aeroporto di Perugia, come il Bf 110 di tre settimane fa.

Passando sopra Spoleto rivolgeranno tutti un pensiero al tenente D.R. Barret, il loro compagno che hanno visto buttarsi in picchiata verso la morte, alla sua prima ed ultima missione.

Il tenente Stubb, sorvolando l'aeroporto di Rieti, riproverà la brutta sensazione dell' 8 aprile scorso quando, con il suo aereo colpito, è tornato con il cuore in gola alla base.

Due giorni dopo gli è capitata la stessa cosa nel corso di un'incursione ad un ponte. Lui ed il capitano Odenaal sono stati centrati dalla contraerea.

Per non parlare del capitano Spies che, neanche un mese fa è stato costretto ad un atterraggio di fortuna ed ha passato un paio di settimane ad evitare di cadere nelle mani dei tedeschi.

Insomma, non c'è nessuno fra di loro che non abbia avuto di recente brutte sorprese: è improbabile che dentro la loro coscienza ci sia posto per preoccuparsi degli altri.

È verosimile che si preoccupino solo di evitare attacchi e di arrivare incolumi a terra, in tempo per consumare il lunch.

Non stanno ponendosi alcun problema soprattutto perché sono l'ultima rotella di un meccanismo perverso, costretta ad obbedire ad un motore lontano, invisibile. L'ingranaggio non può opporsi al moto del sistema: non può pensare, decidere. Non ha coscienza; quindi non ha responsabilità. È il motore perverso il primo responsabile; quando è stato avviato, nessuno può fermarlo finché non ha travolto e schiacciato tutto e tutti, in una poltiglia di carne e sangue, dove niente è più riconoscibile e giudicabile. Ogni singola tragedia è frutto, inevitabile, dello stato di guerra: di ogni guerra, in ogni tempo. Perché la guerra è la negazione della civiltà, del diritto, dei valori, dei sentimenti. In aggiunta, a rendere ancor più perversi i suoi effetti sono i soldati e le loro macchine infernali, che sbagliano e falliscono più spesso di quanto non si pensi. È raro che la violenza sia efficiente: il male non può partorire il bene.

Per motivi del tutto opposti, anche gli abitanti di Fratta oggi non hanno tempo di pensare ad altro: debbono salvare la loro pelle e seppellire i morti.

Ma in futuro, a freddo, cercheranno i perché di troppi fatti inspiegabili: le bombe sparpagliate sul paese, senza una logica apparente; la traiettoria della picchiata, che ha attraversato il centro abitato; il mitragliamento finale; le sette case in fiamme, inermi, strategicamente insignificanti, ostentate come macabro bottino nel diario di volo degli incursori.

Le vittime potranno interpretare queste assurdità come frutto della smania del tenente Jandrell nel dimostrare che qualche danno è riuscito a combinarlo, per far carriera; a costo di raccontare qualche bomba.

Ma potranno anche pensare il peggio: la scelta di traiettorie fatali per i civili, le bombe disseminate, le mitragliate contro le mosche, il trofeo delle case in fiamme potrebbero essere i segni di un abominevole bombardamento terroristico(54)! Potrebbe apparire elusa la regola fondamentale del diritto bellico di preservare l'incolumità dei civili. Se così fosse stato, tutti i dodici apostoli avrebbero tradito Gesù -1'umanità - diventando complici della sua crocifissione.

Dodici Giuda! Con l'attenuante - per i singoli - di aver agito senza una propria volontà e, comunque, non per propria iniziativa.

 

25 aprile, / giorno di pretese glorie, / di grandezze discutibili e inesistenti per molti, / giorno di sconvolgimenti, di lutti e di rovine per altri. / Il paese inerme e indifeso. / La morte, precipitando e sibilando dal cielo, / si è saziata in pochi attimi, / con un'orgia di sangue di vittime innocenti. / Una nuvola nera ha avvolto Umbertide. / Quando è cessata l'empietà / cumuli di rovine / hanno cancellato i focolari, le case / e tanti amici e persone.

... come ombre sono svanite / da una realtà che ieri era / ed ora non esiste più. / Erano uomini, che volevano vivere / che avrebbero fatto a meno della guerra / e delle glorie e delle manie della Nazione. / Sono stati cancellati per gli errori degli altri / per le ubriacature di grandezza di una società sbagliata / che riduce schiavi e indifesi gli uomini / senza cura delle loro intenzioni, / libertà e volontà(55).

 

1) Fabrizio Boldrini.

2) Emma Gagliardini.

3) Romano Bambini.

4) Don Luigi Cozzari, lettera per il 1 ° anniversario.

5) Cesare Ceccacci, Renato Silvestrelli.

6) Vittima: Antonio Alunni Pierucci.

7) Umberto Tommasi.

8) Francesco Pierucci, 1921/22 - Violenze e crimini fascisti in Umbria, Tipografia Caldari, Umbertide, 1975, p. 42.

9) In alto: fotomontaggio di Valerio Rosi su disegno base di Adriano Bottaccioli, con immagine del cruscotto del P40 fornita da Andrea Gragnoli.

In basso: pianta d'Umbertide, con un bersaglio ancora diverso ed il fumo delle bombe già cadute.

10) In alto: fotomontaggio di Valerio Rosi su disegno base di Adriano Bottaccioli.

In basso: pianta d'Umbertide, con il bersaglio, la fiammata della undicesima coppia di bombe ed il fumo di quelle precedenti.

11)Avellino Giulianelli, Domenico Manuali.

12) Palmiro Santarelli.

13) Carlo Porrozzi.

14) Vittorio Tognaccini.

15) Mario Alpini.

16) Maria Pia Viglino.

17) Franco Villarini.

18) Maurizio Pucci.

19) Maria Zampa.

20) Dorina Galmacci.

21) Guerriero Gagliardini.

22) Sante Migliorati.

23) Guerriero Gagliardini.

24) Emma Gagliardini.

25) Ornella Bellarosa.

26) Ines Biti.

27) Franco Villarini.

28) Bruno Porrozzi, Umbertide ed il suo territorio, Associazione Pro Loco Umberride, 1983, p. 73.

29) Domenico Baldoni.

30) Giuseppe Lisetti.

31) Ramiro Nanni, Come io, Ramiro, vissi il bombardamento..., manoscritto del 1979.

32) Elena Boriosi.

33-34) Amedeo Faloci.

35) Lidia Tonanni.

36) Giuseppe Lisetti.

37) Vera Vibi.

38) Silvano Bernacchi.

39) Giorgio Toraci.

40) Bruno Burberi.

41) Luigi Braconi.

42) Mario Bartocci, manoscritto del 1986.

43) In alto: fotomontaggio di Valerio Rosi su disegno base di Adriano Bottaccioli. In basso: pianta d'Umbertide coperta interamente dal fumo delle bombe esplose.

44) Luigi Braconi.

45) Fabrizio Boldrini, Luigi Braconi.

46) Amelia Picciolli.

47) Bruno Tonanni.

48) Registro dell'Anagrafe comunale.

49) Lettera del tenente Mitcbell a Mario Tosti del marzo 1986. Belli lavori!, Comune di Umbertide, 1995, p. 53.

50) M.J. Martin, Neil D. Orpen, South African Forces World War II; Eagles victorious: operations of' the South African Forces, Air ops in Italy, Cape Town, Purnell, 1977.

51) Maddalena Rosi, "Tu", Concorso nazionale XXV aprile, Comune di Umbertide e Centro socio-culturale S. Francesco, 2002.

52) PRO: Public Record Office, London, Operation Record Book, Detail of work carried out, S.A.A.F., 239° stormo aereo "Wing DesertAir Force", 5° squadrone aereo; Tratto da: Mario Tosti (curatore), Belli lavori!, Comune di Umbertide, 1995, p. 50.

53) Edda Vetturini, "Memorie del tempo di guerra (Bastia Umbra 1940/45)", Atti - Accademia Properziana del Subasio - Assisi, Serie VI n. 22, 1994.

54) Sante Migliorati, Egino Villarini.

55) Olimpio Ciarapica, da una poesia del 1952.

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La terza e quarta ondata

LA PRIMA SOSTA

 

 

 

 

 

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L'ultimo aereo del primo quartetto si è ricongiunto agli altri, che continuano a girare sopra Romeggio. Indugiano(1), per valutare il risultato dell'attacco e riflettere sul da farsi.

L'uragano di sibili laceranti, seguiti da esplosioni(2), si è momentaneamente chetato.

Sono le 9 e 46.

 

Brizio (Boldrini), arrivato al mercato, all'angolo della casa di Broccatelli svolta verso la Fontesanta. Si gira, guardando verso il centro: dietro la rocca, una nube grande, grigia, densa ha ingoiato altre bombe che la gonfiano, stendendola sul paese. Sente il bisogno di sedersi: cominciano a tremargli le gambe; pian piano riprende fiato(3).

Seduta sul ciglio della strada la Lina (Foni Roselletti) disperata piange, strilla, invoca il marito noleggiatore: "Teo è `n piazza!". Cercano di consolarla, assicurandole che in piazza non c'erano automobili(4).

L'arciprete, Don Luigi, rannicchiato nel corridoio verso la sagrestia della Collegiata, tende l'orecchio, chiedendosi terrorizzato se la sequenza di scoppi delle bombe - cadute, or vicine ed or lontane - sia finita(5).

La Cesira (Romitelli), fuggita dal forno di Quadrio al primo scoppio, si era buttata a terra ad ogni picchiata, come le aveva suggerito il figlio(6); ora corre spedita verso casa.

Nello stesso modo Menco de Traversino (Domenico Traversini) fugge per l'alberata; aveva lasciato cadere la vanga nell'orto del sor Dino (Ramaccioni) ed era scappato verso la stazione, buttandosi a terra al sopraggiungere di ogni sibilo e riprendendo a correre dopo lo scoppio. È diretto verso il Migno-Migno, dove da poco si è accasato con la moglie(7).

 

Un rifugio più sicuro

Franco del Capoguardia (Anastasi) ha notato che le coppie di bombe cadono ad intervalli regolari, di circa trenta secondi l'una dall'altra(8); dopo tre colpi ha dedotto che, se il prossimo l'avesse risparmiato, avrebbe avuto il tempo di fuggire verso la torre. Da quel momento trenta secondi sono durati tre ore. Sentito l'ultimo boato poco distante, è fuggito dall'Ufficio del Dazio in Via Guidalotti fino alla torre, seguito da tutti gli altri(9). Anche il ricevitore si è convinto, pensando: "La testa di tutta la gente che fugge, ragiona certamente più della mia sola(10)". Sono stati fortunati, perché hanno deciso di scappare proprio al momento giusto, durante la tregua.

Il silenzio fra una bomba e l'altra, più prolungato dei precedenti, spinge all'aperto chiunque sia rimasto bloccato da quel rumore d'inferno: chi può scappa per la via più breve verso l'aria e la luce.

Altri cercano un posto più sicuro.

Tommasi, dalla cartoleria sottostante, urla all'Ornella (Duranti) ed alla Wilma (Borri) di scendere, per rifugiarsi nel locale a volte a piano terra. Le due bambine obbediscono, sebbene la sora Checca (Duranti) avesse da qualche tempo istruito la figlia, indicandole il muro maestro dove ripararsi(11).

 

Fuga dal cratere

Nell'ufficio postale sono tutti accalcati davanti all'uscita: clienti, impiegati e le Ceccarelli. La Menchina della Posta (Domenica Burzacchi Lotti), memore della raccomandazione del marito di ripararsi prima possibile in un luogo coperto da volte o archi o architravi, scappa verso il voltone di Via Grilli(12).

Le Ceccarelli corrono fuori nella direzione opposta, verso la Collegiata.

Gigetto (Gambucci) invece si ferma; ha ripensato al plico speciale contenente i soldi per gli stipendi dei maestri(13), che Peppe della Fascina (Giuseppe Venti) ha portato con il carretto dalla Stazione alla Posta(14); sale le scale per chiudere la cassaforte(15). Fuori del forno di Quadrio la gente fugge verso piazza, districandosi fra i detriti che ingombrano la strada: è come impazzita.

La Maria (Guasticchi Feligioni) - non immagina che suo marito, Bronzone, è sepolto a pochi metri da lei - chiede disperatamente aiuto per far scendere le scale al vecchio Lazzaro de Botaciólo, nella cui casa era stata ospitata insieme alla famiglia sfollata da Milano. Vede passare un suo amico - Baldo (Ubaldo Gambucci) - che, in mezzo a tutta quella confusione, non la sente(16).

II panico ha preso il sopravvento; ognuno diventa sordo, anche nel cervello, rispondendo all'istinto della sopravvivenza.

 

Controcorrente(17)

Luciano (Bebi) è sceso in fondo alle scale per verificare che rimanga libera la via d'uscita; precede la mamma che tarda a seguirlo. Il portone è incastrato. Dalla strada Amleto, il maresciallo di marina radiotelegrafista, gli urla di aprire la porta: "Apri... apri ...(18)". Dall'interno Luciano gli risponde che non ce la fa, perché è caduto qualcosa che ingombra 1'uscita(19). Intanto le figlie di Quadrio tentano di scappare dal retro in camicia da notte(20); il babbo sente le loro grida d'aiuto. Chiama tutti i Santi, ma nessuno risponde(21).

II radiotelegrafista sente delle urla provenienti dal portone accanto, verso la piazza. Sono i Capucìni - i genitori e la figlia Lidia (Mariotti) - che sono scesi dai piani superiori in fiamme e supplicano di aprire. Il portone è incastrato. Finalmente Amleto riesce a forzare l'apertura; li accompagna attraverso l'arco di Via Mancini e gli archi del macello di piazza(22) per infilarli tutti in via Alberti(23), fino alla Rocca(24).

Un biondino (Umberto Bellarosa), che fuggiva dalla "Tiberina" verso la Collegiata, arrivato davanti a Reggiani, non ha resistito dal tornare verso casa, controcorrente, in Via Mancini. Guarda sotto l'arco: la vecchia de Piandàna, con la tavola del pane sulla testa, va qua e là come una sonnambula, in mezzo alla polvere che oscura tutto(25).

Anche Giovannino (Migliorati) ha avuto l'istinto di tornare a casa sua, di fronte alle monache, dopo aver abbandonato il maestro ed i suoi compagni che sono fuggiti in direzione opposta, verso la stazione. Quando svolta verso Via Spoletini, qualcuno lo spinge dentro il portone della casa prima del passaggio a livello(26).

La Nina ed il marito, Valentino (Ciammarughi), stavano lavorando il campo vicino ai Ramaccioni, nei pressi del Tevere. Quando sono arrivate le bombe, il primo pensiero è stato quello di andare all'asilo delle monache, a poche decine di metri da casa, dove c'era la Pierina, la figlia. Sono corsi attraverso il campo per ricongiungersi alla bambina. Arrivati alla rete del giardino della scuola, lui non riesce a scavalcarla da quanto è sconvolto; la moglie gli rivolge qualche improperio mentre si inerpica sulla rete che, per il peso di entrambi, si adagia verso terra lasciandoli passare. Vedono subito la figlia che va verso di loro, tutta tranquilla, per nulla spaventata dal rumore e dalla confusione(28). Piange e grida, invece, un fiolino con i capelli rossi (Fausto Fagioli), perché la sua mamma non è venuta a prenderlo: sembra quasi che abbia il presentimento di averla persa, insieme alla sorella Franca(29).

Anche la Linda (Guardabassi), quando il ronzio degli aeroplani si è fatto più insistente, è fuggita in mezzo ai campi verso l'asilo delle monache dove aveva lasciato la figlia. Per la gran paura delle bombe sganciate sopra la testa, quando si è trovata di fronte alla gorga del Carbonaro è andata dritta e l'ha superata con un salto. Arrivata all'asilo, l'Imperia sua non si trova, fino a quando non scappa da sotto la sottana di suor Adele, dove ha trovato amplio rifugio(30).

 

 

 

 

 

 

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Fuga dalla periferia

Dai margini del centro storico tutti fuggono verso la campagna.

Il Boca e Spinelli non si sentono sicuri sotto il bancone nel bugigattolo da ciclista. Escono per fuggire verso la campagna. Il primo si dà a correre verso Peppolétta, a testa bassa; nota in terra una penna stilografica ma non la raccoglie, memore che a scuola hanno insegnato che può camuffare una bomba(33). Il secondo, che fugge accanto a lui, all'altezza della strada che da Via Roma porta alla stazione, per la velocità non riesce ad evitare un ciclista - Cannéto (Ruggero Bartolini) - che sta urlando: "Oddio i mi' fiulini!!". Tutti due ruzzolano per terra.

Lì vicino il Generale (Mario Giornelli), in piedi sopra il suo carro, frusta il mulo verso la campagna. Ennio (Montagnini) e Santino (Migliorati), che si sono riparati dietro il muro della casa della maestra Checca, chiamano Spinelli (Renato Silvestrelli). "Sdràiati come noialtri e sta pancia a terra". Lui obbedisce, cercando di assumere la posizione che hanno insegnato a scuola(34).

Umberto (Dominici) fugge verso la bottega da meccanico di Peppino (Rondoni), all'inizio di Via Roma, dove lavora suo fratello più piccino, Claudio; lo prende per mano; insieme corrono verso la Regghia unendosi alla moltitudine di gente terrorizzata che si riversa verso la campagna(35). La marea diventa sempre più impressionante(36).

Il terrore è così smisurato che la moglie di Misquicqueri (Nello Migliorati), fuggita da casa con la figlia Francesca di pochi mesi infagottata in una coperta, solo quando si è fermata verso il Roccolo, sfiatata per la corsa, si è accorta di aver perso per strada la sua creatura. Disperata, ripercorre il tragitto a ritroso fino a che non la ritrova, per terra: non ci sono bombe in grado di trattenerla(37).

È andata meglio a Maurizio, di un anno. Tutto spauràto, è stato involticchiàto in un panno dalla sorella - la Gianna (Feligioni), una giovane sarta - che lo porta in braccio correndo per la Piaggiola verso il mercato(38).

Per la stessa strada scappa l'Adriana (Ciarabelli), che era stata sorpresa dalle bombe dentro la trattoria di Ntonio de Ragno(39). Si unisce alla folla che corre verso la Madonna del Giglio, dove il babbo di Nellino de Pajalunga piange, disperandosi perché gli sono scappati i muli(40).

Al fosso di Santafede arriva tanta gente coperta di polvere ed insanguinata(41). Ogni stradello brulica di persone che giungono, trafelate e sconvolte, dalla piazza e dal mercato(42).

La Maria e la Santina de Pistulino (Tosti) sono tutte bianche, candide, dalla polvere(43).

La piccola Luciana de Zùmbola (Sonaglia) è stata gettata per terra da uno spostamento d'aria. Si è fatta male, ma la paura è più forte del dolore: si rialza e, voltatasi indietro, vede una grande nuvola bianca verso la piazza(44).

Celso (Mola) è arrivato in cima alla collina del Roccolo: ha corso lungo la Regghia, attraverso un campo di grano verde alto due palmi, con una camicina da notte bianca che gli sta corta; ha cercato di accucciarsi per nascondere le sue intimità, ma ogni scoppio successivo ha sciolto il pudore e lo ha spinto ad altri sgalànci(45).

Dalla zona della stazione, una ragazzina fugge lungo la strada delle querce che porta in direzione della pineta, fino al podere di Navarri. Seguendo le istruzioni impartite dal babbo, ha messo in tasca le catenine d'oro e caricato in spalla il prosciutto. Si butta nel fosso dove Marino de Caldaro ha il suo daffare per costringere la moglie Maria a stare accucciata: lei vuole tener la testa alzata per guardare, senza accorgersi che le formiche la stanno invadendo(46).

Rolando del Buffè, che era scappato con la madre dalla stazione, è già arrivato alla casa di Caldarelli(47).

 

Impotenti dalla periferia

Dalle periferie si assiste, impotenti, all'agonia del paese sconvolto dalle fiammate e dalle ventate roventi delle sue convulsioni.

Roberto Balducci, il medico condotto, è fuggito da casa sua nei pressi della stazione, verso i campi, in direzione di Civitella; ha preso la macchina fotografica, intuendo che si sta consumando la tragedia più terribile nella storia del paese.

Massimo (Valdambrini), un bambino riparato fra i due greppi in cui si incassa la Cupa verso Pinzaglia e Navarri, è ancora ammutolito per il tremendo spettacolo appena interrotto: i sibili delle bombe che ferivano le orecchie ed il cervello, gli schianti degli scoppi che facevano tremare tutto; i fischi delle schegge che arrivavano fin lassù; le sfumate ed i tavoloni che volavano in aria(48).

"Tenete giù la testa!", raccomandano a ripetizione gli insegnanti agli scolari che hanno fatto riparare dentro le piccole trincee scavate nel prato dietro le scuole elementari(49). Vicino a loro Bruno de Chiocca (Tarragoni), uscito dalla refezione dove sono rimasti tutti i suoi compagni, scruta in direzione della piazza, abbracciato al tronco del noce che lo ripara(50).

Dalla chiesa di Santa Maria i ragazzi dell'oratorio assistono attoniti, accucciati nel fosso fra il campetto da calcio e la casa di Pippo del Caporale (Renato Caporali). Don Giovanni (Dottarelli) li ha fatti riparare al di sotto del ciglio del campo, raccomandando di stare stesi con la pancia sollevata da terra(51). Danno ogni tanto qualche occhiata verso il paese che scompare sempre più, in mezzo a nubi di polvere. Guerriero de Schiupitìno (Gagliardini) guarda con il binocolo; suo fratello Peppino ha sentito sfiorare le punte dei capelli a spazzola dallo spostamento d'aria delle bombe(52) che brillavano e ruotavano prima di cadere(53).

Dalla loggia sulla collina, altri bambini si godono lo spettacolo, incuranti delle facce angosciate degli adulti(54).

Le ragazze della Simoncini scappate dall'Avviamento si sono messe per un po' al riparo di un greppo; la Zina (Corbucci) invece si è accovacciata in mezzo ad un campo e qualcuno le grida di muoversi di li, perché potrebbero vederla. Le portano dentro la stalla di Secondo, un contadino vicino al Tevere. La professoressa Ciangottini dice di stare calme e di pregare: allora si mettono a dire 1'Ave Maria, tutte insieme, a voce alta, o solo dentro di sé(55).

Altri ragazzi della stessa scuola, fuggiti attraverso l'arco della Piazza San Francesco, hanno cercato riparo dietro gli argini e nelle buche dei cavatori di rena, per ammirare dal sicuro gli aerei mentre facevano la picchiata da Civitella, sganciavano le bombe e risalivano al Corvatto, virando verso Montalto per ricongiungersi a tutti gli altri(56). Rodolfo (Panzarola), invece, si rende conto che lo spettacolo è quanto di più tragico possa accadere; prova angoscia e rabbia per questo scempio contro il suo paese(57). Emilio (Baldassarri) non va per il sottile e guada di corsa il fiume, per correre a casa verso il Niccone(58).

Nella sua casa in Piazza San Francesco, di fronte alla scuola, un ragazzo non è per niente impaurito; vorrebbe vedere cosa succede, ma la mamma non intende uscire dalle cantine di Ciammarughi, dove si sono rifugiati dopo aver sentito il gran frastuono e la sassaiola sopra il tetto. II figlio, impaziente e smanioso di vedere, cerca di convincerla con un sottile ricatto: "Si moro [se muoio], la colpa è la tua!". L'ha vinta: escono. Quando arrivano alla Caminella, trovano un gruppo di napoletani che urlano come ossessi(59).

L'Ermelinda (Rondoni Valdambrini) prega dietro l'argine di Secondo: ne ha ben ragione! Deve ringraziare Dio per essere riuscita, quando ha sentito il primo colpo, a scappare come `n lepre dalla tabaccheria di piazza, dove era andata a comprare il sale: la seconda bomba le è caduta dietro le spalle, mentre correva sopra il ponte della Regghia verso Piazza San Francesco. Appena accucciata dietro il riparo, ha sentito il fischio di una scheggia che si è schiantata a terra, sfiorandole la testa(60).

Dalle Ceramiche Rometti, Pietro (Corgnolini), un ragazzetto di sedici anni, ha visto gli aerei volteggiare in fila, uno dietro l'altro, piombare da levante sul paese e, nella risalita dopo la picchiata, scomparire dietro le fiammate e le nubi di fumo che salivano verso il cielo dopo l'esplosione. Non prova paura: non si sta rendendo conto di cosa stia accadendo e quali effetti possano seguire(61).

La Rina aveva preparato la torta per colazione, al podere di Palazzone, vicino alla chiusa di Gamboni; la stava spolverando dalla cenere sulla loggia, chiamando a raccolta gli uomini che zappavano il cìcio nell'orto. Al rumore degli aerei e delle bombe, era corsa alla finestra sul lato opposto della casa per guardare verso il centro. Assiste sgomenta allo sfacelo(62).

Don Luigi è fermo, in piedi, sulla porta della sagrestia(63). Si è affacciato per scrutare i movimenti degli aerei, ma si ritira subito quando li sente avvicinarsi di nuovo(64). L'arciprete non immagina che sono chiamati Kitryhawk, "falchi pellegrini": rabbrividirebbe al solo pensiero che ad un rapace possano essere attribuite le doti di un pellegrino.

Il treno che stava venendo da Pierantonio si è fermato, poco dopo i caselli del rettilineo. È pieno di gente: oltre agli studenti ci sono persone dirette ad una fiera in Alto Tevere. Tutti si sono precipitati fuori; la ressa è stata tale che qualcuno ha rotto i finestrini per uscire. Un maresciallo dei carabinieri si è appostato sopra una catasta di traverse: punta pateticamente in aria un "moschetto 91-38 con baionetta fissa" verso gli aerei che stanno di nuovo virando dalla cima di Montecorona per picchiare verso il centro di Umbertide, in direzione quasi parallela al rettilineo(65).

Difatti la squadriglia ha preso la sua decisione: un altro quartetto di uccelli d'acciaio, ognuno con la sua coppia di bombe da 500 libbre l'una(66), sta per infierire, subentrando a quello che è appena rientrato in formazione.

 

1) Luigi Gambucci.

2) Candido Palazzetti, Umbertide, Patronato Scolastico, Umbertide, 1958.

3-4) Fabrizio Boldrini.

5) Don Luigi Cozzari, lettera per il 1 ° anniversario.

6) Tita Romitelli.

7) Domenico Traversini.

8) Franco Anastasi, Ramiro Nanni, Come io, Ramiro, vissi il bombardamento.... manoscritto del 1979.

9) Franco Anastasi.

10) Luigi Gambucci.

11) Ornella Duranti.

12) Italo Lotti.

13) Luigi Gambucci.

14) Muzio Venti.

15) Luigi Gambucci.

16) Ines Guasticchi.

17) Giovanni Migliorati.

18) Adriana Fileni.

19) Francesco Martinelli.

20) Linda Micucci.

21) Adriana Fileni.

22) Domenico Mariotti.

23) Guerriero Boldrini.

24) Lidia Mariotti.

25) Umberto Bellarosa.

26) Giovanni Migliorati.

27) Foto gentilmente messa a disposizione da Adriana Fileni.

28) Piera Ciammarughi.

29) Concetta Mariotti.

30) Linda Micucci.

31-32) Foto gentilmente messa a disposizione da Adriana Fileni.

33) Bruno Vantaggi.

34) Renato Silvestrelli.

35) Umberto Dominici.

36) Luigi Carlini.

37) Anna Migliorati.

38) Gianna Feligioni.

39) Adriana Ciarabelli.

40) Emilio Gargagli.

41) Ada Locchi.

42 Luciana Sonaglia.

43) Italo Lotti.

44) Luciana Sonaglia.

45) Graziella Gagliardini.

46) Anna Bartocci.

47) Rolando Fiorucci.

48) Massimo Valdambrini.

49) Maria Duranti.

50) Bruno Tarragoni Alunni.

51) Giorgio Pacciarini.

52) Giuseppe Gagliardini.

53) Willemo Ramaccioni.

54) Angelo Chiavini. Testimonianza tratta da Ieri, oggi ... il filo della memoria, Centro di Aggregazione Lucignolo - Comitato della Memoria, Umbertide, 2003.

55) Margherita Tosti, manoscritto del 1985.

56) Giuseppe Golini.

57) Rodolfo Panzarola.

58) Giuseppe Golini.

59) Mario Distrutti.

60) Ermelinda Rondoni.

61) Pietro Corgnolini.

62) Rina Alunno Violini.

63) Maria Migliorati.

64) Don Luigi Cozzari, lettera per il 1° anniversario.

65) Rolando Tognellini.

66) Ramiro Nanni, Come io, Ramiro, vissi il bombardamento..., manoscritto del 1979.

 

 

 

LA SECONDA ONDATA(1)

 

Le nubi di polvere sollevate dalle prime quattro bombe,

cadute a nord dell'asse longitudinale del ponte, si sono

spostate verso sud-est, spinte da una leggera tramontana;

sono lievitate proprio sul punto più critico della picchiata.

Non è più visibile né il ponte ferroviario, né quelli della

strada nazionale sul Tevere e sulla Regghia. I piloti, che

avevano potuto vederli nitidamente al loro arrivo, ora

possono solo immaginarli sotto la coltre di fumo. Per

colpire l'obiettivo dovrebbero addentrarvisi: un salto nel

buio. Troppo rischioso! Occorre rinunciare a qualsiasi

bersaglio grosso della strada nazionale.

Il tenente Jandrell è irritato: ha fallito la missione proprio

nell'ultimo giorno in cui avrebbe voluto fregiarsi di un

successo come Ufficiale Comandante del Campo base.

Comanda di ripiegare su un nuovo obiettivo, anche di

minore importanza, purché visibile(2): può andar bene il

ponte sulla Regghia che collega la piazza alla Collegiata.

 

                                        Quinta scarica

Il capitano Spies, a largo giro, si è portato sopra la Serra, 

da dove inizia la picchiata.

Ramiro è giunto al liscio [al limite] della casa colonica

Fontesanta; pensa che il comandante della squadriglia

abbia ritardato la prosecuzione dell'attacco perché ha

visto molta gente che scappava via(3). Ma questa premura

è forse incompatibile con le precauzioni che i piloti

devono avere a tutela della loro pelle(5).

Il cacciabombardiere lascia cadere delle cose nere, simili

a supposte con la coda a becco(5), che colpiscono l'ala

orientale del palazzo delle Poste.

La Ines (Biti), lasciato il riparo del buzzo di conserva

nella bottega della Rosina de Pistulìno (Tosti), era appena

rientrata nel negozio di stoffe delle Fornaci. Stava per

prendere la borsa e le chiavi nella scrivania per chiudere la bottega ed andare via, nonostante il diniego della signorina Francesca (Fornaci), la Checchina. Da dietro la porta a vetri verso la piazza, vede crollare l'edificio della Posta: è investita da uno scoppio fortissimo, una ventata tremenda ed un gran fumo(9).

L'angolo fra la piazza e il vicolo di San Giovanni si sgretola, seppellendo Galeno, il barbiere, l'avventore forestiero ed i due Peppini apprendisti: il fiolo de Poggione(10) e `l Roscìno(11), biondo, riccio, con le sémbole sopra gli zigomi(12), che ha seguito dopo pochi attimi la sorte toccata a Fausto, il fratello maggiore che voleva andare in suo aiuto(13). Tutta la gente presente nel palazzo colpito era appena scesa in fondo alle scale dai piani sopra la barbieria(14).

Manca la mamma di Italo (Grandolini), che è andata alla messa(15).

 

 

 

 

 

 

 

 

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C'è la Lina (Violini), studentessa di matematica a Pisa, con il babbo Severino; l'onda d'urto le fa scoppiare il cuore. Il babbo, protetto da una trave, sente la stretta disperata della figlia(16) che spira abbracciata alle sue caviglie(17).

Lodina (Donnini), la moglie del capo ufficio della banca, è scesa dal piano ammezzato insieme alle sue creature - il figlio più piccolo in braccio e l'altro per mano(18) - ed alla Maria (Giovannoni), una giovinetta che l'aiuta in casa. I bambini muoiono subito(19), vicini alla mamma, che rimane quasi incolume. La ragazzina è sbalzata sotto il corpo della Lina(20).

Nella parte centrale del palazzo rimasta in piedi,

Gigetto (Luigi Gambucci) stava risalendo verso

la cassaforte dell'Ufficio Postale; davanti a lui le

bombe, cadute vicinissime, hanno divelto dai

cardini una finestra delle scale, che è rovinata

sul pianerottolo. Tutto è diventato nero; buio

completo. È il buio della morte che in quello

stesso momento ha ghermito il suo babbo Baldo

(Ubaldo Gambucci)(21), a poche decine di metri.

Per un attimo non è riuscito a fare quel passo in

più che ha portato in salvo un suo compagno di

fuga, dietro l'angolo di Via Stella. Il suo orologio

è stato bloccato dallo sciame di schegge

piccolissime che l'hanno investito, sull'istante

della morte: le 9 e 50(22).

Accanto a Baldo (Gambucci) muore il ragazzo di

vent' anni(24), forse ebreo, che si era appena separato

dal padre davanti all'Albergo Capponi dove sono ospiti(25).

A qualche metro giace la Virginia(27); insegnante di matematica.

Aveva cercato di unirsi alla fuga delle donne della famiglia

Ceccarelli(28), che sono state scaraventate dallo spostamento d'aria sul muro dei palazzi di fronte alla Posta, tutte colpite a morte(29).

 

Sesta stazione

Veronica asciuga il volto di Gesù

 

È una carneficina. Quante lacrime, su quanti volti, dovranno essere asciugate!

 

Miglior sorte è toccata a Picchiottino: la sua gabbia è

stata scaraventata dalla finestra a sotto il tavolino(30).

Occhieggia ammutolito; ancor meno degli uomini si

rende conto di cosa mai stia sconvolgendo il tranquillo

tran tran di verdone.

Un flacone di profumo è volato dalla barbieria di Galeno

per atterrare - miracolosamente intatto - sul tetto della

casa del sor Igi, al Corso(31).

La tempesta di polvere ha invaso la bottega di frutta

della Pierina in Via Alberti, oscurandola; allora Bruno

(Burberi) cerca scampo verso la Piaggiola(32).

 

                            Sesta scarica

​

                                                                   Settima stazione

                                                Gesù cade la seconda volta

 

Ormai chi è restato nel Borgo di San Giovanni si trova

definitivamente in trappola, chiuso dalle macerie in cima

ed in fondo al vicolo: può solo attendere la

fine della lotteria della morte. Tutto è avvolto nel fumo.

Luciano si sente intrappolato(33): cerca disperatamente

protezione riparando la testa dentro l'impastatrice del

pane, vicina al portone(34). Sopra di lui, il tenente Jooste

lascia cadere due ordigni che non centrano la casa ma,

precipitando sul vicolo di San Giovanni, la scalzano

dal basso(35): la terribile esplosione sventra il forno e

la bottega, su cui crollano i piani superiori.

Sopra la tomba dei giovani(36) atterrano gli anziani, attardati

nella fuga; Quadrio è caduto con il letto dai piani superiori,

planando sopra i detriti(37). Lui e la Fernanda, mamma di

Luciano (Bebi), sono solo feriti, coperti da poche macerie.

L'onda d'urto demolisce anche la casa a fianco del forno,

verso la piazza, e scava quella di fronte. Sotto la prima

muoiono, abbracciati(38), i coniugi(39) che gestiscono la

trattoria di Virgilio. Accucciata in un angolo è rimasta s

epolta la Bettina(40), che si era rifugiata da loro(41).

Dall'ultimo piano sprofonda sulla trattoria e finisce i suoi giorni la ricamatrice(42).

Nella casa di fronte muore l'Amalia, la bambina da poco tornata in paese dal gelido rifugio di San Cassiano. Spira tra le braccia del nonno, che è rimasto protetto sotto una trave(43). Perde la vita anche la nonna Marianna(44), con in tasca l'inseparabile cartina di tabacco da annusare(45).

 

                             Settima scarica

Un altro aereo, pilotato dal capitano Odenaal,

dopo una picchiata quasi parallela al rettilineo,

sgancia una coppiòla di bombe sopra la stazione,

che proseguono verso il centro e si schiantano in

Via Guidalotti, dietro la casa della maestra Elide

(Franchi), la moglie del direttore della banda

musicale(46).

È colpito l'incrocio fra Via Alberti ed il vicoletto 

che collega Via Guidalotti a Piazza delle Erbe:

si sbriciola la parte posteriore della casa dei Porrini(47)

e dei Marzani, dove muoiono abbracciati(48)

i coniugi Barbagianni(49).

Crollano gli angoli dell'osteria delle Balille e della

locanda della Venanzia(51). Qui si riversano anche

le macerie dell'edificio di fronte, imprigionando

quanti si erano radunati in fondo alle scale(52).

«I coniugi Franchi erano corsi via dalla cucina,

quando si erano visti cadere tutti i vetri addosso

per lo scoppio alla Posta; avevano preso la

fiola - la Giuliana, di un anno - dal seggiolone.

La borsa con i soldi, pronta su un chiodo dietro

la porta, era rimasta al suo posto. Si erano assiepati dietro

il portone, insieme agli avventori della locanda, terrorizzati.

Volevano scappare verso il mercato. Due soldati tedeschi

glielo avevano impedito, facendo capire che sarebbe stato troppo pericoloso.

L'Elvira (Nanni), che era salita a prendere la borsa, non ha fatto in tempo a riscendere ed è rimasta bloccata dalle macerie sul pianerottolo, sotto una trave che ha fatto capanna. È al secondo piano, nell'angolo crollato, verso piazza delle Erbe(53).

La Linda(54), sfollata da Torino con la sorella Mafalda, che lavora all'Ufficio Carte Annonarie del Comune(55), non ha inteso legge: voleva uscire a tutti i costi, perché aveva la figlia più grande, Silvana, a scuola. È riuscita a scappare, stringendo per mano il figlio più piccolo, Giancarlo, di tre anni. Ma è stata travolta, appena fuori del portone, dalle macerie. Da dentro il portone si sentono i lamenti del fiolo, vicino alla mamma che non dà segni di vita»(56).

 

Ottava stazione

Incontro fra Gesù e le donne di Gerusalemme

 

Le donne si battono il petto e fanno lamenti verso di Lui.

"Non piangete su di me. Piangete su voi stesse e sui vostri figli"(57).

 

La Linda non può più piangere, né su se stessa, né sui propri figli. Analogo destino è toccato ad un'altra donna, la moglie del macellaio(58).

Lei, la Maria, si era parlata dalla finestra di casa con Quinto, il marito, che era affacciato a quella del palazzo comunale, di fronte. All'arrivo degli aerei, aveva cercato di uscire da casa; l'Elvira (Caprini) aveva tentato di trattenerla, ma inutilmente. È passata, correndo da Via Alberti verso la piazza, davanti al negozio di scarpe di Via Grilli, mentre il proprietario, Lilo (Angelo Alpini), stava abbassando la serranda per proteggersi. Lui aveva cercato di tirarla per una mano: "'ndu gite, vinite [dove andate, venite] dentro, ché càdon le bombe!". Non c'era stato nulla da fare. "No! Ho da gì da la mi' Giovanna", aveva insistito lei, riprendendo la corsa verso le elementari, dove pensava che si trovasse la figlia maggiore(59). Non sapeva che l'avevano fatta riparare in casa della maestra Peppina, lì a due passi. Dopo pochi metri; la Maria è stata falciata proprio sotto il voltone: una scheggia(60) della bomba caduta all'angolo di piazza delle Erbe l'ha passata da parte a parte, ferendo anche la mamma di Chirico, il capo-deposito della ferrovia, che le stava alle spalle(61).

Il veterinario e la mamma del maestro Pino, appoggiati con le mani al muro, hanno protetto con il loro corpo l'Ornella e la Wilma da tutta la roba della cartoleria che cadeva per terra dagli scaffali(62).

Nel retrobottega del negozio di generi alimentari di Palchetti, a pochi metri dallo scoppio, tutto è diventato buio; sulle spalle di Nino (Egidio Grassini), sdraiato per terra come avevano insegnato a scuola, sono cadute pacche di lardo dal soffitto. Più volte aveva cercato di rialzarsi per uscire all’aperto sul retro, in piazza dell'Erbe, ma il sibilo delle bombe successive l'aveva bloccato a terra, come schiacciato dallo sconquasso della deflagrazione(63).

Lì vicino, altre persone, che erano state bloccate in

Comune, avevano cercato una via d'uscita attraverso

la legnaia che dà in Piazza delle Erbe; ma inutilmente,

perché la porta era incastrata. Lo spostamento d'aria

dell'ultima bomba ha spalancato la porta. Ne

approfittano subito per fuggire attraverso il voltone;

fra di loro Gigino (Fagioli), ferito alla fronte, ancora

non sa che ha perso moglie e figlia. Passano accanto

alla moglie di Pazzi, che sta chiedendo aiuto,

agonizzante; ma, presi dal terrore, non si fermano(64).

È a terra(65), appoggiata con la schiena sulla parete

vicino all'orinatoio; perde sangue(65) che cola

sull'intonaco del muro, lasciando tracce indelebili 

come monito per i sopravvissuti. La Maria non ha

più nemmeno la forza di parlare. Supplica con lo

sguardo una conoscente di portare in salvo la piccola

Gabriella, la figlia che ha in collo(67). È la Bistecca che

prende la figlia, aspettando il momento opportuno per

portarla in salvo verso la campagna(68). La Maria fa

capire che vorrebbe essere portata indietro, fuori del

voltone, dalla parte opposta dello scoppio. Lì sotto,

la Menchina della Posta ed altri, ripresisi dallo

stordimento(69), cercano di accontentarla, trascinando

il suo corpo greve fuori del voltone, in Via Grilli(70).

Anche la donna anziana che era stata ferita dalla stessa

scheggia, cerca di darsi da fare. Le chiedono di far più

forza, di tirare con entrambe le mani; lei risponde con

il suo accento napoletano: "Nun `o tengo cchiù

[non ce l'ho più]". Ha un braccio dilaniato(71).

 

                                     Ottava scarica

La coppiòla di bombe sganciata dal tenente Hooper cade

dietro alle macerie del forno di Quadrio e demolisce

la casa di Simonucci, il Ragioniere del Comune.

Rimangono seppelliti in fondo alla scala di Via Mariotti, verso il voltone, tutti quelli che vi si sono riparati dai piani superiori, pensando che fosse il luogo più sicuro. Inutilmente la Marinetta (Trotta) ha tentato di convincerli a scappare via(73). Muore la Bengasina(74) con la Polda, la ragazzina che l'aiuta nelle faccende di casa(75).

Vicino a loro, altre tre donne perdono la vita: la Gina, professoressa di lettere, solare, allegra, sorridente; la zia Esterina, rustica, scapeciàta, brontolona(76); la Giovannina, che era andata a lezione(77). II crollo travolge altri abitanti dell'edificio, ai piani superiori: una ricamatrice ed il figlio(78), rientrato da qualche giorno in licenza militare da Spoleto, in aviazione come fotografo ricognitore(79).

 

Amleto, che aveva inutilmente tentato di mettersi in contatto con i suoi dal vicolo di San Giovanni, non è potuto più ritornare verso l'ingresso del forno, perché una montagna di macerie impediva ormai di accedervi dalla piazza. Allora ha cercato di entrare dal retro della casa, attraverso l'arco dove c'è la scala di Maurino (Luigi Fagioli). È caduto(80) lì, colpito da un cornicione(81). Un eroe(82). Prima si è sacrificato per gli altri, portandoli in salvo. Poi ha pensato, invano, anche alla sua famiglia. Alla fine è caduto, come Gesù, che ha redento tutti gli uomini.

 

Nona stazione

Gesù cade per la terza volta

 

Nella parrucchieria vicina, dove la Gina (Borgarelli) cercava consolazione al suo terrore ogni volta che c'erano gli allarmi, la Velia si è rannicchiata sotto un arco, impotente di fronte alle fiammate ed alle folate di polvere sprigionate dal cratere di Via Mariotti, attraverso la porticina verso il retro del Corso(83). Quando sono cadute le prime bombe stava lavando la testa all'Elisa (Pucci)(84). La Loredana (Trentini) era in attesa di fare i capelli, obbedendo alla mamma che da qualche giorno la rimproverava: "Me sembri `na capeciòna, con tutti `sti ciùrci". Sono rimaste tutte paralizzate dal frastuono tremendo degli aerei e dai vetri della porta caduti a terra(85).

La parete esterna del palazzo sul retro della parrucchieria, collegata alla casa di Simonucci attraverso un passaggio sopra l'arco, è crollata, facendo precipitare la cucina della Tilde, moglie di Parigi (Giovanni Miccioni). Per fortuna lei era andata a scolare i lupini al gabinetto, verso il Corso, invece che sul lavandino della cucina, come sempre(86).

 

La seconda sosta

Anche il secondo quartetto di velivoli si è ricongiunto alla formazione.

Sono le 9 e 51.

La tempesta si è scatenata sei minuti fa. La nube di polvere ha invaso tutto il centro storico; lassù, dalle carlinghe, non si vede più niente. Il tenente Jandrell capisce che la missione è compromessa. Si consulta con gli altri piloti.

I pareri concitati per decidere sul da farsi, scambiati attraverso le radio, concedono una tregua più lunga(87): a terra, ne approfitta chi può.

Nello stesso momento a Città di Castello muggisce 1'allarme(88).

 

Dal cratere

La Velia, vede che dalla farmacia di fronte non si muove nessuno; rimane rannicchiata sotto un arco della parrucchiera, cercando di accovacciarsi ancor di più(89). Invece la Loredana (Trentini) e l'Elisa (Pucci), approfittando del prolungarsi della quiete, abbandonano il locale a volte.

La prima scappa via, verso la Piaggiola, schivando una donna con una cricca di capelli dietro la testa, a terra lì al voltone, che sembra morta. È la moglie di Pazzi. Non può evitare di pestarla la Dina (Galmacci) che, approfittando del momentaneo silenzio, arriva di corsa dal voltone, dopo essere fuggita dal retrobottega di Palchetti, in piazza delle Erbe(90).

L'Elisa fugge in direzione opposta, verso la Collegiata. Menchino (Domenico Pucci), cugino del marito, la vede correre con i bigodini in testa in direzione di casa, nell'istinto di ricongiungersi al figlio Franco, di pochi mesi; la fa entrare nella barbieria di Palazzoli all'angolo del palazzo Reggiani, già piena di gente, tirandola per un braccio: "Dove vai? Non vedi che cadono bombe dappertutto!"(91).

Altri si rifugiano nei negozi adiacenti alla barbieria, dove 1'Eusebia vende i cocci e la Grattasassi le stoffe(92). Di fronte, all'inizio del ponte verso la Piazza, dove era il distributore di benzina della Shell di Tonino (Grilli), alcuni soldati tedeschi sono scesi da un camion. Urlano: "Korrere! Korrere!"(93).

Nel lato opposto della piazza, alcuni degli scolari acquattati dietro la Collegiata se la danno a gambe, ciascuno verso casa sua.

Un altro ragazzino, spaventato dalle tegole cadute dappertutto, scappa dal sottoscale del Boca verso la piattaforma; passa vicino ad un tedesco che impreca puntando la pistola verso il cielo. Si butta in mezzo al campo di grano vicino, per paura che i piloti si accorgano delle intenzioni del soldato e gli sparino contro(94).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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I bambini

Tanti bambini hanno assistito sconcertati al finimondo(95).

Quando ha visto il primo aereo sopra la piazza sganciare cose che assomigliavano alle saponette da barba, quelle cilindriche, Simonello (Simonelli) si è sentito trascinare dalla mamma Giuseppa (Migliorati) dentro il portone della maestra Lina (Barbagianni). Vi si è riparata un'altra ventina di persone. Molti hanno pregato. Il babbo Giovanni non ha fatto altro che gridare "Calma, calma" intercalando bestemmie, mentre richiudeva la porta che si spalancava ad ogni scoppio. Simonello ha chiesto più volte: "Mamma, moriremo?", ma non ha avuto tanta paura, perché si è sentito al sicuro sotto la sua pancia sporgente per la sorellina che sta per nascere(96).

In braccio ad un adulto, di fronte ad una finestra in Via Roma, Maurizio (Burelli), che ha da poco compiuto due anni, ha appena impresso nella mente l'immagine indelebile di un aereo minaccioso e di un frastuono terrorizzante(97).

Ad ogni scoppio di bomba, la piccola Laura è sobbalzata sul letto, insieme al batuscio di una finestra(98).

Piange un'altra ragazzina, la Dora (Silvestrelli); finora ha tremato dalla paura, come la sua casa del Corso dove è riparata(99).

Peppe (Magrini) è a letto - ha la febbre - ed ascolta, immobile e ad occhi sgranati(100).

In un fondo di Via Soli, a poche decine di metri dal cratere, sul ciglio di una damigiana impagliata, è seduto Quinto de Pistulino (Tosti), che sorregge il figlio di venti mesi. Lo tiene a penzolòni fra le gambe, stringendogli il petto con le mani, per proteggerlo dai boati impressionanti che fanno vibrare tutto, fin nelle viscere(101).

Un fungo, enorme, di fumo ha inghiottito il paese e si innalza sempre più in alto(102); è sospinto dal vento verso "l'alberata" [Via Cesare Battisti], lo stabilimento dei Tabacchi, il Tevere(103).

Eppure, c'è ancora qualcuno che rifiuta di accettare la tragedia: Santino deve convincere a forza la mamma Ida, bidella all'asilo, a ripararsi all'interno; lei si sta attardando a ritirare le cocce di fiori dalle finestre per il timore che, cadendo, si rovinino(104).

Nel cratere di San Giovanni la notte è scesa dappertutto; anzitempo. Chi non è già morto, riesce a malapena a respirare per la polvere ed i detriti. Aspetta la fine(105).

 

1) Gianna Feligioni.

2) Avellino Giulianelli.

3) Ramiro Nanni, Come io, Ramiro, vissi il bombardamento..., manoscritto del 1979.

4) Giuseppe Cozzari.

5) Marinella Roselli.

6 In alto: fotomontaggio di Valerio Rosi su disegno base di Adriano Bottaccioli. In basso: pianta d'Umbertide, con il fumo delle bombe già cadute.

7) In alto a sinistra: fotomontaggio di Valerio Rosi su disegno base di Adriano Bottaccioli, con immagine del cruscotto del P40 fornita da Andrea Gragnoli.

In basso a sinistra: pianta d'Umbertide, con il bersaglio ed il fumo delle bombe già cadute.

8) In alto a destra: fotomontaggio di Valerio Rosi su disegno base di Adriano Bottaccioli.

In basso a destra: pianta d'Umbertide, con il bersaglio, la fiammata della quinta coppia di bombe ed il fumo di quelle precedenti.

9) Ines Biti.

10) Annunziata Caldari.

11) Maria Luisa Rapo.

12) Classe III E, Scuola Media Statale Mavarelli-Pascoli, Voci della memoria, Comune di Umbertide e Centro Culturale San Francesco, Umbertide, 2002.

13) Italo Ciocchetti.

14) Vittime: Galeno Monfeli, Mario Arrunategni Rivas, Giuseppe Ciocchetti, Giuseppe Pierini.

15) Francesco Martinelli.

16 Vittima: Lina Violini.

17) Margherita Violini.

18) Elda Villarini.

19) Vittime: Domenico Donnini, Gianfranco Donnini.

20) Maria Giovannoni.

21) Vittima: Ubaldo Gambucci.

22) Luigi Gambucci.

23) Fotografia gentilmente messa disposizione da Luigi Gambucci.

L'orologio è stato recuperato dal taschino del babbo Ubaldo, vittima del bombardamento.

24) Vittima: Licinio Leonessa.

25) Franco Caldari.

26) In alto: fotomontaggio di Valerio Rosi su disegno base di Adriano Bottaccioli.

In basso: pianta d'Umbertide, con il bersaglio, la fiammata della sesta coppia di bombe ed il fumo di quelle precedenti.

27) Vittima: Virginia Cozzari.

28) Dina Bebi.

29) Vittime: Elda Bebi, Marianella Ceccarelli, Rosanna Ceccarelli, Giulia Bartoccioli.

30) Ornella Duranti, Margherita Tosti.

31) Giovanni Angioletti.

32) Bruno Burberi.

33) Francesco Martinelli.

34) Fernanda Martinelli.

35)' Domenico Mariotti.

36) Vittime: Luciano Bebi, Maria Domenica Bebi, Tecla Bebi, Anna Banelli.

37)Adriana Fileni, Domenico Mariotti.

38) Pia Galmacci.

39) Vittime: Veronica Cozzari, Realino Galmacci.

40) Vittima: Elisabetta Boldrini.

41) Dorina Galmacci.

42) Vittima: Assunta Porrini.

43) Mario Cambiotti.

44) Vittime: Amalia Cambiotti, Marianna Mastriforti.

45) Maria Luisa Rapo.

46) Bruno Tonanni.

47) Sergio Celestini.

48) Maddalena Maria Marzani.

49) Vittime: Antonio Barbagianni, Zarelia Tognaccini.

50) In alto: fotomontaggio di Valerio Rosi su disegno base di Adriano Bottaccioli.

In basso: pianta d'Umbertide, con il bersaglio, la fiammata della settima coppia di bombe ed il fumo di quelle precedenti.

51) Fausta Olimpia Pieroni.

52-53) Walter Biagioli.

54) Vittima: Rosalinda Renga.

55) Piera Bruni.

56) Maria Chiasserini.

57) Luca 23, 28.

58) Sergio Celestini.

59) Mario Alpini.

60) Mario Alpini, Annunziata Caldari.

61) Giovanna Pazzi.

62) Ornella Duranti.

63) Egidio Grassini.

64) Giuseppa Ceccarelli.

65) Vittima: Maria Renzini.

66) Ramnusia Nanni.

67) Paola Banelli.

68) Giovanna Pazzi.

69) Italo Lotti.

70) Mario Alpini, Sergio Celestini.

71) Italo Lotti.

72) In alto: fotomontaggio di Valerio Rosi su disegno base di Adriano Bottaccioli.

In basso: pianta d'Umbertide, con il bersaglio, la fiammata dell'ottava coppia di bombe ed il fumo di quelle precedenti.

73) Gioia Simonucci.

74)Elena Boriosi.

75) Vittime: Bengasina Renato, Elvira Mortini.

76) Classe III E, Scuola Media Statale Mavarelli-Pascoli, Voci della memoria, Comune di Umbertide e Centro Culturale San Francesco, Umbertide, 2002.

77) Vittime: Armede Gina Borgarelli, Ester Borgarelli, Giovanna Pambuffetti.

78) Vittime: Neodemia Barattini, Mario Scartocci.

79) Classe III E, Scuola Media Statale Mavarelli-Pascoli, Voci della memoria, Comune di Umbertide e Centro Culturale San Francesco, Umbertide, 2002; Fernando Scartocci.

80) Vittima: Amleto Banelli.

81) Domenico Mariotti.

82) Elio Caldari.

83) Velia Nanni.

84) Elisa Manarini.

85) Loredana Trentini.

86) Giuseppina Miccioni.

87) Domenico Manuali.

88) Alvaro Tacchini (curatore), Venanzio Gabriotti - Diario, Istituto di Storia Politica e Sociale Venanzio Gabriotti, Petruzzi Editore, Città di Castello, 1998, p. 192.

89) Velia Nanni.

90) Dorina Galmacci.

91) Elisa Manarini.

92) Celestino Filippi.

93) Maria Migliorati.

94) Luigi Guiducci.

95) Giuseppe Magrini.

96) Simonello Simonelli.

97) Maurizio Burelli.

98) Laura Corbucci.

99 Dora Silvestrelli.

100) Giuseppe Magrini.

101) Mario Tosti.

102) Renato Silvestrelli.

103) Sergio Ceccacci.

104) Sante Migliorati.

105) Silvano Bernacchi, Vera Vibi.

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