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LA STORIA DELL’AVIS DI UMBERTIDE DAL 1959 AL 1995

 

Dal libro di Roberto Sciurpa “Il sangue della Fratta”



 

 

a cura di Fabio Mariotti

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I PIONIERI

 

Il fondatore

Nell'estate del 1959 l'argomento in discussione presso i bar cittadini e gli altri luoghi d'incontro si incentrava sicuramente sul processo dell'anno: il delitto Fenaroli, commesso nel settembre del '58, ma i cui clamorosi risvolti stavano venendo alla luce in quel periodo.

Se ne parlava in tutta Italia, con i soliti schieramenti fra innocentisti e colpevolisti, come sempre accade nei processi clamorosi e indiziari. Ma ad Umbertide c'era motivo di maggiore interesse. Se l'uccisione della moglie non è un esercizio usuale, e quindi fa notizia da sola, a sostegno determinante della tesi accusatoria intervenne una teste di origine umbertidese e residente a Roma.

Tanto enigmatico risultò quel processo, conclusosi con la condanna all'ergastolo di Fenaroli e Ghiani, da aver strascichi, a dir poco inquietanti, anche ai nostri giorni se le rivelazioni riportate da Antonio Padellaro, nel suo libro “Non aprite agli assassini”, avessero un fondamento attendibile.

Ma c'era anche chi pensava ad altro.

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Mariano Migliorati, oltre a svolgere la propria attività di medico condotto del Comune, prestava servizio presso l'ospedale locale in qualità di chirurgo e ginecologo.

L'ospedale di Umbertide, già durante il fascismo, era stato declassato a infermeria e questo suo status era ancora in vigore. Non avendo, pertanto, un organico proprio, si avvaleva dell'opera dei medici condotti su esplicito e formale incarico dell'Amministrazione Comunale. Solo nel 1969 sarà riclassificato a rango di ospedale con la conseguente predisposizione di un organico proprio e con la possibilità di programmare adeguamenti e ampliamenti che sono anche oggi visibili.

Il dottor Migliorati era un tipo burbero in apparenza, ma bonario, disponibile e generoso nella sostanza. Sapeva unire àlla calma e alla riflessività del carattere una capacità decisionale e operativa degna di tutto rispetto. Ascoltava con pazienza, mentre scrutava con uno sguardo penetrante e comprensivo che non metteva mai a disagio. Per queste sue doti umane, oltre che per quelle professionali di altissimo livello, infondeva fiducia e sicurezza ed era apprezzato da tutta la cittadinanza umbertidese.

Non a caso, subito dopo la Liberazione, fu nominato "Sindaco" della città: il primo, dopo l'era fascista. Il documento ufficiale del Governatore Militare Alleato, che aveva giurisdizione sulla zona, è molto sbrigativo. Si limita a dire che Mariano Migliorati fu nominato nella prima settimana successiva alla Liberazione di Umbertide, che avvenne il 5 luglio 1944. Pertanto la sua nomina e il suo insediamento si collocano tra il 6 e il 12 luglio 1944. Aveva 32 anni; era nato il 9 settembre del 1912.

Rimase in carica solo pochi mesi e si dimise il 2 settembre 1944 per ricoprire l'incarico di primario di chirurgia presso l'ospedale di Umbertide, funzione incompatibile con quella di sindaco in quanto, per i motivi già esposti, si sarebbe trovato nella condizione di controllore e controllato.

Il Governatore Militare Alleato scrive testualmente che tale incarico era conferito per desiderio della popolazione. È una espressione eloquente che indica tre cose: la scelta del trentaduenne sindaco era stata oculata, trattandosi di un personaggio molto popolare e stimato; le sue dimissioni non erano legate a dissensi; il giovane medico godeva di un apprezzamento professionale tale da essere preferito nella veste insostituibile di chirurgo, anziché in quella avvicendabile di rappresentante della comunità.

Migliorati non dimostrò attaccamento alla poltrona e scelse, senza esitazione, l'attività professionale, come tutti coloro che una professione ce l'hanno, l'amano e la onorano.

Rimarrà all'ospedale a lungo, finché questo non sarà riclassificato nel 1969.

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Nell'estate del 1959, accortosi della assoluta necessità di sangue, grazie anche alla professione esercitata, si fece promotore di un comitato per costituire un primo nucleo di donatori che potesse fronteggiare le emergenze dell'ospedale di Umbertide. I componenti del Comitato, oltre a lui che ne era l'anima, furono Raffaele Mancini, Lamberto Beatini, Marta Gandin e Aurelia Nocioni.

Agli inizi si trattò di un lavoro difficile, sia sul piano del proselitismo che su quello organizzativo, come sempre accade nella creazione del nuovo, ma la tenacia e la saggezza del Dottor Mario e dei suoi collaboratori vinsero ogni ostacolo.

Strada facendo, prendeva sempre più corpo l'idea di fondare una vera e propria sezione le cui finalità andassero oltre i confini locali. In questo progetto si impegnò molto, fino a quel 29 ottobre 1969, quando, durante la visita ad un suo paziente a Niccone, si accorse che il malore improvvisamente avvertito, sarebbe stato letale. Fu vano ogni tentativo di soccorso. Se ne andò alla svelta, senza disturbare nessuno, lui che nella vita e nella professione aveva scelto di essere disturbato.

Di Mariano Migliorati, primo sindaco della città dopo la Liberazione, medico apprezzato e benvoluto, ginecologo valente, chirurgo imposto dal desiderio della popolazione, fondatore della sezione AVIS, si ricordano solo gli anziani, anche per qualche sua pronta e felice battuta, e tra qualche anno sarà coperto dall'oblio totale. I più giovani, senza loro colpa, non sanno chi fosse.

Nella repentina e voluminosa espansione urbanistica della nostra città e nell'ampio repertorio della toponomastica stradale che si è dovuto improntare, non un vicoletto, non un'aiuola portano il suo nome. (N.d.r. - Dopo la pubblicazione di questo volume gli è stata dedicata una via nella zona di espansione della città verso le Fontanelle).

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Le intitolazioni delle strade non rispondono solo a criteri amministrativi e logistici tanto meno servono ai morti ché non risulta ne facciano motivo di orgoglio o di ostentazione con altri. Esse hanno un significato per i vivi come testimonianza di un valore, documento di una realtà, messaggio di un'attualità perenne, gratitudine per un operato notevole. Diventa arduo, perciò, comprendere la logica ispiratrice, almeno di una parte, della toponomastica stradale di Umbertide e di certi sistematici e voluti silenzi che, in una piccola comunità, sono poco giustificabili e molto eloquenti.

Sette strade sono intitolate a regioni italiane (Umbria, Toscana, Piemonte, Marche, Lazio, Lombardia e Calabria) e undici a città (Siena, Perugia, Bologna, Roma, Firenze, Venezia, Novara, Pisa, Genova, Napoli e Torino). Ad una riflessione immediata, sembrerebbe trasparire una mal celata predilezione della comunità umbertidese per il centro nord d'Italia. Si sono scomodati i fiori (azalee e gerani) e i numeri ordinali (3° - 5° - 23° - 28° - 33° - 50° strada), come nelle metropoli americane, grandi sì, ma povere di storia. Mi fermo qui.

Così facendo si inaridisce la memoria e si trascura la doverosa e riconoscente unione con quegli esempi che devono legare il passato al presente. A meno che, i preposti di turno alla gestione della cosa pubblica, non abbiano la modestia e la certezza di ritenere che la storia incominci con loro.

Non ho conosciuto Bruto Boldrini, ma dovrebbe essere stato un uomo equilibrato e generoso, oltre che un amministratore presente, saggio e apprezzato per essere l'unico umbertidese contemporaneo ad avere una strada intitolata al suo nome. Me ne compiaccio, ma l'eccezione conferma la regola.

In una delle sale dell'AVIS, appesa ad una parete, c'è la fotografia incorniciata del Dottor Migliorati, con una espressione che accenna ad un sottile sorriso e con il solito sguardo sereno e penetrante. Ogni volta che la osservo mi vengono in mente i versi di una poesia di Trilussa scritta nel 1942 e carica di amara ironia sulla società del tempo. Si intitola Lómo inutile e descrive le sensazioni del poeta per bocca di un feto, sotto spirito, che ha una mano attaccata al naso:

“ma invece me ne sto drento ar museo, guardo la gente e faccio marameo.…”.

Il Dottor Mariano Migliorati non è stato inutile, anche se è rinchiuso nel museo dell'oblio.

 

Il comitato

I comitati hanno una funzione provvisoria, finalizzata al raggiungimento di un obiettivo o alla costituzione di organismi stabili e definitivi che possano perseguire le mete stabilite e impostare l'idoneo assetto organizzativo. Con questo intendimento il Comitato, costituito da Mariano Migliorati, si mise al lavoro in quell'estate del 1959.

I suoi componenti erano personaggi noti e credibili nell'ambiente cittadino, impegnati in un'attività professionale che li aveva imposti all'attenzione e alla stima della popolazione. Marta Gandin e Aurelia Nocioni erano le due Presidi, rispettivamente della Scuola Media "G. Pascoli" e dell'Avviamento Professionale "Mavarelli"; Raffaele Mancini e Lamberto Beatini, due insegnanti elementari. Beatini era segretario del primo Circolo Didattico di Umbertide; Mancini lo diventerà del secondo, qualche anno dopo, appena verrà istituito.

Aurelia Nocioni, generosa e capace, sensibile alle problematiche sociali e disponibile allo spirito di servizio, che già praticava con i ragazzi nella sua attività professionale, profuse energie e passione in questo lavoro. Marta Gandin, decisa e volitiva, non fu da meno, e nel rigore ricco di umanità, unito allo spiccato senso del dovere, che l'ha sempre distinta, ripropose quei valori familiari che già furono testimoniati dal fratello di suo padre, quel Generale Antonio Gandin, Medaglia d'Oro, Comandante della Divisione Acqui, che il 24 settembre 1943 fu trucidato dai Tedeschi, assieme a cinquemila soldati, nell'eccidio dell'isola di Cefalonia.

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Lamberto Beatini, il gigante buono, rappresenta la continuità storica. Fu presente allora, nella fase costitutiva dell'AVIS, ed è presente adesso nella vita della sezione, come membro del Direttivo, di cui ha sempre fatto parte fin dalla sua costituzione in diversi ruoli, compreso quello di Presidente. Di lui l'AVIS non si libererà facilmente, per fortuna, e lo incontreremo in seguito.

Raffaele Mancini non solo fu il segretario del comitato, ma anche il braccio destro del Dottor Migliorati, e in quel periodo ricopriva la carica di consigliere del comune e dell'ospedale. Nella fase iniziale, la sua opera è stata determinante.

Giova ricordare che l'ospedale di Umbertide era stato declassato a infermeria e per una sua riqualificazione a ente ospedaliero di terza categoria, occorreva un sostanziale potenziamento dei due reparti infermieristici (medicina e chirurgia) allora esistenti, con la creazione di servizi ausiliari, l'aumento delle degenze e l'ampliamento edilizio. Questo obiettivo incominciò ad essere perseguito con grande tenacia fin dal 1952 con l'Amministrazione Benedetto Guardabassi e continuò poi con quella di Alessandro Renzini fino al 1969, quando l'ambito riconoscimento fu formalmente accordato.

L'ospedale e la cittadinanza umbertidesi devono molto a Renzini, Guardabassi e Mancini perché fu proprio alla loro insistenza e al loro personale sacrificio se il nostro nosocomio ottenne la riqualificazione desiderata. Naturalmente, come sempre avviene tra gli umani, a cose fatte, tutto appare facile, dovuto e scontato e per dirla con un proverbio agreste, molto significativo, fatta 1a gabbia, morto l'uccello. Coloro che più di tutti avevano lavorato per raggiungere il traguardo e la cui docilità era stata indurita dagli ostacoli incontrati e superati, non gustarono a lungo il successo poiché furono accantonati per opportuno avvicendamento.

Tra i servizi ausiliari da attivare fu preso in considerazione anche quello dei donatori di sangue. Mancini mira a un duplice scopo: quello del potenziamento dell'ospedale per i motivi in precedenza esposti e l'altro di costituire a Umbertide un servizio di alto valore sociale e umano che era quanto mai prezioso per eventuali emergenze ospedaliere.

Ho parlato a lungo con Mancini, il quale oltre ad avere una memoria fresca degli avvenimenti passati, dispone anche di un buon archivio personale sulle vicende amministrative di cui è stato protagonista. E racconta:

"Il dottor Migliorati, che veniva da una seria esperienza fatta a Milano, capì subito la grande importanza che poteva avere un nucleo di donatori locali e, pertanto, si mise alacremente all'opera.

Il Consiglio di Amministrazione dell'Ente (l'ospedale), in perfetto accordo sull'iniziativa, mise a disposizione del Migliorati, per gli atti burocratici occorrenti, la propria segreteria amministrativa e invitò me a seguire da vicino l'interessante tentativo.

Il medico mi sottopose subito i problemi più urgenti da affrontare, quali:

- la possibilità di visitare nel poliambulatorio del nosocomio i volontari che intendevano iscriversi;

- un locale dove tenere le cartelle sanitarie e lo schedario delle visite;

- l’acquisto del materiale necessario per gli adempimenti burocratici.

Fu così che, con il beneplacito del Presidente e del Consiglio, che intuirono anch’essi l’enorme importanza della creazione di un gruppo di donatori a disposizione della nostra struttura sanitaria (non solo per il riconoscimento giuridico dell'ospedale, ma specialmente per la difesa della salute dei cittadini), affiancai, per la parte burocratica del lavoro, il Dr. Migliorati e i suoi primi collaboratori: il Maestro Lamberto Beatini, 1a Preside della Scuola Media, Prof.ssa Marta Gandin e la Preside dell'Avviamento Professionale, Prof.ssa Aurelia Nocioni e qualche altro volenteroso di cui ora mi sfugge il nome.

Mi misi a completa disposizione del medico per svolgere le funzioni di segretario e per stilare le prime cartelle dei donatori. Feci adattare un piccolo locale nel mezzanino del nosocomio dove vennero conservate le cartelle ed altro materiale inerente al nascente servizio.

Nacque, così, in forma spontanea, ma improntata a grande serietà, il primo nucleo dei Volontari che doveva dar vita, poi, alla Sezione AVIS di Umbertide, la cui importanza e la cui disponibilità sono ancor oggi citate a modello di solidarietà ed altruismo nel momento del bisogno, ed anche come modello di efficienza organizzativa.

Credo di poter affermare che, se nel 1969 l'infermeria di Umbertide poté essere riclassificata Ente Ospedaliero di terza categoria, questo lo si deve anche alla creazione della nostra AVIS, quale organo di supporto di primaria importanza al presidio sanitario".

Il sostegno logistico e burocratico, dunque, per i primi anni, è assicurato da Mancini in nome e per conto dell'Amministrazione ospedaliera, mentre gli altri componenti del Comitato svolgevano opera di proselitismo per un genere di volontariato che non era così noto e diffuso, come lo è oggi.

Nella fatica dei primi momenti, ci sono anche alcuni episodi piacevoli. Ne cito uno.

Durante la visita, accurata e meticolosa, il Dott. Migliorati chiese a un aspirante donatore se avesse mai avuto la parotite. L'interessato, che aveva poca dimestichezza con la terminologia medica perché faceva il tipografo, chiese che roba fosse la parotite e il medico chiarì che si trattava degli orecchioni. Il tipografo, noto per avere i padiglioni auricolari non proprio ridotti, rispose con prontezza: "Ah, con quelli ce so' nato!".

Il seme era ormai gettato, e in un terreno fertile. Questo piccolo nucleo di borghesi, per usare una terminologia allora più in voga di adesso, aveva creato le premesse di un'associazione del volontariato tra le più urgenti e indispensabili per soccorrere la vita e alimentare la speranza.

Bisogna prendere atto che il mondo della scuola è in prima fila. Questa scuola, come un fiume carsico, appare solo nei momenti di acuta crisi sociale quale imputata di omissioni e di insensibilità, che appartengono in genere ad altri, ma è sempre presente in modo felice e creativo anche quando, nascosta e silenziosa, percorre il suo corso.

Alla fine di quell'anno i Soci dell'AVIS erano sette.

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I magnifici sette

Il Comitato incominciò l'opera di ricerca dei volontari partendo dalle persone conosciute che risiedevano a Umbertide, seguendo un percorso centrifugo. Non si dimentichi la situazione demografica e sociale della città e dintorni, descritta in precedenza, perché la storia dell'AVIS è strettamente legata all'evoluzione di quel fattore.

Man mano che il capoluogo del comune si espande, cresce anche il numero delle adesioni e delle donazioni.

Il fenomeno si ripropone anche oggi, nel settore giovanile, nel senso che gli insediamenti delle scuole superiori, delle fabbriche e dei servizi, opportunamente raggiunti dalla propaganda dell'AVIS, hanno determinato un notevole afflusso di donatori giovani e giovanissimi, più faticoso nella realtà frammentaria di un tempo.

Le prime adesioni, dunque, sono quelle di volontari vicini ai componenti del Comitato o ai loro amici.

In testa c'è Lamberto Beatini che affermò la sua fede avisina non solo come organizzatore, ma anche come socio attivo (è l'unico componente-donatore del Comitato) che si è periodicamente sottoposto a regolari prelievi nel corso degli anni successivi, finché le norme statutarie, relative ai limiti di età, lo hanno consentito.

Lo segue Bruschi Fernando, veterinario, che per motivi professionali ha lasciato la città per farvi una capatina ogni tanto.

Gambucci Luigi è il terzo, tra i primi alla chiamata e tra i più presenti e attivi nella vita quotidiana della Sezione, anche oggi. Gigetto è una delle colonne dell'AVIS, accanto a pochi altri, e senza la sua presenza e il suo impegno, forse non starei qui a scrivere questa storia. Lavora molto, con dedizione e competenza, non solo ora che è pensionato, ma anche prima, quando era impiegato e poi direttore del locale Ufficio Postale.

Benedetto Guardabassi, il professore buono e battagliero, non poteva mancare, come non è mai mancato ad alcun appuntamento in cui si dovesse costruire qualcosa per Umbertide. Anche lui rappresenta un bel pezzo di storia, non tanto dell'AVIS perché il suo stato partecipativo, senza sua colpa, non durò a lungo, ma della realtà umbertidese del dopoguerra.

Rondini Aldo, vigile urbano calmo e taciturno, si imbarcò subito su quel treno avisino, dando un contributo importante come unico rappresentante dei dipendenti comunali nella schiera dei sette. Silvestri Francesco, insegnante elementare, onorò fino in fondo la sua scelta e la risposta sempre puntuale alla chiamata ai prelievi lo dimostra abbondantemente.

L'ultimo dei sette è Valdambrini Mario, insegnante elementare, che con generosità ed entusiasmo, rispose alla prima chiamata.

Anche in questo caso il mondo della scuola offrì robusti segnali di presenza, attuando nella pratica i valori di solidarietà civica che nelle aule trasmetteva, in teoria, agli alunni.

Ormai il Comitato era agevolato nel suo lavoro, poiché questi primi sette donatori diventarono, a loro volta, i migliori persuasori esterni per incrementare le adesioni alla neonata iniziativa. E furono anche pronti nelle risposte alla chiamata al prelievo se alla fine di quell'anno, stando a quanto ci dicono le cartelle individuali, riuscirono ad effettuare ben dieci donazioni complessive in pochissimi mesi.

Non solo, ma la loro longevità avisina dimostra che le adesioni iniziali non furono dettate da slanci di entusiasmo di breve durata se, tre di essi, sono stati insigniti della medaglia d'oro per le cinquanta donazioni raggiunte (Beatini, Gambucci e Silvestri).

Giova ricordare qualche altro personaggio che, in questo momento di avvio, aveva un ruolo importante, anche se stava dall'altra parte della punta dell'ago. Faceva il salassatore e non il donatore. Mi riferisco a Staccini Mario (Mariolino) e a Lotti Italo. Erano gli addetti ai prelievi e, molto spesso, anche gli autori delle chiamate dei donatori. D'altra parte, il loro lavoro di tecnici all'interno dell'ospedale li poneva in un osservatorio privilegiato sul piano della registrazione delle emergenze.

Furono anch'essi, a modo loro, diffusori della novità AVIS e qualche buon flacone di sangue sarà uscito sorridendo nel sentire le barzellette del Mariolino, a tutto vantaggio della depressione del paziente.

Un valido aiuto fu offerto anche da Franco Natali, il primo collaboratore dell'AVIS (1960), che si adoperò con generosità per l'affermazione del volontariato avisino. La sua apprezzata opera continua anche oggi all'interno della sezione.

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I pionieri

LA CRESCITA

 

Fervore ed operosità

Dopo l'impulso iniziale, nel 1960 si registrò una situazione di preoccupante stasi. Le adesioni non lievitavano secondo il ritmo sperato e in tutto l'arco di quell'anno ce ne fu una sola, quella di Mario Cerrini.

Anche le donazioni subirono un arresto: solo nove nell'arco dell'intero anno, rispetto alle dieci dell'ultimo scorcio del 1959. Si trattò di un fenomeno fisiologico, tipico dell'introduzione di ogni novità e legato alla difficoltà nel reperire strumenti divulgativi di propaganda adeguati, alle riserve mentali rispetto ad una forma di volontariato, come quella del dono del sangue, che non era entrata nella cultura comune, all'attesa dei più, che volevano rendersi conto del seguito riscosso.

Questo stato di cose si protrasse anche negli anni successivi. Il 1961, infatti, non permise ancora il salto di qualità. Ci furono solo due nuove adesioni, Alpini Mario e Valdambrini Maria, con un calo evidente delle donazioni: sette complessive, con una media inferiore ad una per ogni donatore.

La situazione non migliorò nel 1962 con una sola presenza nuova, quella di Norberto Conti. In compenso crebbero lievemente le donazioni che raggiunsero il numero di dodici.

Un segno di ripresa si ha nel 1963 con quattro iscrizioni (Baldoni Domenico, Foni Raffaele, Sonaglia Luigi e Tognellini Rolando) e 14 prelievi. Con Rolando Tognellini, di Pierantonio, fa il suo ingresso nel gruppo il mondo delle frazioni.

L'iniziativa non era in regresso, ma la sua crescita stentava ed era chiaro, ormai, che le difficoltà erano insite nell'assetto organizzativo. Il Comitato aveva svolto egregiamente il suo compito e non si poteva chiedergli di più, oltre al lancio promozionale già impresso. Il fervore e l'entusiasmo non erano sopiti, ma da soli non erano sufficienti per passare dall'avanguardia al sistema.

Si trattava di chiedere l'inserimento all'interno dell'Associazione Nazionale dei Volontari del Sangue, di avere un esplicito e formale riconoscimento da parte dell'AVIS provinciale, di dotarsi dello Statuto ufficiale e di costituire gli organi collegiali dirigenti.

Tra l'altro, c'era da sistemare tutto il lavoro burocratico pregresso che andava dalla regolarizzazione del tesseramento, alla chiamata periodica ai prelievi e alla registrazione puntuale degli stessi.

Nella fase garibaldina dell'inizio, ci si era limitati all'essenziale: le visite ai donatori, la predisposizione delle loro cartelle e una provvisoria registrazione delle donazioni. Mi pare anche ovvio che si fosse agito così. Importante era raggiungere l'obiettivo e non perdersi nei meandri delle procedure. Ma, ormai, era giunto il momento di fare una pausa riflessiva e da essa emerse l'elemento non trascurabile che un Consiglio Direttivo efficiente, sul piano della visibilità esterna e della propaganda, sarebbe stato molto più valido e opportuno di un Comitato spontaneo che aveva operato con merito, ma anche esaurito la carica propulsiva del momento iniziale.

Questi aspetti furono attentamente valutati dai Soci e lo stesso Dottor Migliorati, nel frattempo delegato del Presidente provinciale dell'AVIS, Sig. Vincenzo Innocenti, stava indicando la strada che si doveva intraprendere. Che poi era una sola e consisteva nella predisposizione di tutti gli adempimenti per avere il riconoscimento come sezione comunale.

Le adesioni raggiunte non erano eccezionali, appena 15 in poco più di tre anni, ma c'era molta passione, unita alla volontà di andare avanti nella certezza, non infondata, di dar vita ad un Sodalizio che poteva raggiungere livelli notevoli.

La consapevolezza della bontà del fine e la conoscenza dell'animo della gente umbertidese, che non si tira mai indietro nel momento del bisogno e della solidarietà, muovevano le intenzioni dei primi donatori, che avevano visto chiaramente il cammino da percorrere.

D'altra parte, l'esperienza e il prestigio del Dottor Mario, il medico fondatore, infondevano coraggio e sicurezza.

Era giunto, pertanto, il momento di fare il salto di qualità, urgente e indispensabile.

Ci si avvia verso la fondazione della Sezione AVIS di Umbertide.

 

La nascita della sezione

Foligno è stata sempre all'avanguardia nella promozione di iniziative umanitarie e il coordinamento dell'AVIS provinciale, nel 1963, aveva sede nella città di San Feliciano dove il Presidente Vincenzo Innocenti risiedeva.

La stessa cosa si è verificata per l'AIDO (Associazione Italiana Donatori di Organi).

A tale proposito, c'è un episodio che vale la pena di ricordare. Nell'autunno del 1977, il Consigliere provinciale Hans Schoen, di Foligno, mi pregò di ricevere una persona nella mia qualità di assessore alla sanità della provincia.

"È degno di stima.", mi disse, "È un prete. Ascoltalo, poi mi riferirai." E non aggiunse altro. Qualche giorno dopo si presentò un sacerdote, già in là con gli anni, ma dall'aspetto ancora vigoroso, il viso dai lineamenti marcati e scavato da rughe profonde. Mi disse di chiamarsi Don Pietro Arcangeli e di curare il coordinamento dell'AIDO per conto della sede centrale di Bergamo. Dopo avermi illustrato le finalità e le caratteristiche dell'Associazione sollecitò il mio interessamento per un assetto organizzativo più stabile a livello provinciale. E parlammo d'altro.

L'incontro e i contatti successivi con Don Pietro sono stati motivo di riflessione e di arricchimento interiore. La sua generosa umanità e la disponibilità al servizio della sofferenza non nascevano soltanto dalla missione pastorale che aveva scelto o dalla lettura e dalla pratica del Vangelo, ma anche dalla conoscenza profonda di un altro libro del Nuovo Testamento: l'Apocalisse del lager di Mathausen, da cui aveva avuto il raro privilegio di uscire provato, ma vivo.

Poco tempo dopo si formò il gruppo comunale AIDO di Umbertide e, in seguito, anche l'AIDO provinciale, con sede in Perugia.

Don Pietro ci ha lasciato, consegnandoci il lavoro che, da solo, aveva portato avanti.

Anche Hans non c'è più e la sua prematura e inattesa scomparsa ha tolto ai familiari un padre esemplare e alla politica un servitore intelligente e capace, aperto e onesto.

Ma torniamo al nostro argomento.

I Perugini arrivarono dopo, con il contributo importante della organizzazione e della maggiore diffusione dell'immagine associativa, anche per la loro vicinanza ai palazzi che contano. Il primo nucleo dei donatori umbertidesi, dunque, prese contatti con Foligno e in particolare con Vincenzo Innocenti, il Presidente provinciale dell'AVIS.

Il due giugno del 1963 venne convocata l'Assemblea Generale dei Soci, alle ore 8.30 presso i locali dell'ospedale. Era presente anche Vincenzo Innocenti, che assunse la presidenza dell'Assemblea, convocata per discutere tre punti all'ordine del giorno: la relazione del delegato Dott. Mariano Migliorati, la costituzione della sezione comunale AVIS di Umbertide, la nomina del Consiglio Direttivo e delle altre cariche sociali. Raffaele Mancini, nominato segretario, verbalizzò lo svolgimento dei lavori in modo dettagliato e preciso.

In apertura di seduta il Presidente dichiarò ufficialmente costituita la SEZIONE COMUNALE AVIS di UMBERTIDE e rivolse parole di plauso ai Soci donatori e di ringraziamento al dr. Mariano Migliorati ed ai componenti il Comitato promotore, che avevano dato vita all'Associazione.

Prese la parola Migliorati che relazionò sull'attività svolta dal Comitato, fece riferimento ai manifesti affissi nel 1961 e ai consensi e contributi concreti che seguirono, tanto da poter permettere l'apertura di un conto corrente postale con 125.850 lire, in parte già spese per la propaganda, il concorso bandito nelle scuole e l'assicurazione dei Soci.

Anche la situazione organizzativa venne descritta nei particolari: 44 le domande presentate, 27 gli accertamenti diagnostici eseguiti e 17 da eseguire, gli idonei 19, i non idonei 8.

Lo stato patrimoniale era alquanto spartano: l'AVIS disponeva solo di un frigorifero, donato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e di un armadio di legno, donato dall'Ospedale di Umbertide. La relazione venne approvata all'unanimità.

Si doveva passare alla elezione degli organismi statutari e qui sorse il primo intoppo che Innocenti risolse con intelligente rapidità. Gli statuti sono fatti per gli enti costituiti e non per quelli da costituire e, stando all'applicazione letterale delle norme, sarebbe stato necessario procedere alla nomina di una commissione elettorale per preparare lo svolgimento di regolari elezioni, con la perdita di altro tempo prezioso.

Trattandosi di nuova istituzione, Innocenti unificò le procedure. Venne nominata la commissione (Cerrini Mario, Silvestri Francesco e Silvestrelli Antonio) che, seduta stante, avviò le operazioni elettorali, dopo aver stabilito che il Consiglio Direttivo sarebbe stato costituito da cinque membri. Silvestri Francesco, presidente della commissione, diresse le operazioni di voto.

All'Assemblea erano presenti 17 soci, ma votarono solo in 15 poiché il Dott. Migliorati e Raffaele Mancini, gli unici due presenti del Comitato promotore, si astennero.

Riporto i nomi dei diciassette partecipanti all'Assemblea e, in parentesi, i voti ottenuti. C'è da notare che, oltre alla presenza di Raffaele Mancini in qualità di collaboratore, figurano alcuni donatori che erano già stati sottoposti alla visita di idoneità con esito positivo, ma ancora non risultavano formalmente tesserati. E’ prassi della Sezione, infatti, far decorrere l'iscrizione non dal momento della presentazione della domanda, ma da quello dell'acquisizione dello stato partecipativo attivo, che inizia con la prima donazione.

Erano presenti: Migliorati Mariano, Mancini Raffaele (10), Alpini Mario (2), Beatini Lamberto (12), Cappanna Alberto (6), Ceccagnoli Orlando, Cerrini Mario (4), Faloci Serafino (7), Foni Raffaello, Gambucci Luigi (3), Guardabassi Benedetto (8), Pucci Angelo, Rondini Aldo, Silvestri Francesco (4), Silvestrelli Antonio (5), Sonaglia Celestino (2), Tacconi Mario (7).

Risultarono eletti i cinque Soci maggiormente votati: Beatini Lamberto, Mancini Raffaele, Guardabassi Benedetto, Faloci Serafino e Tacconi Mario.

Altra votazione e altro scrutinio per l'elezione dei Revisori dei conti, con i seguenti risultati: sindaci effettivi: Alpini Mario, Cerrini Mario e Gambucci Luigi; sindaci supplenti: Baldoni Domenico e Silvestrelli Antonio.

Senza procedere a votazione, venne nominato per acclamazione il collegio dei probiviri, costituito dal Sindaco di Umbertide, Cavalaglio Umberto, dal Presidente dell'I.R.B Celestino Filippi e dal Direttore della Cassa di Risparmio di Perugia, filiale di Umbertide, Carlo Bufalari.

Sempre per acclamazione, al Dottor Mariano Migliorati fu dato l'incarico di Direttore Sanitario.

Tutti gli organi eletti sarebbero rimasti in carica fino alla fine dell'anno, poiché lo Statuto di allora contemplava una durata annuale e non triennale delle cariche sociali.

Il Consiglio Direttivo si riunì subito dopo la chiusura dell'Assemblea per la distribuzione delle cariche al suo interno e convenne, senza tanti preamboli spartitori, che Beatini Lamberto fosse il Presidente, Mancini Raffaele il Segretario e Tacconi Mario l'Economo.

Da quella domenica del 2 giugno 1963, anniversario della proclamazione della Repubblica, Umbertide ebbe la sua Sezione AVIS, con tutti gli organi statutari eletti e animati da una grande volontà operativa, il labaro e i Soci, che rappresentavano il vero capitale delle neonata Associazione.

Beatini e i suoi amici del Direttivo incominciarono a lavorare con grande determinazione, soprattutto nel settore della propaganda. I risultati si videro ben presto perché il numero delle adesioni all'Associazione, da quell'anno in poi, aumentò in maniera impressionante.

Sul piano più strettamente burocratico e amministrativo, si poté fare ben poco perché la mancanza di una sede adeguata impedirà, ancora per qualche tempo, il completo spiegamento delle energie disponibili.

Il 19 gennaio 1964, ad appena sei mesi dalla prima, si riunì l'Assemblea dei Soci per procedere al rinnovo delle cariche. Già i Donatori avevano raggiunto il numero di quaranta e venticinque di essi erano presenti alla riunione.

Le norme statutarie sulla procedura elettorale, anche in questa circostanza, furono opportunamente disattese. Non era il caso di mettere in moto meccanismi di voto segreto per il rinnovo di un Consiglio insediato sei mesi prima e che necessitava di un lasso di tempo più lungo per portare avanti i programmi enunciati.

Antonio Silvestrelli, pertanto, propose la riconferma di tutti gli incarichi assegnati per acclamazione e l'Assemblea si alzò in piedi battendo le mani, mentre il Presidente, Sig. Adriano Pasquarelli, Vice Presidente dell'AVIS provinciale, storcendo la bocca, faceva timidamente presente che la procedura non era proprio regolare ma, trattandosi di una situazione particolare, si poteva fare un'eccezione.

 

La sede

Anche dopo la costituzione della sezione, il riferimento logistico era quello del mezzanino presso l'ospedale. Di meglio non c'era e di più gli amministratori dell'ospedale non potevano offrire. Una sistemazione diversa, anche se non definitiva, si imponeva. Non era possibile la gestione di un Sodalizio in evidente crescita e a presidio di emergenze vitali, con un frigorifero e un armadio soltanto. Occorreva un recapito facilmente accessibile, un minimo di arredo, un telefono. Fino ad allora, i primi soci avevano assolto anche l'impegno della reperibilità domestica, chiamandosi a vicenda in caso di necessità.

Fin dalle prime riunioni, perciò, il Direttivo si pose il problema della sede.

La situazione non migliorò quando, lasciato l'ospedale, la sezione trovò una sistemazione in via Leopoldo Grilli, nell'immobile di Mario Codovini, che era adibito a sede dell'ECA.

Dico sistemazione tanto per intenderci e non certo perché così fosse in realtà. Lo spazio riservato all'AVIS consisteva in un corridoio di passaggio e, data l'utenza dell'ECA, si può immaginare che il traffico fosse intenso, creando evidenti difficoltà operative.

Si fa sempre più strada l'urgenza di una soluzione adeguata e definitiva. E sia la storia orale, narrata dai protagonisti, sia quella documentale, descritta nei verbali delle riunioni dell'epoca, indicano con quanto impegno e tenacia si perseguisse questo obiettivo.

I problemi erano di duplice ordine: quello economico del reperimento delle risorse e quello funzionale, relativo alle caratteristiche strutturali e di ubicazione della sede.

In tema di risorse economiche, Beatini e gli altri componenti del Direttivo si impegnarono su tutti i fronti, sollecitando contributi e realizzando risparmi.

Nella seduta del 1 luglio 1965, il Direttivo decise di non effettuare la gita sociale per accantonare un'economia da destinarsi alla sede. La decisione fu ratificata dall'Assemblea Straordinaria dei Soci del 25 luglio successivo.

L'argomento venne ripreso all'Assemblea ordinaria del 4 novembre 1965 e si sostenne la necessità di cercare ogni via per accrescere il capitale della sezione (sottoscrizioni, feste, limitazione di ogni spesa superflua) allo scopo di poter, entro la fine del prossimo anno, porre in termini concreti il problema dell’acquisto della sede sociale.

Come si vede, seguendo un'antica e sana saggezza popolare, tra le fonti di entrata (sottoscrizioni e feste) si annovera anche la limitazione delle spese, secondo la logica ineluttabile che, se sono importanti le entrate, è altrettanto determinante l'oculatezza del loro uso.

Con questi criteri, la sezione andrà avanti in modo concorde e senza esitazioni di sorta.

Più vago era, invece, l'orientamento circa la struttura e 1'ubicazione della sede, almeno in questo primo momento. Nell'Assemblea ricordata si parla di acquisto e l'espressione indica con chiarezza che si intendeva comprare uno stabile già esistente e disponibile sul mercato.

Non a caso nella riunione del Direttivo del 14 ottobre 1966, il problema venne riproposto in termini concreti e più espliciti. Il Presidente Beatini, dopo aver comunicato che si disponeva di lire 1.761.940, fece presente che in via IV Novembre c'era un appartamento in vendita al prezzo di lire 2.500.000 trattabili. Lo stabile era un po' fuori mano, ma poteva fare a1 caso nostro.

Il Consiglio prese atto e si impegnò a sottoporre la proposta all'Assemblea.

Il 4 novembre successivo, l'Assemblea fu investita del problema dell'appartamento di quattro ambienti che, con l'abbattimento di un fondello, sarebbero diventati tre, ottenendo, in compenso, un locale di m. 4x9 (poco più di una sala da pranzo) per le riunioni. Ogni altra soluzione sarebbe stata più costosa.

L'Assemblea dette mandato a trattare, ma nessuno trattò. Tacconi, l'economo, nella circostanza non si espresse. Evidentemente l'acquisto dello stabile non convinceva nessuno per motivi di ubicazione e per esiguità di superficie, e tanto meno Tacconi, che meditava soluzioni diverse.

Mario Tacconi, entrato nel primo Direttivo e sempre riconfermato fino ad oggi, è stato l'anima e la mente dell'AVIS in ogni circostanza, dividendosi fra l'incarico di responsabile dei lavori pubblici del Comune a l'attività di volontario avisino. Anche oggi che è in pensione e con qualche problema di salute, non si risparmia e la sua presenza e il suo contributo sono determinanti per la vita della sezione. È una colonna insostituibile dell'AVIS. A lui e a pochi altri dirigenti si deve l'esplosione organizzativa e funzionale del Sodalizio umbertidese. Tacconi, dunque, non si espresse in quella riunione, perché la soluzione non lo convinceva. Si esprimerà, invece, in quella del Direttivo del 9 febbraio 1967 in cui propose la costruzione di una sede nuova, anziché l'acquisto di una struttura inadeguata. Venne deciso di convocare immediatamente l'Assemblea il 19 dello stesso mese per discutere la proposta.

In tale occasione, Beatini illustrò l'ipotesi della scelta di un'area nella centralissima zona del mercato vecchio, l'opportunità di una sede su misura, e cose simili. Poi intervenne Tacconi che, visto il terreno edificabile, da buon geometra, aveva già in mente il progetto.

Il verbale racconta:

Tacconi passa ad illustrare, nelle sue linee generali, quale sarebbe la costruzione da eseguire e i possibili risparmi che potrebbero realizzarsi nel corso d'opera (da eseguirsi in economia), tenuto conto della corrente di simpatia tra la popolazione e della possibilità che appaltatori edili, trasportatori, operai specializzati, manovali ecc. possano dare delle prestazioni gratuite, venendosi, così, a ridurre notevolmente le spese cui si andrà incontro per 1a costruzione, fino alla copertura del fabbricato. Il fabbricato stesso, che potrà avere 1e dimensioni di m. 12x14, consterà di un salone a piano terra, di vari locali al piano superiore e, tenuto conto che il terreno impegnato forma una certa depressione rispetto al piano stradale, eseguendo la costruzione in modo che i1 piano del salone di cui sopra si elevi dal piano di campagna di circa m. 2.50, 1a parte inferiore potrà essere utilizzata come magazzino, ovvero per l'impianto termico nella eventualità che un domani tale impianto si rendesse necessario.

Nella sua qualità di amministratore economo, rese noto all'Assemblea che la situazione finanziaria della sezione era la seguente: conto corrente postale lire 521.545, deposito presso la Cassa di Risparmio lire 600.000, deposito presso il Monte dei Paschi lire 631.360, caparra data al venditore del terreno lire 400.000 e così per un totale di lire 2.152.000. Fece, inoltre, presente che nel corso d'opera era possibile che gli Enti pubblici cittadini, veduto il buon andamento della medesima, decidessero di intervenire con contributi straordinari.

Come si può notare la sede è meticolosamente descritta nella sua struttura attuale.

L'Assemblea approvò la proposta e dette ampio mandato al Direttivo di procedere con la massima sollecitudine.

Gli adempimenti successivi si susseguirono con una rapidità invidiabile, se si considera la lentezza burocratica dei nostri apparati pubblici.

Fu dato incarico all'Architetto Narciso Mariotti di predisporre il progetto, che vide la luce in brevissimo tempo e, a conferma dei contributi previsti da Tacconi, il professionista offrì la sua opera a titolo completamente gratuito.

Il 6 giugno 1967, il notaio Mario Donati Guerrieri stilò l'atto (Repertorio n. 76519) con cui le proprietarie del terreno, Wanda e Giacomina Rosini e Pierina Guardabassi vedova Rosini, donarono alla sezione AVIS di Umbertide l'area fabbricabile, il cui valore fu calcolato in lire 400.000.

L'otto giugno 1967, venne concessa la licenza edilizia (F. 59 - P 82) da parte del Comune.

Incominciarono i lavori di scavo e il 23 luglio 1967, domenica, con una solenne cerimonia, alla presenza di Autorità civili (il sindaco Cavalaglio) e religiose, di soci e di numerosi cittadini, ci fu la posa della prima pietra.

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Si scatenò la gara di solidarietà da parte di trasportatori, ditte, operai al punto tale che si fece ricorso alla stipula di una sovvenzione cambiaria con la Cassa di Risparmio di soli due milioni che, uniti ai risparmi accumulati, consentirono la copertura delle spese di costruzione.

L'attaccamento del popolo umbertidese alla sua sezione avisina, oltre che a motivi di solidarietà e di cultura, è legato alla storia di una partecipazione, di un coinvolgimento e di un legittimo orgoglio che incominciarono da qui.

L'anno successivo ci fu l'inaugurazione ufficiale. Era il 26 maggio 1968. In dieci mesi l'opera era stata portata a compimento!

La cerimonia fu solenne e si celebrò alla presenza di Autorità dell'AVIS nazionali e regionali, civili, religiose, e di una folta presenza di cittadini che, dopo la Santa Messa, conclusero il rito a tavola.

La sede era costruita, centrale, bella e funzionale. Mancavano gli arredi. E la gara di solidarietà continuò con due valenti artigiani di Pierantonio, Giuseppe Ugolini e Rolando Sonaglia, che offrirono la loro opera gratuita per realizzare le ottime e robuste scaffalature in legno, a tutta parete, che sono visibili e apprezzabili nei locali della sezione.

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Qualche anno dopo, per esigenze di custodia di materiali vari e voluminosi, necessari per le attività programmate (Pesca di Beneficenza, attrezzature per stands, ecc.), la ditta SEAS concesse in uso alla sezione un ampio seminterrato di un edificio di nuova costruzione, sito in via Roma.

Nel 1994, la sezione ne è diventata proprietaria per usucapione ventennale con il consenso della SEAS, il contributo disinteressato del geometra Gilberto Pazzi e dell'Avvocato Vittorio Betti, che ha promosso e seguito l'emissione della sentenza di usucapione da parte dell'Autorità Giudiziaria, rinunciando al proprio onorario.

Partita dal frigorifero e dall'armadio iniziali, generosamente donati, ormai l'AVIS ha un patrimonio degno di rispetto, che appartiene a tutta la cittadinanza umbertidese.

 

L'affermazione

La verifica dell'affermazione di un Sodalizio ha due parametri di misura: il numero degli aderenti e il consenso di cui gode all'interno del territorio.

Quest'ultimo, in particolare, è determinante per non farlo apparire un fenomeno elitario, affidato ad avanguardie illuminate.

Non vi è alcun dubbio che il volontariato della donazione del sangue entrò ben presto nel consenso e nelle simpatie della gente umbertidese, che lo ha sempre sostenuto in modo generoso e concreto.

I veglioni iniziali, la passeggiata ciclistica, la pesca di beneficenza, la cena del donatore, la gita sociale, hanno sempre fatto registrare una partecipazione massiccia, di varie centinaia di persone, a testimonianza di un attaccamento non episodico e occasionale, ma frutto di una convinzione profonda e di una cultura diffusa, che si è fatta strada intorno alla goccia di san­gue.

I contributi economici che la famiglie di Umbertide versano all'AVIS, tramite il bollettino allegato al giornalino di Natale, non solo sono la conferma di una solidarietà consolidata, ma anche l'alimento vitale che permette il dispiego delle iniziative e non fa sentire soli i volontari che quotidianamente vi operano.

Il bilancio annuale della sezione, di circa 40.000.000, è costituito da tre voci fondamentali: i proventi delle donazioni da parte della ULSS, i contributi volontari dei sostenitori e dei benefattori e il ricavato di alcune iniziative, come la pesca di beneficenza. Mentre i primi rappresentano, in teoria, entrate certe e prevedibili, gli altri due sono affidati ad una magnanimità che sempre certa e prevedibile può non essere.

Ad Umbertide si verifica un vero e proprio paradosso: le entrate certe diventano aleatorie, le aleatorie certe.

Per essere più espliciti è bene ricordare che i contributi regionali da erogarsi alle sezioni AVIS, tramite le ULSS territoriali, stabiliti da una formale Convenzione con la Regione in

lire 13.100 per ogni flacone di sangue e 17.100 di plasma, sono tutt'altro che tempestivi, e si accumulano arretrati notevoli. Pur comprendendo le difficoltà di ordine economico in cui si dibatte la sanità in generale, questa prassi la dice lunga sull'esaltazione di un volontariato, tanto conclamato a parole, ma poco onorato nei fatti. E pensare che il farmaco sangue, gratuitamente reperito, rappresenta un'entrata economica non indifferente nel bilancio sanitario regionale e nazionale, tanto che la Regione dell'Umbria ha stipulato una convenzione con la Ditta SCLAVO di Siena, cui affida, dietro compenso, i flaconi eccedenti il fabbisogno o non utilizzabili entro la data di scadenza, per la separazione dei vari emoderivati.

È un fenomeno allarmante, che non incoraggia il volontariato, anche se pare coerente con la legge dell'economia di mercato, oggi tanto di moda, e secondo la quale ciò che è gratuito

vale poco, è dovuto, e, in ogni caso, non rivendica scadenze cambiarie.

Se dipendesse dai contributi previsti e agognati, le sezioni AVIS sarebbero come i lumicini natalizi, funzionerebbero a intermittenza con intervalli lunghi e irregolari, per spegnersi definitivamente, passata la festa.

È una constatazione amara, ma anche una sollecitazione rivolta a chi di dovere, perché gli impegni verso il volontariato avisino, che produce risorse, siano tra i primi ad essere onorati.

D'altra parte è un doveroso riconoscimento alla gente umbertidese e alla sua Amministrazione Comunale, senza il cui ruolo di supplenza la vita dell'Associazione sarebbe stentata. Grazie a questo sostegno, la sede dell'AVIS è aperta tutti i giorni feriali, dalle ore 15 alle ore 19 per far fronte alle emergenze e al lavoro amministrativo quotidiano. È un lasso di tempo notevole, se si tiene conto della natura volontaria dell'impegno. Agli inizi, quando si operava nella sede dell'ECA, l'orario di apertura copriva solo il martedì e il giovedì, dalle 18 alle 19.

Fin dal 18 novembre 1963, la sezione di Umbertide allargò la sua sfera di propaganda e proselitismo anche ai comuni di Montone e Pietralunga (che solo recentemente è diventata autonoma) e ne informò con lettera i rispettivi sindaci, in base a ripartizioni territoriali decise dal Consiglio Provinciale dell'AVIS.

Il territorio diventava sempre più vasto e le adesioni più numerose. Si pose, perciò, l'esigenza di un contatto sistematico tra la sezione e i soci, che non poteva essere affidato alla tradizionale lettera, per motivi economici e mancanza di personale.

Da qui nacque l'idea del giornalino bimestrale VITA AVIS che, dal 1982, non è mai venuto meno agli appuntamenti, con le sue 13.000 copie annue, prodotte in maniera artigianale.

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I resoconti sulle attività svolte, le proposte sulle ipotesi di lavoro, gli inviti per i molteplici tipi di iniziative, le convocazioni assembleari avvengono tramite le colonne di questo modesto strumento informativo che, nella sua semplicità, si è dimostrato utile e opportuno sul piano della efficacia e del risparmio.

In un mondo che si informatizzava, l'AVIS non poteva restare legata alle incerte esercitazioni amanuensi. Si imponeva un adeguamento per rendere più rapido e sicuro tutto il meccanismo delle procedure interne. Le schede dei donatori, le chiamate al prelievo, la loro registrazione, il raggiungimento della quota benemerenze, le statistiche sono affidate al sistema elettronico di un software che due valenti e volenterosi giovani, Luca Inghirami e Fabrizio Bagiacchi della STOA, hanno elaborato e personalizzato, gratuitamente, per le esigenze della sezione.

Così il computer è diventato un collaboratore prezioso e fedele, che precorre e controlla i vari piani di lavoro.

Un'idea molto felice della dirigenza avisina è stata quella dell'allestimento della biblioteca. Non si presenta ricca nel settore della narrativa, ma non era, e non è, intento di alcuno il potenziamento bibliografico di questo genere letterario, facilmente reperibile altrove.

Essa, invece, raccoglie tutta la collana dei classici UTET, che spazia dalla letteratura alla scienza, dalla religione all'economia. È un patrimonio pregevole per qualità e valore, aperto a tutti coloro che avessero necessità di consultazione.

L'Enciclopedia TRECCANI, oggi sempre più rara, ed altre opere a carattere enciclopedico, completano la cornice libraria di questa perla della sezione.

La nuova sede, il consenso riscosso, la puntualizzazione dell'assetto organizzativo e la dotazione di sussidi complementari, sono andati di pari passo con il vistoso aumento dei soci donatori.

Non mi soffermo sull'analisi, peraltro noiosa e sterile, di questo aspetto. Preferisco lasciar parlare la tabella seguente, che ritengo più utile e immediata di ogni altra considerazione.

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Gli organismi

L'AVIS ha una organizzazione e una struttura regolate da precise norme statutarie che discendono dalla legge istitutiva n. 49 del 20 febbraio 1950 con la quale l'Associazione è stata riconosciuta Ente Giuridico di diritto con scopi umanitari e morali.

All'Organo di promozione e coordinamento centrale, rappresentato dal Consiglio Nazionale e dalle sue articolazioni funzionali interne, fanno riferimento, pur nella loro autonomia, i Consigli regionali e provinciali, comprensoriali e di sezione.

Si tratta di un'organizzazione piramidale, necessaria per far sì che l'apparato del Sodalizio sia speculare con l'assetto politico-istituzionale del territorio.

La necessità di contatti, di programmazione e di collaborazione con gli Enti Locali è vitale per l'Associazione i cui contenuti operativi non possono prescindere, ad esempio, dalla situazione delle strutture ospedaliere e, ancor più precisamente, da quella dei servizi immunotrasfusionali, preposti ai controlli medici e ai prelievi.

La specularità, pertanto, risponde a criteri di funzionalità e di parallelismo referenziale. Non a caso i Consigli comprensoriali sono nati solo recentemente, quando, non solo in Umbria ma anche in altre regioni del Paese, l'organizzazione sanitaria del territorio ha coinciso, in gran parte, con la dimensione dei comprensori stessi.

Non rientra nell'economia di questo lavoro l'analisi dettagliata delle competenze e dell'operato di tutti gli Organismi indicati. Mi limito solo a dire che la sezione di Umbertide ha espresso la sua rappresentanza in ognuno di essi, compreso quello di massimo livello, il Consiglio Nazionale dell'AVIS, di cui Mario Tacconi è stato membro supplente per due trienni dal 1987 al 1992.

Sistematica, invece, è la presenza nel Consiglio regionale e provinciale, molto attiva quella nel Consiglio comprensoriale che, dalla sua nascita in poi (1983), ha visto alternarsi alla presidenza Mario Tacconi e Rolando Tognellini.

Per le nostre esigenze è interessante una rassegna di tutti i Consigli Direttivi della sezione, che si sono succeduti dalla fondazione in poi, non solo per una ricostruzione storica che, con il passare del tempo potrebbe essere più ardua, ma anche per un doveroso tributo a tutti coloro che hanno profuso energie con spirito di solidarietà e di servizio.

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ANNO 1963

ASSEMBLEA DEI SOCI del 2 giugno 1963.

PRESENTI n. 17, VOTANTI n. 15.

CONSIGLIO DIRETTIVO: Beatini Lamberto (Presidente), Mancini Raffaele (Segretario), Tacconi Mario (Economo), Guardabassi Benedetto (Consigliere), Faloci Serafino (Consigliere).

SINDACI REVISORI: Alpini Mario (effettivo), Cerrini Mario (effettivo), Gambucci Luigi (effettivo), Baldoni Domenico (supplente), Silvestrelli Antonio (supplente).

PROBIVIRI: Cavalaglio Umberto, Filippi Celestino, Bufalari Carlo.

DIRETTORE SANITARIO: Migliorati Mariano.

 

ANNO 1964

ASSEMBLEA DEI SOCI del 19 gennaio 1964.

PRESENTI n. 25, VOTANTI n. 25.

Per acclamazione vengono riconfermati in carica tutti gli eletti nei rispettivi organismi.

 

BIENNIO 1965 /1966

ASSEMBLEA DEI SOCI del 4 novembre 1964.

PRESENTI n. 30, VOTANTI n. 30.

In seguito a modifiche statutarie, tutti gli organismi hanno durata biennale.

 

CONSIGLIO DIRETTIVO: Beatini Lamberto (Presidente), Mancini Raffaele (Segretario), Tacconi Mario (Segretario Amministrativo), Bruni Giancarlo (Consigliere), Alpini Mario (Consigliere).

SINDACI REVISORI: Gambucci Luigi, Cerrini Mario, Guar­dabassi Benedetto.

PROBIVIRI: non vi è alcun cenno nel relativo verbale. DIRETTORE SANITARIO: Migliorati Mariano.

 

BIENNIO 1967/1968

ASSEMBLEA DEI SOCI del 4 novembre 1966.

PRESENTI n. 36, VOTANTI n. 36.

CONSIGLIO DIRETTIVO: Beatini Lamberto (Presidente), Bruni Giancarlo (Vice Presidente), Tacconi Mario (Segretario Amministrativo), Natali Franco (Segretario), Tosti Mario (Relazioni pubbliche).

SINDACI REVISORI: Pistoletti Boris, Chicchioni Giuseppe, Distrutti Dario.

PROBIVIRI: Cavalaglio Umberto, Renzini Alessandro, Palazzetti Candido.

DIRETTORE SANITARIO: Migliorati Mariano.

 

TRIENNIO 1969/1970/1971

ASSEMBLEA DEI SOCI del 17 novembre 1968.

PRESENTI n. 26, VOTANTI n. 26.

 

In seguito a modifiche statutarie, tutti gli organismi hanno durata triennale.

 

CONSIGLIO DIRETTIVO: Beatini Lamberto (Presidente), Bruni Giancarlo (Vice Presidente), Tacconi Mario (Segretario Amministrativo), Natali Franco (Segretario), Gambucci Luigi (Relazioni pubbliche).

SINDACI REVISORI: Chicchioni Giuseppe, Pistoletti Boris, Distrutti Dario.

PROBIVIRI: Palazzetti Candido, Cavalaglio Umberto, Renzini Alessandro.

DIRETTORE SANITARIO: Migliorati Mariano.

 

 

TRIENNIO 1972/1973/1974

ELEZIONI del 20 febbraio 1972. VOTANTI n. 79.

Considerato l'elevato numero di iscritti (204) il rinnovo delle cariche sociali non avviene più nella riunione dell'Assemblea ordinaria, ma in seguito a regolare votazione, previa costituzione del seggio elettorale che rimane aperto per tutta la giornata. I componenti del Consiglio Direttivo sono elevati da cinque a sette in seguito a regolare delibera assembleare.

 

CONSIGLIO DIRETTIVO: Beatini Lamberto (Presidente), Gambucci Luigi (Vice Presidente), Tacconi Mario (Segretario Amministrativo), Natali Franco (Segretario), Tognellini Rolando (Consigliere), Tosti Gualtiero (Consigliere), Mariotti Adriano (Consigliere).

SINDACI REVISORI: Lisetti Renato, Chicchioni Giuseppe, Pistoletti Boris.

PROBIVIRI: Palazzetti Candido, Cavalaglio Umberto, Renzini Alessandro.

DIRETTORE SANITARIO: Bruni Giancarlo.

 

TRIENNIO 1975/1976/1977

ELEZIONI del 22 febbraio 1975. VOTANTI n. 82.

CONSIGLIO DIRETTIVO: Beatini Lamberto (Presidente), Gambucci Luigi (Vice Presidente), Tacconi Mario (Segretario Amministrativo), Natali Franco (Segretario), Mariotti Adriano (Consigliere), Bei Alberto (Consigliere), Tognellini Rolando (Consigliere).

SINDACI REVISORI: Lisetti Renato, Chicchioni Giuseppe, Pistoletti Boris.

PROBIVIRI: Palazzetti Candido, Cavalaglio Umberto, Renzini Alessandro.

DIRETTORE SANITARIO: Bruni Giancarlo.

 

TRIENNIO 1978/1979/1980

ELEZIONI del 5 febbraio 1978. VOTANTI n. 85.

CONSIGLIO DIRETTIVO: Beatini Lamberto (Presidente), Gambucci Luigi (Vice Presidente), Tacconi Mario (Segretario Amministrativo), Natali Franco (Segretario), Tognellini Rolando (Consigliere), Tosti Mario (Consigliere), Bistoni Renato (Consigliere).

SINDACI REVISORI: Lisetti Renato, Chicchioni Giuseppe, Pistoletti Boris.

PROBIVIRI: Palazzetti Candido, Renzini Alessandro, Cavalaglio Umberto.

DIRETTORE SANITARIO: Bruni Giancarlo.

 

TRIENNIO 1981/1982/1983

ELEZIONI del 21 dicembre 1980. Votanti n. 275.

CONSIGLIO DIRETTIVO: Beatini Lamberto (Presidente), Gambucci Luigi (Vice Presidente), Tacconi Mario (Segretario Amministrativo), Natali Franco (Segretario), Tacconi Cinzia (Pubbliche relazioni), Tognellini Rolando (Consigliere), Venturi Otello (Consigliere).

SINDACI REVISORI: Lisetti Renato, Chicchioni Giuseppe, Pistoletti Boris.

PROBIVIRI: Palazzetti Candido, Renzini Alessandro, Cavalaglio Umberto.

DIRETTORE SANITARIO: Bruni Giancarlo.

 

TRIENNIO 1984/1985/1986

ELEZIONI del 29 gennaio 1984. VOTANTI n. 82.

 

L'Assemblea ordinaria aveva precedentemente deliberato di elevare il numero dei Consiglieri da sette a nove.

 

CONSIGLIO DIRETTIVO: Beatini Lamberto (Presidente), Gambucci Luigi (Vice Presidente), Tacconi Mario (Segretario Amministrativo), Natali Franco (Segretario), Tacconi Cinzia (Pubbliche relazioni), Tognellini Rolando (Consigliere), Lisetti Renato (Consigliere), Venturi Otello (Consigliere), Bistoni Renato (Consigliere).

SINDACI REVISORI: Sciurpa Roberto, Rubolini Renato, Pistoletti Boris.

PROBIVIRI: Palazzetti Candido, Cavalaglio Umberto, Montanucci Giuseppe.

DIRETTORE SANITARIO: Bruni Giancarlo.

 

TRIENNIO 1987/1988/1989

ELEZIONI dell'8 febbraio 1987. VOTANTI n. 92

CONSIGLIO DIRETTIVO: Tacconi Mario (Presidente), Tognellini Rolando (Vice Presidente), Gambucci Luigi (Segretario Amministrativo), Beatini Lamberto (Segretario), Tacconi Cinzia (Stampa e Propaganda), Bendini Giancarlo (Organizzazione e Sviluppo), Venturi Otello (Organizzazione e Sviluppo), Bistoni Renato (Consigliere), Lisetti Renato (Consigliere).

SINDACI REVISORI: Codini Orfeo, Rubolini Renato, Sciurpa Roberto.

PROBIVIRI: Broggi Umberto, Cavalaglio Umberto, Palazzetti Candido.

DIRETTORE SANITARIO: Bruni Giancarlo.

 

TRIENNIO 1990/1991/1992

ELEZIONI del 25 febbraio 1990. VOTANTI n. 57.

CONSIGLIO DIRETTIVO: Tacconi Mario (Presidente), Tognellini Rolando (Vice Presidente), Gambucci Luigi (Segretario Amministrativo), Beatini Lamberto (Segretario), Venturi Otello (Propaganda), Bendini Giancarlo (Propaganda), Gianfranceschi Graziano (Propaganda), Bistoni Renato (Consigliere), Lisetti Renato (Consigliere).

SINDACI REVISORI: Codini Orfeo, Sciurpa Roberto, Rubolini Renato.

PROBIVIRI: Broggi Umberto, Cavalaglio Umberto, Palazzetti Candido.

DIRETTORE SANITARIO: Bruni Giancarlo.

 

TRIENNIO 1993/1994/1995

ELEZIONI del 20 dicembre 1992. VOTANTI n. 288

 

L'Assemblea Ordinaria aveva precedentemente deliberato di elevare il numero dei Consiglieri da nove a tredici.

 

CONSIGLIO DIRETTIVO: Tacconi Mario (Presidente), Tognellini Rolando (Vice Presidente), Gambucci Luigi (Segretario Amministrativo), Beatini Lamberto (Segretario), Sciurpa Roberto (Stampa e Propaganda), Mariotti Walter (Attività ricreative), Tognaccini Marco (Attività ricreative), Venturi Otello (Consigliere), Lisetti Renato (Consigliere), Bendini Giancarlo (Consigliere), Gianfranceschi Graziano (Consigliere), Magrini Sergio (Consigliere), Tosti Paolo (Consigliere).

SINDACI REVISORI: Codini Orfeo, Bazzarri Luciano, Baldoni Domenico.

PROBIVIRI: Broggi Umberto, Cavalaglio Umberto, Palazzetti Candido.

DIRETTORE SANITARIO: Bruni Giancarlo.

La crescita
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I DONATORI

 

La solidarietà senza nome

Chi, a vario titolo, è impegnato nel volontariato dell'AVIS si augura di rappresentare il momento. pionieristico dell'Associazione e spera che la ricerca scientifica, applicata alla produzione di un surrogato del sangue, veda presto coronati i suoi sforzi. Non perché la pratica della solidarietà avisina pesi sulla scelta dei donatori, ma perché è auspicabile che un prodotto di laboratorio sia disponibile con maggiore immediatezza ed elimini ogni possibile area di rischio che può essere insito nelle metodiche, pur scrupolose, degli attuali prelievi.

Purtroppo la prospettiva della produzione di sangue artificiale, come di ogni altro organo umano, è ancora molto lontana, non se ne vedono i più pallidi orizzonti, e la prassi oggi seguita rimarrà per lunghi anni in vigore.

Il volontariato della donazione assume, perciò, caratteristiche tutte particolari. A differenza di ogni altro genere di servizio basato sulla solidarietà e sull'impegno civico, esso si connota per la sua essenzialità ed indispensabilità, dirette alla vita. È una scelta di vita, per la vita; è un patto silenzioso in base al quale si offre parte di se stessi per la sopravvivenza degli altri; è un vincolo nascosto che lega il donatore ad un ideale di altissimo profilo morale e civile e non al beneficiario. Tra i due, anzi, deve esistere il più assoluto anonimato.

Il donatore lo sa e ha fatto la sua scelta anche per questo motivo. L'ostentazione dei meriti e la sollecitazione alla gratitudine per l'opera svolta sono atteggiamenti che appartengono ad altri settori e ad altri personaggi, non certo a coloro che danno il sangue con totale disinteresse.

Così, alle scadenze previste e per tutta una vita, il generoso, eroico volontario riceve l'invito al prelievo da parte della sezione e adempie l'impegno, onorando una scelta fatta a suo tempo, senza disaffezioni o ripensamenti.

Il lettore potrà vedere sulle tavole che seguono, come la media della longevità avisina sia molto alta, segno di un ideale forte, vivo e non indebolito dalla ripetitività della routine che appiattisce, in ogni campo, la vita.

È difficile fare un identikit del donatore: esso non ha volto, né una fisionomia particolare. Appartiene ad ogni possibile ceto sociale, ad ogni tipo di ideologia e di convinzione religiosa; ha scelto di servire. E basta.

Nei momenti di crisi, come quelli che sta attraversando il nostro Paese, i primi valori ad essere sopraffatti sono quelli del sostegno e dell'altruismo, i primi soggetti a soffrirne sono i deboli e gli emarginati.

Ad Umbertide, l'AVIS smentisce questa linea di tendenza e riafferma il significato della solidarietà umana come cemento sociale e messaggio alto di civiltà, che fa giustizia di ogni comodo utilitarismo individualistico.

In questo percorso si incontrano in tanti, oltre un migliaio. Ed è confortante, e piena di speranza, la constatazione che primeggino i giovani e i giovanissimi, accanto a numerose rappresentanti del sesso femminile che, seguendo l'esempio della prima avisina umbertidese (Valdambrini Maria, 1961) hanno rafforzato le file che si snodano dietro al vessillo della goccia di sangue.

 

L'isola felice di Umbertide

Il titolo non è vanaglorioso né trionfalistico. Parlano i dati. Ogni anno in Italia vengono donate circa 2.000.000 di unità di sangue intero con un rapporto nazionale pro capite pari a 0,03 (il 3%).

Ad Umbertide, come è possibile verificare dalle tavole che seguono, il rapporto è di 0,09 (il 9%), ben tre volte superiore alla media nazionale.

Le oltre 25.000 donazioni complessive effettuate dalla nascita della sezione ad oggi, sulla base di una quantità media di prelievo di 350 cl, totalizzano 9.000 litri di sangue. Per coloro che amano le misure di peso, al posto di quelle di capacità, faccio notare che si tratta di 90 quintali.

Le donazioni della sezione, nell'ultimo decennio, si attestano intorno alle 1200 in media ogni anno, con un contributo di circa 420 litri di sangue.

Per il nostro territorio si tratta di cifre rilevanti, che se fossero estese in campo nazionale, non avremmo problemi di importazioni di sangue. Il nostro Paese, povero di materie prime e perciò dipendente dall'estero per molti aspetti della sua economia, è costretto ad importare anche la solidarietà! È una constatazione amara e avvilente perché riferita ad un prodotto che dovrebbe abbondare nel Centro della Cristianità.

Le donazioni di sangue coprono solo i due terzi del fabbisogno nazionale e per circa un terzo si deve ricorrere al supporto straniero, con relativa parcella.

In Umbria, la situazione è molto confortante: si è raggiunta l'autosufficienza sul versante sangue (globuli rossi) e ci si avvia rapidamente all'autosufficienza su quello del plasma.

Anche l'indice di donazione (rapporto donatori/donazioni) è molto buono e si attesta intorno al valore 2.06, rispetto all' 1.7 del dato nazionale. In Europa solo la Francia, la Germania e l'Olanda lo eguagliano, mentre il Portogallo lo supera. L'avisino umbertidese ha profuso la sua generosità in molti comuni limitrofi e anche in zone lontane del territorio nazionale. Si è recato dove c'era bisogno di aiuto, come si può rilevare dalla seconda tabella.

Anche in Arabia e in Libia c'è traccia di sangue umbertidese, in seguito alla presenza di soci che si trovavano in quei Paesi per motivi di lavoro.

A questo punto mi preme chiarire il significato di una terminologia, già più volte usata. Ho ripetutamente utilizzato espressioni come "avisini umbertidesi", "donatori umbertidesi" e così via. Ci tengo a precisare che si tratta di comodità lessicali sintetiche per indicare tutti i soci che si riferiscono alla sezione di Umbertide. So bene che alcuni donatori appartengono ad altri comuni (Montone, Perugia, Lisciano Niccone) e mi scuso con loro, ma sono sicuro che capiranno i motivi tecnici di linguistica e di sintesi, cui è sottoposto chi scrive.

 

Il CORRIERE AVIS n. 3 di aprile/maggio 1995, riporta la -relazione tenuta dalla dott.ssa Anna Lucia Massaro, Direttrice del Centro AVIS di Torino, in un congresso tenutosi a Roma alla fine del mese di aprile. La relazione è ricca di schede statistiche. Ne utilizzo due che sono molto significative e riportano i dati più recenti in tema di donazioni e donatori.

 

 

 

 

 

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I numeri della prima riga indicano la popolazione residente con la relativa percentuale rispetto alla popolazione nazionale totale.

I numeri della seconda riga indicano le donazioni effettuate e le relative percentuali rispetto al totale di esse.

I dati della terza riga indicano il rapporto delle donazioni per ogni 1000 unità di popolazione residente. Se si applicasse lo stesso metodo alla sezione di Umbertide, nel 1994 (1385 donazioni) si avrebbe un indice superiore a 90 .

Nella tabella che segue si può notare l'incremento del numero dei donatori nell'ultimo triennio e il triplicarsi di coloro che hanno scelto la donazione in aferesi. Nello stesso tempo, appare chiaro un calo dell'indice di donazione dello U.15.

L'incremento dei volontari ha, in ogni caso, compensato la lieve riduzione dell'indice donazionale che è molto importante in sé, ma non al punto tale da preferire un aumento della solidarietà di pochi, al posto della sua estensione al maggior numero possibile di cittadini.

 

 

 

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I COLLABORATORI

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Pochi sono i momenti di pausa nella vita della sezione. Appena finito di lavorare per un'iniziativa, si incomincia a trafficare per quella successiva.

Accanto agli adempimenti statutari, che assorbono un tempo notevole, sono ormai ricorrenti alcuni appuntamenti impegnativi e consolidati.

La cena del donatore, la gita sociale, la passeggiata ciclistica, la pesca di beneficenza e il giornalino sono i principali. Dietro ad ognuna di queste scadenze, le cui finalità saranno trattate in altro capitolo, c'è un lavoro intenso e poco conosciuto, che è bene si sappia.

I .membri del Consiglio Direttivo, o per meglio dire alcuni di essi, si dedicano quasi a tempo pieno e con la massima abnegazione al volontariato avisino, ma in alcune circostanze anche la loro disponibilità non sarebbe sufficiente a far fronte ai bisogni, se non ci fosse l'apporto prezioso dei collaboratori.

Alcuni di essi sono ex donatori, ormai emeriti, altri non lo sono mai stati e contribuiscono con le prestazioni d'opera alle necessità del Sodalizio.

La cena e la gita richiedono presenza, disponibilità e pazienza nel raccogliere le adesioni, registrare i desiderata dei partecipanti circa il gruppo di amici da non separare al tavolo o in pullman, trattare con il gestore del ristorante o l'agenzia di viaggi. A volte è difficile accontentare tutti, poiché siamo nell'ordine di alcune centinaia di persone (la cena ne fa registrare sempre 5/600, la gita un po' meno) e ci scappa anche qualche scontento, con relativa protesta. Ormai in sezione ci si è abituati e si sopporta tutto con grande stoicismo, anche se di alcune futilità si potrebbe fare a meno.

La passeggiata ciclistica richiede un impegno stressante e concentrato in pochissime ore nella preparazione dei cestini di ristoro, nel montaggio dello stand, nell'allestimento del pranzo alla Pineta Ranieri e cose del genere. Anche in questo caso è bene tenere d'occhio alcune cifre per intuire la qualità e la quantità del lavoro. I partecipanti non sono mai inferiori a settecento e la pasta in cottura supera i due quintali.

La pesca di beneficenza è l'iniziativa più laboriosa. Si incomincia nel mese di luglio con il biricchiamento dei 20.000 biglietti e il loro alloggiamento nell'anello della pasta da brodo. Si continua con l'approvvigionamento dei premi e l'allestimento della struttura per arrivare alla fase più visibile che consiste nel sorteggio e nella consegna dei premi.

La necessità di collaborazione è indispensabile per essere solleciti alle richieste durante la pesca, rifornire di premi i vari settori e organizzare i turni di vigilanza notturna.

Lo stand, che all'origine era allestito più in centro, tra la Collegiata e il Bar Coletti, è stato ultimamente trasferito (1986) nella piazza attigua alla sede, proprio per motivi di funzionalità e rapidità di servizio.

Anche il giornalino, puntuale alle scadenze programmate, richiede un lavoro notevole. La stesura e la stampa sono gli adempimenti più semplici e immediati. C'è poi la riproduzione in fotocopia (1700 copie a bimestre e 7000 a Natale), la piegatura, il corredo degli indirizzi, lo smistamento per località di destinazione.

Ho voluto ricordare solo alcuni degli adempimenti avisini e mi scuso per aver fornito una lista sterile e noiosa, ma era necessario per sollecitare, ancora una volta, una più ampia collaborazione anche da parte di chi non è mai stato donatore e vuole rendersi utile, in qualche modo, per l'AVIS.

I collaboratori, nella storia della sezione, fortunatamente non sono mancati e sono i sedici riportati nella tabella seguente. Gli attivi, allo stato attuale, sono rimasti solo 11, come si potrà constatare.

Tra questi, alcuni offrono prestazioni occasionali, ma puntuali e importanti, come il montaggio dei vari stands, altri sono quotidianamente presenti e si impegnano in tutti i settori.

Il problema della mobilità del personale, all'AVIS, è risolto da tempo e senza mugugni.

Lisetti Renato appartiene a quest'ultima categoria. È sempre presente e sa fare di tutto, con precisione e tenacia uniche. Non ha ancora costruito gli occhi alle pulci, solo perché non ne ha avuto occasione.

Nell’Assemblea Straordinaria del Natale 1994 è stato insignito della Goccia d’Argento.

 

 

 

 

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IL TEMPO LIBERO

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L'attenzione per il tempo libero e il ruolo propositivo di iniziative ad esso legate, sono stati una caratteristica costante della sezione.

La logica che ha ispirato questo orientamento non è concorrenziale nei confronti di altri soggetti, più titolati per compiti simili, né quella dopolavoristica per soddisfare le esigenze delle maestranze. Molto più semplicemente, è la logica naturale e necessaria di un'Associazione che intende realizzare i suoi obiettivi.

Il primo è quello della diffusione della natura e dei compiti. È un'esigenza di propaganda. Nella società degli spots, si può cogliere con facilità l'importanza di questo aspetto, che non è legato alla commercializzazione di un prodotto visibile e forse anche utile, che si ripropone da solo, ma ad una scelta non molto visibile e che, riferita alla solidarietà, potrebbe essere ritenuta un problema di altri, come l'altruista delle battute che, impegnato in poderose riflessioni sui mali del tempo, amaramente concludeva: "Quanto è egoista il mondo! Ognuno pensa a se stesso, solo io penso a me".

In verità, la diffusione dell'immagine associativa, della sua indispensabilità e dei suoi compiti dovrebbe avvenire anche per altri canali con maggiore audiens, come quelli di una televisione di Stato, pagata con il contributo di tutti. Ma in una concezione aziendalistica della vita, basata sui costi e i ricavi, non c'è molto spazio per queste utopie e bisogna arrangiarsi da soli.

Per un brevissimo periodo e per iniziativa dell'AVIS nazionale, è stata mandata in onda una bellissima ed efficace pubblicità televisiva sul volontariato avisino. Poi più nulla. Ma l'AVIS è anche l'Associazione della speranza che attende fiduciosa un qualche Ministro della Sanità che, conti alla mano, possa accorgersi che i donatori, tutto sommato, sono anche un investimento.

Nel frattempo facciamo da soli, organizzando quei momenti di vita associativa più rispondenti alle caratteristiche e alle richieste di un determinato territorio e testimoniando la pratica di un volontariato essenziale.

Il secondo è connesso alle esigenze tipiche di ogni sodalizio, che deve guardare anche al suo interno e predisporre occasioni di incontro tra i suoi aderenti e le rispettive famiglie per rafforzare i vincoli associativi.

Le caratteristiche della nostra realtà hanno fatto sì che questo aspetto non sia mai stato perseguito in maniera ristretta e le iniziative della sezione sono state sempre proposte e aperte a tutti, per non dare l'impressione di un club riservato. In genere l'ossessiva attenzione alle dinamiche interne di un qualunque tipo di gruppo, ammesso che ne rafforzi la vitalità, va sempre a scapito dei consensi e delle simpatie che si devono ricercare all'esterno.

Alcune iniziative, infine, mirano a realizzare risorse economiche, anche se modeste e marginali, indispensabili per il normale funzionamento.

Già in precedenza è stato toccato questo tasto. Piuttosto che recriminare sui ritardi altrui o pietire intorno a difficoltà paralizzanti, la creatività avisina si è sempre posta in prima fila per superare ostacoli ardui e negligenze istituzionali diffuse, trovando, tra la gente, consenso e risposte concrete ai suoi appelli.

In coerenza con la natura associativa, che vive per dare, ha mirato ai suoi doveri statutari, più che ai diritti sanciti da accordi complementari, pur importanti, che c'è da augurarsi siano rispettati con maggiore puntualità.

Così, fin dal suo nascere, la sezione ha organizzato i veglioni, allora molto di moda, oggi un po' meno tanto che sono andati in disuso, la pesca di beneficenza e altro.

I frutti si sono visti e si vedono. Non solo è stata costruita la sede, ma la vitalità del Sodalizio gode di buona salute.

 

Il veglione

Sfogliando fra le vecchie carte d'archivio emana un sottile odore di liscio. Le note si rincorrono veloci i si intravedono i passi di danza degli appassionati che ricamano il pavimento. Scendendo più nel particolare, c'è chi balla veramente e chi, arrangiandosi come può, si limita a stringere. Intorno, occhi attenti e indagatori, analizzano abiti e atteggiamenti commentando la festa. È lo spettacolo nello spettacolo.

La serie dei veglioni dell'AVIS è abbastanza lunga. Per l'esattezza conta 23 edizioni.

Iniziata nel 1964, si è ripetuta fino al 1986 con puntuale regolarità. Al suo interno si possono distinguere due fasi: quella del TEACINE e della CASA del POPOLO.

Ci sono anche tentativi di repliche a Pierantonio (tre veglioni) e a Montone (uno), ma durano poco. Segno evidente che l'investimento organizzativo non trovava risposte adeguate di partecipazione.

La fase del Teacine va dal 1964 al 1979. Per i primi tre anni (1964/66), l'archivio non è di grande supporto. Mancano le date dei veglioni, l'indicazione delle orchestre e il numero dei partecipanti. In un appunto a parte, oltre che sul relativo verbale, è riportato l'incasso del 1965, pari a lire 412.000.

Maggiori particolari si hanno nelle edizioni successive.

Nel 1967 il veglione si svolse il 4 febbraio con la presenza della cantante Maria Doris, accompagnata dal pianista Cappellari e dall'orchestra I RILEVATI. Animatore della festa fu Tonj Bani che intrattenne con successo le 420 persone presenti al Teacine.

I due anni che seguirono videro in palcoscenico la stessa orchestra PINUCCIO e i MORITAT e il complesso femminile LE NAIADI. Le presenze del 3 febbraio 1968 furono 520, mentre quelle del 25 gennaio dell'anno successivo scesero a 451.

Nel 1970 la partecipazione registrò un' ulteriore flessione, nonostante la presenza di un'orchestra di grido LA BANDA DI DON BACKY con la cantante Bruna Lelli. Solo 380 furono i presenti in quella serata del 24 gennaio.

Il quadriennio successivo segna l'era dei LOS TROVADORES con la cantante Eliana. Sembra che il complesso musicale abbia riscosso un buon indice di gradimento per essere riconfermato quattro volte. Anche la partecipazione rimase alta, costante e fedele: 430 presenti il 30/1/71, 420 il 22/1/72, 480 il 27/ 1/73 e 575 il 23/2/74.

Il 3 marzo del 1973 debuttò anche Pierantonio con il suo primo veglione AVIS. Le cose non andarono male. Vi parteciparono 410 persone allietate dal complesso LA NUOVA FORMULA. Anche due anni dopo (8/2/75), la seconda edizione pierantoniese resse abbastanza con 320 partecipanti. Ma l'anno successivo (21/2/76) gli organizzatori furono delusi dalle 190 presenze soltanto. E l'esperienza si chiuse.

Pierantonio finisce e Montone ci prova. L'11 gennaio 1975, si ha l'unica edizione montonese del veglione AVIS con 215 presenze. Troppo poche. È giusto dare il sangue per gli altri, ma mica in tutti i campi!

La dodicesima edizione umbertidese si ebbe il 25 gennaio 1975, con l'orchestra MARIOTTINI e 430 partecipanti. La stessa orchestra sarà presente anche nella 14° con 520 partecipanti, il 29 gennaio 1977.

Nell'intermezzo (29/1/76) il Teacine ospitò un complesso dal nome interessante e di moda il LIVING CROUP che richiamò 510 persone.

La serie della prima fase viene chiusa dall'orchestra I MONELLI che il 28/1/78 e il 10/2/79 fu seguita rispettivamente da 520 e 410 persone.

Ormai era terminata la costruzione della Casa del Popolo. Per i giovanissimi che leggeranno queste pagine tra qualche anno e non troveranno più l'edificio, ricordo che essa sorgeva accanto al Palazzetto dello Sport, nell'area attualmente occupata dalla COOP, le cui esigenze hanno lasciato il popolo senza casa.

La sezione AVIS punta ad un salto di qualità nell'organizzazione del veglione. La nuova struttura non solo offriva spazi molto maggiori di quelli del Teacine, ma permetteva anche la possibilità del servizio di ristorante.

Dal 1980 in poi si avrà il veglione con cena (a base di pesce). Il meccanismo funzionò, se si tiene conto che il 15 marzo 1980 i partecipanti al veglione furono 2.070. Anche se il richiamo delle sorelle Goggi, che animarono la serata, fu determinante, da solo non spiega il successo partecipativo. Giocò molto anche il fattore novità.

Ma era l'inizio della fine. Le edizioni successive, preparate con cura, massimo impegno e con l'ingaggio di nomi di grido, fecero registrare un costante e preoccupante calo di presenze.

Il 17/2/81 con Ivan Graziani, ci sono 1.645 partecipanti. L'anno successivo (13/2/82), con l'orchestra PIERONI solo 1.030 presenze. Ormai la tendenza era quella in discesa e negli anni successivi si assisterà ad una partecipazione a tre cifre: 930 il 29/1/83, 759 il 4/2/84, 926 il 2/2/85 e 525 il 2/2/86.

Il lavoro di preparazione era enorme e in rimessa, nonostante l'apporto di un massiccio volontariato, ed era opportuno sospendere l'iniziativa.

L'ultimo veglione, che chiuse la serie e la storia, fu il 23°, quello del 2 febbraio 1986.

I gusti si stavano evolvendo, le discoteche erano in piena affermazione e la televisione offriva spettacoli concorrenti. In questo quadro d'insieme, la popolazione avisina più giovane preferiva altri ritrovi e quella meno giovane stava prendendo il gusto delle pantofole.

 

La cena del donatore

Il ballo finì, ma rimase la cena.

Dal 1988 in poi, l'AVIS organizza questo momento di incontro tra i donatori, i loro familiari e gli amici, a carnevale, durante il mese di febbraio di ogni anno.

È una vera e propria occasione per stare insieme e solidarizzare, senza altri motivi. Sul piano economico, in considerazione del prezzo simbolico praticato ai donatori, rappresenta un onere non lieve per le finanze della sezione.

La circostanza richiama sempre tanta gente, pari a quella registrata nell'ultimo veglione, tra le 500 e 600 persone.

Una partecipazione simile ha posto diversi problemi organizzativi e ha richiesto adeguate soluzioni di scelta, come la ricerca di un ristorante capiente, di un menu non troppo sofisticato, di un servizio rapido ai tavoli e di un prezzo accessibile.

Per ora queste caratteristiche sono state trovate al FARO ROSSO, il ristorante di Montanaldo nel comune di Gubbio, che ha sempre dato risposte soddisfacenti alle esigenze rappresentate.

L'unico problema è la distanza da Umbertide, ma alternative migliori sembra non ci siano e per una volta all'anno, vale la pena affrontare il disagio.

 

 

 

 

 

 

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La pesca di beneficenza

I primi giorni di settembre sono quelli in cui la comunità umbertidese si ritrova, o almeno si ritrovava in un recente passato, alla riscoperta delle proprie radici.

In quel periodo ricorre la Natività della Madonna (8 settembre), Patrona della cittadina, e intorno all'evento religioso sono fiorite manifestazioni ludiche e ricreative dal sapore popolare antico che, facendo cornice ai Sacri Riti, ripropongono atavici usi.

Avviene così un po' dovunque nella festa del Santo Patrono. Ma anche questa dimensione di autenticità va scomparendo, all'insegna di un triduo mercantile e posticcio, rappresentato dalle Fiere che, peraltro, danno abbondanti segnali di stanchezza e di declino.

Tra le usanze rimaste c'è solo la tombola in piazza e la pesca di beneficenza dell'AVIS, una delle prime iniziative della sezione che dal 1964 è felicemente sopravvissuta.

La sua collocazione tra le manifestazioni celebrative del Patrono ha voluto rappresentare uri contributo, modesto ma significativo, di presenza e di coinvolgimento e, in una stagione di mercato, essa rimane la sola occasione benefica. Se poi la fortuna aiuta a vincere qualcosa di gradito, tanto meglio. L'AVIS non lesina nella selezione dei premi da mettere in palio, come la storia di questi anni può confermare.

Così la pesca di beneficenza sta diventando una delle poche tradizioni rimaste, nonostante i suoi giovanili trenta anni di vita.

Quando fu cambiata la collocazione della struttura, dalla Collegiata alla piazza attigua alla sede (1986), emersero seri timori perché le Fiere avevano spostato l'epicentro dell'affluenza in altra parte della città, mentre ci si allontanava ancora di più dalla zona di passaggio. I timori risultarono infondati e la richiesta e l'esaurimento dei biglietti, con la stessa tempestività del passato, fanno sperare che la proposta avisina sia entrata nel costume della gente.

È una speranza su cui l'AVIS conta molto perché la pesca rappresenta una fonte di contributo, anche se limitato, diretto all'autofinanziamento della sezione. Il calcolo è trasparente e alla portata di tutti. I biglietti sono 20.000 e conoscendone il prezzo, si può stabilire l'incasso. Secondo le disposizioni vigenti in materia e la prassi generosamente seguita, il valore dei premi è sempre molto superiore alla metà degli introiti programmati. In ogni edizione l'utile netto esiste solo grazie all'apporto, mai venuto meno, di un volontariato rilevante nel numero ed encomiabile nella qualità. È molto significativo il contributo dei giovanissimi di ambo i sessi che, invece di fare su e giù per le fiere, danno una mano nella distribuzione dei premi.

 

 

 

 

 

 

 

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La passeggiata ciclistica

La penultima domenica del mese di giugno di ogni anno (l'ultima, in caso di cattivo tempo), è dedicata alla passeggiata ciclistica. L'avvenimento è veramente spettacolare e vede snodarsi lungo il percorso stabilito centinaia di ciclisti con le insegne dell'AVIS. C'è di tutto: uomini, donne, giovani e ragazzi. Sono presenti interi nuclei familiari che affrontano il percorso secondo le energie disponibili. È una passeggiata, non una gara e non ci sono né vincitori, né vinti.

L'organizzazione è accurata con tanto di staffette, addetti alla vigilanza, punti di controllo e di ristoro. Chiudono il variopinto serpentone gli automezzi che raccolgono i partecipanti in crisi e l'ambulanza medica, come in tutte le gare degne di rispetto.

Gli itinerari, in genere, sono quelli del centro cittadino e della periferia del Comune per una lunghezza di circa 20/30 chilometri. Due volte la passeggiata ha valicato i propri limiti territoriali, nel 1980 e nel 1982. Nel primo caso si è partiti da Città di Castello, dopo aver mobilitato la Centrale Umbra che ha trasferito nel capoluogo tifernate partecipanti e biciclette. Nel secondo, la partenza è avvenuta da Gubbio dove i ciclisti sono stati trasportati in pullman e le due ruote a bordo delle quattro dei camions. L'avvenimento è una buona occasione per rendere visibile la presenza dell'AVIS sul territorio e per sollecitare curiosità e interesse, ma è anche un valido momento associativo che vivacizza i rapporti interpersonali tra chi vi partecipa.

A1 primo momento della fatica, segue quello del relax rappresentato dal pranzo alla Pineta Ranieri, allestito dai volontari dell'AVIS, e dallo spettacolo musicale del pomeriggio.

La partecipazione, sempre elevata, indica la bontà della scelta e il gradimento crescente contribuisce a rendere la manifestazione una tradizione avisina, che ormai si ripete dal 1979.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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I gruppi sportivi amatoriali

All'insegna dell'AVIS sono sorti gruppi sportivi amatoriali che hanno contribuito a diffondere l'immagine associativa e il suo ruolo.

L'impegno sportivo, in particolare a livello di amatori, è legato alla passione, a un po' di sacrificio e soprattutto all'età. Quando qualcuno di questi requisiti si affievolisce, lo sfaldamento del gruppo è la conseguenza naturale.

È successo così per il GRUPPO PODISTICO dell'AVIS, sorto nel 1980 con ottimi propositi e interessanti iniziative. Rimase attivo solo per un triennio e dal 25 aprile 1982 scompare ogni traccia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Nel 1993 è sorto il GRUPPO CICLISTICO AVIS umbertidese, dotato di regolare e vivace tenuta sportiva con i colori e il simbolo dell'Associazione e animato da tanta voglia di fare.

Il Consiglio Direttivo ha deliberato con piacere l'iniziativa, con l'augurio che la sua presenza e la sua attività possano avere esiti lunghi e felici.

 

La gita sociale

È costume abbastanza diffuso in tutte le associazioni l'organizzazione di viaggi a scopo ricreativo. In quella avisina l'attenzione al tempo libero è ancora maggiore perché esso è un veicolo importante di diffusione del volontariato del sangue e di propaganda, sollecitata a più riprese dalle norme statutarie e regolamentari.

Ad Umbertide il sollecito è stato raccolto ed anche i viaggi, insieme a tutte le altre iniziative in precedenza descritte, sono entrati nella prassi associativa.

La gita sociale ha il fascino dell'evasione, della curiosità per una nuova esperienza, dell'interesse culturale e umano per aspetti del mondo direttamente non noti o poco abituali nel flusso della nostra esistenza.

Il "viaggiare", inoltre, realizza una necessità naturale in ogni fase della vita e in ogni epoca della storia (Ulisse) perché interpetra una della caratteristiche intime dell'animo umano, il desiderio della scoperta e la sete della conoscenza. Un po' per questi motivi e un po' perché la gita dell'AVIS è entrata nelle scadenze da rispettare, la richiesta è sempre numerosa e la partecipazione alta.

In alcuni casi, e quando è stato possibile, è stato curato il contatto con altre sezioni avisine delle zone visitate, con possibilità di scambio reciproco, che ha permesso un confronto di idee e di esperienze utile e costruttivo.

Anche la gita, come le altre manifestazioni, è un richiamo familiare e non è sempre facile conciliare i costi individuali con la loro incidenza globale all'interno di un nucleo che intende partecipare al completo. Nell'Assemblea Straordinaria di Natale questo aspetto è il più dibattuto per rendere compatibili gli itinerari proposti con i costi previsti.

La storia dei viaggi avisini ha già compiuto i125° anno di età ed ha permesso ai numerosi gruppi di partecipanti di visitare città, paesaggi e monumenti interessanti del nostro Paese, con qualche capatina all'estero, come si può vedere nella tabella riepilogativa che segue.

Tutte le gite dell'AVIS, ad eccezione delle prime due del 1970, sono state organizzate dall'agenzia TUTTOTURISMO di Perugia con competenza, alta professionalità e generale soddisfazione dei partecipanti.

 

 

 

 

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Gli avisini e il Papa

Di ben altro tenore è il viaggio che settanta avisini umbertidesi effettuarono a Roma sabato 26 aprile 1980. In quel giorno il Santo Padre, Papa Giovanni Paolo II, aveva fissato un'udienza particolare riservata ai donatori di sangue, nella sala Nervi. La sezione non disertò l'appuntamento.

Mi scuso con quanti riterranno poco opportuna la menzione dell'avvenimento in questo capitolo, ma gli altri si prestavano ancora di meno.

D'altra parte, il tempo libero è anche una dimensione dello spirito.

 

L'AVIS E LA SCUOLA

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Il volontariato del sangue non è una scelta missionaria, ma un impegno civico di solidarietà sulla quale, peraltro, si basa ogni forma di convivenza sociale. Esso investe, perciò, il livello della cultura e dell'educazione e chiama in causa direttamente la scuola, come sede privilegiata in cui i processi educativi si sviluppano in maniera intenzionale e sistematica.

Lo stesso Statuto dell'AVIS, all'articolo 6, ribadisce in modo esplicito questo concetto e accordi ricorrenti fra la Sede Nazionale e il Ministro della Pubblica Istruzione, hanno programmato vari interventi in campo scolastico.

Ad Umbertide, la sezione è stata molto sollecita nel raccogliere la proposta e le scuole di ogni ordine e grado hanno offerto la massima disponibilità e la più ampia collaborazione, da sempre.

La prima iniziativa indirizzata al mondo della scuola si ebbe nel 1961, da parte del Comitato Promotore. La sezione ancora non c'era. Si sa poco su questo "concorso", le cui tracce appaiono su un semplice foglietto di appunti (la scaletta dell'intervento del Dottor Mariano Migliorati all'Assemblea istitutiva della sezione, i12 giugno 1963) e manca ogni tipo di materiale prodotto. Maggiore documentazione l'avremo in seguito.

Occorre precisare che l'incontro con la scuola avviene su due binari dai contenuti diversi, ma convergenti e complementari. Nel primo si ha il rapporto diretto con gli studenti, tenuto da alcuni membri del Direttivo e soprattutto dal Direttore Sanitario, Dott. Giancarlo Bruni, per illustrare le finalità associative e le problematiche specifiche del sangue. È un momento fertile e costruttivo in cui gli interventi degli alunni arricchiscono e personalizzano il dibattito, mentre costruiscono, sul piano interiore, la convinzione di un obiettivo nobile e di allettante richiamo da tenersi presente, a tempo opportuno.

La giovanile età, carica di rigorosi e disinteressati slanci ideali, si presta molto ad una proposta di altruismo e di abnegazione. E c'è un seguito. È prassi della sezione, ormai da molti anni, inviare gli auguri per il compimento del diciottesimo anno di età, a tutti i giovani del Comune. La lettera, una delle prime o 1'unica, che i destinatari si trovano fra le mani nel giorno in cui diventano maggiorenni, rinfresca anche il seme gettato fra i banchi di scuola. È una iniziativa gentile e molto proficua, se non altro sul piano del contatto umano.

Il secondo consiste nel bandire concorsi di disegno o di liberi componimenti che stimolano la creatività giovanile e si concludono con la cerimonia di premiazione dei lavori migliori.

Questo settore è molto curato dal Direttivo comprensoriale ed in particolare dal suo Presidente, Tognellini Rolando, che vi dedica molte energie e tanta passione. Per la verità Tognellini è dinamico anche nei rapporti della sezione (di cui è Vice Presidente) con il mondo esterno, istituzionale e privato.

Il secondo concorso fu bandito nel 1966. Si trattava di un componimento libero e vi fu una larga partecipazione. I lavori giudicati migliori e premiati furono quelli di Riccardini Graziella (classe 3° B Scuola Media "F. Mavarelli"), di Boldrini Maura (classe 1° B Scuola Media "G. Pascoli") e di Galeati Rita (classe 4° Istituto Professionale per il Commercio).

Fa piacere, a distanza di anni, riscoprire un pezzo di storia del passato e ripropongo i componimenti nel testo integrale.

 

“Perché è nata questa Associazione?

Perché si fa di tutto per diffonderla tra gli uomini? Sono domande a cui si può dare una sola risposta: amore per il prossimo.

Dando solo un poco del nostro sangue si può ridare la vita ad una persona che, sebbene sconosciuta, ci appartiene perché fa parte di una grande famiglia: l'Umanità”.

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Boldrini Maura, 1 ° B

 

 

“Chi sei illustre sconosciuto, ideatore dell'AVIS? Io non conosco il tuo nome, ma sono in grado di apprezzarti, comprendendo quanto sia importante l opera che svolgono i donatori di sangue.

Dove e come traesti l'idea di una iniziativa così benefica per l'umanità? Forse furono scene di dolore simili a quelle che ispirarono i1 benemerito ufficiale francese che, sui campi di San Martino e Solferino, ebbe l'idea di fondare quella nobile istituzione che si chiama Croce Rossa?

Ora le bianche autoambulanze arrivano nei più lontani paesi del mondo per portare aiuto a chi soffre, sfidando pericoli di ogni genere.

Accanto a quest'opera, io pongo quella dei donatori di sangue perché anch’essi, impegnati nella difesa della vita umana, corrono proprio là dove la vita lotta più duramente con la morte.

Io li ammiro e, se potrò, vorrò anche imitarli. Sarà il modo migliore per rendere grazie a Dio d avermi fatto robusta. Passano davanti agli occhi della mia fantasia corpi esangui abbandonati sui bianchi lettini degli ospedali, immagino persone trepidanti a quei capezzali e so quindi comprendere quale soddisfazione proverà il donatore di sangue, se contribuirà a rianimare chi stava per spegnersi.

Ho letto nella mia antologia una frase che mi ha fatto meditare: "Non vi è bene più sacro della vita" e quindi sento che è ammirevole chi corre dove la vita lancia il suo disperato SOS.

Alla cerimonia indetta nel mio paese in onore dei donatori di sangue, la prossima domenica, vorrei che partecipassero tutti i cittadini uniti in un vero spirito di fratellanza e di comprensione per i grandi dolori che arrecano le malattie e i gravi incidenti stradali, perché tutti possiamo esserne colpiti”.

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Riccardini Graziella, 3° B

 

 

“Ci sono particolari momenti nella vita in cui abbiamo bisogno di sentirci vicino il nostro prossimo per ascoltare l'incommensurabile valore di una parola di conforto, di un gesto buono, di un sorriso. È incredibile, però, con quanta facilità ci dimentichiamo di chi ci ha teso una mano. Viene fatto proprio di chiederci se l’altruismo esiste ancora o se è stata l'invenzione di qualche idealista impenitente.

No, l’altruismo esiste ancora perché c'è chi crede nell’amore, nella generosità, nel prossimo. La nostra colpa, se così possiamo definirla è di vivere nel mondo, isolati dal mondo. Siamo abituati a guardare quello che accade al di fuori della nostra famiglia, del nostro ambiente, con occhio distaccato, estraneo, partecipi solo per pura esteriorità al dolore universale, senza riflettere che c'è qualcuno che ha bisogno di una parola, di affetto.

Forse la colpa è della società moderna, della evoluzione frenetica del progresso, del ritmo intenso con cui sono scandite le ore della nostra giornata, sempre piene. Ma siamo sinceri, la colpa è anche nostra. Non cerchiamo, come al solito, una giustificazione; ammettiamo di esserci inariditi, di essere diventati arrivisti, opportunisti, egoisti e abbiamo dimenticato i giusti, i veri valori umani; ci siamo allontanati da chi soffre senza pensare di trovarci da un momento all 'altro in una corsia d'ospedale a cercare anche solo con gli occhi uno sguardo amico, un sorriso rassicurante e comprensivo.

Dagli altri ci aspettiamo tanto, ma noi cosa facciamo? Guardando la questione da un punto di vista religioso, la soluzione è 1ì a portata di mano. “Ama il prossimo tuo come te stesso”; il resto è pacifico. Questo lo sappiamo anche noi, però non alziamo un dito. Quando siamo presi da scrupoli ci guardiamo intorno in cerca di un'opera buona da fare, ma non la troviamo mai forse perché quando una cosa è scomoda, preferiamo non vederla.

È la realtà questa, il lato peggiore della realtà, ma fortunatamente c'è ancora chi sente il dolore umano e si sacrifica per alleviarlo. Restituire ad una madre il proprio figlio morente, salvare una vita, una famiglia, è possibile? Sì, basterebbe solo che ci sentissimo più umani, più vivi, più veri. Sarebbe sufficiente che rinforzassimo quei legami di amore fraterno che cristianamente ci uniscono e ci fanno sentire una parte dell'umanità. Abbiamo mai pensato a donare il nostro sangue, una parte di noi stessi a chi ne ha bisogno? Forse sì, ma l abbiamo considerata una cosa quasi assurda, bella, tanto bella da farci sentire eroi, ma assurda. Abbiamo tutti provato l angoscia, i1 timore di perdere una persona cara. Tra le lacrime, con la disperazione nel cuore, è una cosa troppo spontanea dire al Signore: “T’offro la mia vita in cambio della sua”. Questo non è assurdo, è amore, l'amore che non conosce limiti egoistici e generosità repressa, è 1 amore nel senso evangelico della parola.

Abbiamo tutti un cuore, forse non lo ascoltiamo spesso, perché potremmo trovare ciò che affannosamente andiamo cercando per tutta la vita in un semplice, dolcissimo sorriso di riconoscenza di una persona sconosciuta.

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Galeati Rita, 4° Ist. Prof.

 

 

Ci furono numerose iniziative analoghe negli anni successivi. L'ultima è del 1995 sul tema L'AVIS, LA VITA e il linguaggio scelto dai partecipanti è stato quello del disegno. La giuria si è trovata nell'imbarazzo di doverne scegliere uno, perché tutti i lavori presentati erano di livello pregevole, sia nella tecnica espressiva che nella qualità dei contenuti.

La premiazione è avvenuta in forma solenne nella sala "S. Francesco" il 3 giugno 1995 e uno dei primi premi è stato assegnato a Marcucci Maura (Classe 3° Scuola Media "F. Mavarelli" sede di Pierantonio) per il disegno che viene riprodotto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Il mondo della scuola, settore privilegiato dell'attenzione avisina, non ha impedito uno sguardo più ampio e nel 1967, venne bandito un concorso di poesia aperto a tutti sul tema LA MIA VALLE: UOMINI E COSE, PROBLEMI E ASPIRAZIONI.

La copia del bando, per l'interesse e la partecipazione che ottenne, è qui riprodotta e vengono riportate anche le tre poesie che ottennero il primo premio ex aequo. Sono di Roselletti Achille, Tosti Mario e Cancian Antonio.

 

 

 

 

 

 

 

 

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GLI ASSENTI

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Prima o poi capita a tutti di ingaggiare l'ultima battaglia della vita, quella che nessuno ha mai vinto. A questo ineluttabile destino soggiace anche chi ha fornito notevoli truppe alle battaglie degli altri e dopo una militanza generosa, all'improvviso manca all'appello.

È difficile seguire da vicino le vicende personali di ogni donatore. Il numero è elevato, i luoghi di residenza più disparati, la presenza in sezione dei volontari addetti solo pomeridiana.

Capita, allora, che di qualche evento luttuoso si venga a conoscenza in circostanze intempestive per esternare un atto formale di cordoglio.

L'argomento è stato dibattuto a lungo e da tempo, nei vari Direttivi.

Da un lato, il silenzio sistematico, anche se incolpevole per mancata comunicazione dell'evento, potrebbe apparire come sintomo di indifferenza e di insensibilità, incoerenti con le finalità associative.

Dall'altro, la partecipazione esteriore al dolore solo nei casi di cui si ha notizia, potrebbe essere interpretata come attenzione discriminatoria per qualche socio particolare.

L'orientamento prevalso e praticato è quello di non ricorrere ad alcuna formalità, nei casi di lutto che riguardano i soci. Ma la famiglia avisina non è insensibile ad una scomparsa che la colpisce anche direttamente e ha voluto fare un gesto più duraturo di una semplice corona di fiori.

Nel Cimitero cittadino è stato eretto un cippo, tre steli di travertino di diseguale altezza, il CIPPO DEL DONATORE.

I nomi dei soci emeriti e attivi, dei collaboratori e del fondatore che ci hanno lasciato, sono tutti lì, incisi nel bronzo, ed esposti alla gratitudine e al ricordo.

La lista è già lunga e fa da cornice a tanti altri nomi di quel lembo di terra dove finiscono l'amore e l'odio, la vanagloria e l'umiltà, la generosità e l'avarizia. Il cippo, nella sua semplicità e armonica compostezza, vuole essere, nella morte, l'emblema della vita dell'avisino.

È stato ideato e redatto dall'Architetto Bazzarri Luciano. L'inaugurazione è avvenuta in forma solenne il 24 giugno 1990. Molti ricorderanno che in quella domenica si svolse la passeggiata ciclistica, che prese il via dopo la Messa al Cimitero e la breve cerimonia inaugurale, alla presenza di numerosi partecipanti già in tenuta di partenza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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COMMIATO

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E la storia continua. Essa appartiene sempre meno all'anziano che la scrive e sempre più al giovane che la legge. È naturale che sia così, per riaffermare la vita con i suoi impegni gravosi, i sacrifici, i dolori, le gioie e le speranze.

È un po' come la legge fisica della formazione dei ghiacci nei rigidi freddi polari, che se non fossero più leggeri del liquido sottostante che li origina, sedimenterebbero senza possibilità di vita sulla terra.

I fondatori dell'AVIS hanno trovato chi li ha affiancati e poi sostituiti nel quotidiano lavoro organizzativo; ai primi donatori si è accodata una folta schiera di giovani che hanno afferrato il testimone per passarlo ad altri, nella interminabile staffetta della solidarietà.

Così sarà anche nel futuro, perché la scelta del volontariato avisino è diventata connaturale al popolo umbertidese, a testimonianza delle radici solide di sensibilità umana e di alto civismo, non ancora del tutto contaminate dalle categorie contemporanee dell'individualismo imperante.

Nel dare alla stampa questo modesto lavoro, sento il dovere di ringraziare chi mi ha dato una mano: Luigi Gambucci che, con sollecitudine e premura, mi ha procurato tutti i dati d'archivio, controllandoli con scrupolosa diligenza e con la competenza di chi la storia dell'AVIS ce l'ha nella mente. Senza il suo aiuto, queste pagine avrebbero visto la luce molto più tardi.

Tanta gratitudine anche all'Editore, la GESP di Città di Castello e al suo titolare Paoloni Sandro che, da buon avisino, ha voluto contribuire con la massima generosità offrendo alla sezione la stampa gratuita del libro, con la partecipazione della signora Franchi Roberta e del signor Ascani Ascanio.

Ma devo ringraziare, in particolare, tutti gli avisini umbertidesi la cui nascosta e silenziosa fatica è stata per me insegnamento alto, che ha reso più lieve la mia.

Proprio per contribuire, in minima parte, alla concreta testimonianza di solidarietà che all'AVIS abitualmente si pratica, cedo tutti i diritti d'autore inerenti al presente volume, tranne quello di modificarne il contenuto, alla SEZIONE AVIS DI UBERTIDE che, con le offerte ricavate dalla sua diffusione, potrà meglio far fronte alle necessità economiche delle sue molteplici iniziative.

 

 

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I donatori
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