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"Ciango"

Giovanni Ciangottini, il "vecchio Ciango"

Giovanni Ciangottini, il "vecchio Ciango"

Il ricordo appassionato e arguto di Giovanni Ciangottini, “il vecchio Ciango”, dalla penna brillante del giornalista umbertidese nonché amico Florido Borzicchi per il Calendario di Umbertide 1999...


a cura di Fabio Mariotti



Prima che la “Grandi Viaggi” di Padre Ulisse gli svelasse le arcane bellezze di Stresa, Gradara e Loreto, con puntate a Pallanza e Ponte Chiasso e Gippo portasse notai e benefattori in Africa, il turismo locale puntava eminentemente su tre direttrici: vacanze a Torrette delle famigliole, sulle prime utilitarie, strapiene di viveri, onde superare indenni anche una eventuale lunga guerra di trincea (ma non mancavano i cartoni per proteggere le gomme dal sole e la damigianetta di rosso sul portabagagli); viaggio oltrecortina degli intellettuali di sinistra che poi tornavano da Mosca, Budapest e Praga raccontando mirabilie, specie degli ospedali e dei kolkos, dove i contadini, dopo la fatica del giorno, si appisolavano al suono di un quartetto d'archi (unico problema le stazioni di servizio, introvabili e infatti si erano quasi sempre riforniti dai trattori nei campi); trasferta a Bologna della piccola borghesia con ambizioni artistiche, per far visita al “vecchio Ciango”.




Ciango, al secolo Giovanni Battista Ciangottini, era l'umbertidese che aveva fatto fortuna al di là della linea gotica, mitico pittore che dava del tu a mostri sacri come Morandi e Virgilio Guidi, Arcangeli e Raimondi, Barilli e Cavalli, Gatto e Anceschi, Gnudi e Brandi, il primo ad aver fondato una galleria d'arte prima della guerra, in via Zamboni, denominata “La Cupola”,



dov'erano esposte opere di Savinio e Modigliani, Morandi e De Chirico, acqueforti, acquarelli e oli con i quali oggi si potrebbe comprare tutta via Roma, il castello di Civitella e il futuro grattacielo. L’appuntamento era nella sua nuova Galleria, “Il Cancello”, in Piazza santo Stefano, uno dei gioielli di Bologna, con la pavimentazione a ciottoli, da sconsigliarsi alle signore coi tacchi.



“Ciango” era un uomo rustico, a cui non stava mai bene niente, uno di quelli, però, che gli israeliani chiamano “sabra”, un frutto fuori irsuto e punciuto ma tenero dentro. Sempre pronto all'invettiva, al sarcasmo, all'insulto, subito disponibile, però, a prenderti sotto braccio.



Quello della Fratta in trasferta a Bologna era, a ben pensarci, masochismo puro. La prima cosa che potevano sentirsi dire, infatti, era: “Non me fate fa' brutta figura”, “Gli zoccoli potevate anche cavalli”, infine “I vigili ve hanno fatto passà?”.




Ma subito si commuoveva. “Come sta ‘1 Tevere? Truncichella quanti banchi ha perso?”

Potevano esserci compratori e critici, pittori e poeti ma quando gli dicevano: “Giovanni ci sono degli umbertidesi” lasciava la compagnia per andare tra i buzzurri, come li chiamava.





Abbandonava allora il dialogar forbito, lui che abitava in Petronio Vecchio e frequentava il Circolo Artistico e si tuffava nel dialetto pieno di melè e mequè, tulì e tulà, felice di poter parlare del Corvatto e Monte Acuto, di Trivilino e Corlo, di Pucci e Ghisalberti.


Rustico e al solito diffidente, ma “quando t'aveva saggiato” era fatta. Gli umbertidesi non erano da meno. Osservando alle pareti le nature morte di Morandi, piene di barattoli e bottiglie, gingilli che già allora valevano oro colato, gli chiedevano: “Sti fiaschi èn tutti voti?”. Non capivano poi la sua pittura astratta, quei paesaggi pieni di luce ma con quattro sgorbi messi in croce. “Mica me dirè che è Magnamacco”.


La visita finiva con la promessa di rivedersi al paese. Le traveggole cominciavano verso giugno, che ricordava a Giovanni le stradine polverose nel caldo torrido di san Lorenzo, sulla strada per Montone, le stanche del Tevere, i cucù dei cuculi (allora c'erano e si facevano sentire), la battitura e i primi bagni al Lido, sotto il ponte, dove aveva una barchetta di nome Jole (poi venne una piena e portò via tutto, dancing e pontile).



“Ciango”, lo sapevamo ormai tutti, cominciava a fremere già a maggio. Dopo che la luce se n'era andata e non distingueva più il giorno dalla notte, c'era sempre qualcuno che lo andava a prendere. E nelle lunghe passeggiate serali, dalla stazione alla Collegiata o nelle puntate ai Cappuccini o alla Pineta, il discorso riandava spesso alla trascorsa giovinezza, agli artisti, ai critici, ai poeti, ai letterati. “Un giorno Virgilio Guidi...” o “mi ricordo che Morandi, una sera, era appena finita la guerra...”. Per i buzzurri che lo ascoltavano era la rivincita tanto attesa. “Guidi, Morandi, Arcangeli? E chi enno, i contadini de Reggiani?” Poi una mattina di primavera, all'inizio di via Unità d'Italia, quel manifesto: “E' morto nella sua amata Umbertide Giovanni Ciangottini, il pittore”.


Florido Borzicchi




DONAZIONE CIANGOTTINI


Quando il maestro Ciangottini espresse il desiderio di donare alla città di Umbertide la sua collezione privata di opere raccolte in tanti anni di lavoro nel mondo dell’arte, l’amministrazione comunale accolse la proposta con grande soddisfazione.





Le 23 opere donate, di artisti di statura diversa, che vanno dal figurativo all’astratto in un arco di tempo di 10 anni a cavallo della II Guerra Mondiale, sono andate ad arricchire la collezione che si stava costituendo nel “Centro per l’arte contemporanea” da alcuni anni realizzato all’interno della Rocca.



L’inaugurazione della mostra delle opere si è svolta, alla presenza di Ciangottini, il 20 settembre 1992. In quell’occasione l’allora sindaco di Umbertide Maurizio Rosi, nel ringraziare il maestro per questo gesto di profondo amore nei confronti della sua città natale, ha voluto regalargli una medaglia d’oro con incise le chiavi della città.

Ciangottini ha ringraziato il Sindaco con queste parole: “Quando sarò morto voglio che le mie ceneri siano disperse nel Tevere, insieme a questa medaglia”.



IL “NETTUNO D’ORO” A GIOVANNI CIANGOTTINI


Il 13 ottobre 1994 il sindaco di Bologna Valter Vitali ha consegnato a Giovanni Ciangottini, a nome della città, il “Nettuno d’oro”, il più prestigioso riconoscimento che Bologna riserva ai personaggi che con la loro opera hanno illustrato la città.




Questa la motivazione: “Una delle presenze più limpide ed incisive – sia come artista che come animatore dell’attività artistica e culturale della città – fra quante ne abbia annoverato la stora del secondo Novecento a Bologna”.




NOTA BIOGRAFICA


Giovanni Ciangottini è nato ad Umbertide nel 1912. Dopo aver frequentato l’Istituto d’Arte di Perugia, si trasferisce a Bologna per seguire i corsi dell’Accademia di Belle Arti. Dal ‘39 al ‘43 diviene assistente di Virgilio Guidi, titolare della cattedra di pittura.

Negli anni ‘40, piuttosto fertili per la vita artistica della città, frequenta intellettuali e artisti come Roberto Longhi, Giorgio Morandi, Cesare Gnudi e Francesco Arcangeli, con il quale collabora per la rivista “Architrave”.

Nel ‘42 l’artista crea la “Galleria Ciangottini” che si apre con una collettiva di Modigliani, Morandi, Carrà, Rosai, Tomba.

Con quella che è la prima galleria privata di arte contemporanea a Bologna si vuole dare un nuovo impulso alla vita culturale della città, inserendo le manifestazioni locali in un tessuto di scambi e preziose possibilità di confronto. Nell’arco di un anno si alternano nello spazio espositivo artisti come Carrà, De Chirico, Morandi, Severini, Corazza, Drei, Rosai, Sironi, Tomba. Modigliani, De Pisis e molti altri.



La prima produzione pittorica di Cingottini rivela nei paesaggi, nelle nature morte una intenzione sintetica ed una capacità di astrazione, pervase di raffinata ironia.

Le opere tra gli ultimi anni quaranta e il decennio successivo individuano nel paesaggi l’occasione per un’intensa ricerca formale che suggerisce “l’equidistanza tra sapienza e ingenuità” (F. Arcangeli).

La stesura in quegli anni diviene ancora più larga ed espansa e si av vicina sempre più a risultati informali.



L’attività di gallerista continua con “La Cupola”, dal ‘46 al ‘47, “La Scaletta”, a partire dal ‘49 e “Il Cancello” nel ‘59, dove nel ‘61 si tiene una sua personale curata da Andrea Emiliani.

Tra gli anni quaranta e ottanta è presente in diverse mostre, tra le quali ricorderemo le Quadriennali romane del ‘52 e del ‘57 e “L’Informale in Italia”, a Bologna nel 1983, a cura di R. Barilli e F. Solmi.

Dal ‘48 in poi è presente più volte alla Biennale di Venezia, nel ‘64 con una personale presentata da Giuseppe Raimondi.

In occasione di una mostra intitolata “La neve e il mare” (Galleria “Il Cancello”, Bologna 1968), Alfonso Gatto, Nino Rinaldi e Virgilio Guidi gli dedicano alcune poesie, tra le quali i versi seguenti:


PER CIANGOTTINI


La neve copre le cose / che la luce scopre / all’altezza del mare / io non do confidenza / ma se tu vai a loro / io sarò con te per amare / la neve e il mare.


Virgilio Guidi


Dal Catalogo della Donazione, Comune di Umbertide, Settembre 1992

20/7/23

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