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Castellaccio e Castel vecchio (Castel Pretino)

Castelvecchio e Castellaccio sorgono odiernamente a poca distanza l’uno dall’altro nel settore sud- ovest di Monte Acuto, raggiungibili attraverso la strada provinciale di San Giovanni del Pantano. Si mostrano come due abitati piuttosto corposi affiancati entrambi da due strade provinciali. Sono due castra del contado di porta Sant’Angelo appartenenti all’odierno comune di Umbertide...

CASTELLACCIO E CASTELVECCHIO (Castrum Preytinum, castrum Peritini, castrum Preitini)


(Basato su un lavoro di Giovanna Benni)


La struttura conosciuta


Castelvecchio e Castellaccio sorgono odiernamente a poca distanza l’uno dall’altro nel settore sud- ovest di Monte Acuto, raggiungibili attraverso la strada provinciale di San Giovanni del Pantano. Si mostrano come due abitati piuttosto corposi affiancati entrambi da due strade provinciali. Sono due castra del contado di porta Sant’Angelo appartenenti all’odierno comune di Umbertide, dei quali non emergono informazioni nelle fonti antiche, per questo è necessario considerare anche gli eventi concernenti “Castel Pretino”, poiché, secondo gli storici, questo castello si sarebbe localizzato presso uno dei due siti. La località denominata Castel Pretino riportata in alcune carte topografiche rinascimentali (ad esempio in quella eseguita da Ignazio Danti nel 1577) e collocata nella parte nordovest di Perugia, fra le località di Pantano e San Gratignano. (Ndr: oggi, a distanza di un decennio dal lavoro della professoressa Benni ,le fondamenta di Castel Pretino sono state individuate da Francesco Raggetti in: Francesco Raggetti “Perduti nel tempo Castelli in rovina del territorio di Perugia Vol. III Parte seconda”, Il Formichiere, 2022, Foligno; realizzato in base a ricognizioni sul campo e ricerche di Francesco Raggetti)



Immagine n. 1: Castelvecchio e Castellaccio (foto di Francesco Deplanu )


Castelvecchio e Castellaccio figurano principalmente come località rurali perciò, a causa della difficile individuazione della propria matrice originaria tramite documenti, una prima indagine da compiere è lo studio deitoponimi, che può permettere

di ricostruire un particolare modello insediativo risalente.

Castellaccio, ovvero Castrum unito al suffisso -acium oppure -atius, in base alle indicazioni di Settia, “La toponomastica come fonte per la storia del popolamento rurale, in Medioevo rurale, sulle tracce della civiltà contadina” (pp.35-55) richiama la connotazione di “antico”, “rovinato” in particolare, a edifici fatiscenti come riferimento anche ai nomi propri di centri abitati segnando così il sito di un villaggio abbandonato.




Immagine n. 2: Stralcio CartaCatastale di Castelaccio (Agenzia del Territorio di Perugia fog. n. 192.


C’è infatti, in questi casi, un riferimento particolare ai toponimi che indicano fortificazioni che si mostrano in sfacelo già in età medievale. Il termine castellaccio è utilizzato principalmente per «castelli diruti ed abbandonati [...] in cui prevale il senso di edificio in rovina». Va precisato che, nei casi in cui il termine «castellaccio» è utilizzato per un toponimo che oggi presenta un insediamento abitato, si può ipotizzare che dopo un lungo abbandono del luogo, nel quale, però, restano i ruderi del castrum, si sia verificato un successivo periodo di popolamento, così come può essere ipoteticamente avvenuto per l’odierna località Castellaccio.

Castelvecchio, toponimo formato da Castrum con l’attributo vetus, ‘vecchio’, è un riferimento a qualcosa che appartiene al passato e che, applicato alla toponomastica, risulta ascrivibile a ciò che si dimostra «perento, decaduto, in sfacelo». Nelcaso presentato nella ricerca però, al di là delle

tipologie generali evidenziate e comunque risultate aderenti alla situazione particolare trattata, se si considerano i toponimi Castellaccio e Castelvecchio, unitamente alle ipotesi della possibile presenza in origine (in luogo dei due insediamenti o almeno di uno di essi) di Castrum Preitinum, si potrebbe concludere che nella zona era presente un castello preesistente che poteva riunire i due toponimi odierni in uno stesso distretto, data la sua rilevanza in un vasto dominio e la particolare prossimità all’area dei due toponimi qui trattati.




Immagine n. 3. Particolare Carta corografica di Perugia del 1577, di Ignazio Danti, incisa da Mario Cartaro a Roma nel 1580 da Source gallica.bnf.fr / Bibliothèque nationale de France . Visibile al link: https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b550000622/f


La storia conosciuta


Ora, questi toponimi punterebbero a ricordare l’alternanza di una prima fase di popolamento (quella rappresentata da Castrum Preitinum) a cui era poi succeduto l’abbandono del luogo, e un conseguente, nuovo processo di insediamento, di cui le denominazioni Castelvecchio e Castellaccio potrebbero essere la testimonianza.

Castrum Preitinum rientrava tra le aree sottoposte all’influenza del monastero di Santa Maria di Val di Ponte come elemento decentrato posto nel settore nordorientale e come punto di diffusione del potere signorile. A questo proposito secondo il Tiberini (in Tiberini, S. 1999, Le signorie rurali nell’Umbria settentrionale. Perugia e Gubbio, secc. XI-XIII, Spoleto. ) si può individuare castrum Preitinum (o Preitidium) come «località fortificata ubicata più a monte, presso l’attuale vocabolo Castellaccio: qui il cenobio valpontese possedeva, tra le altre cose, un palatium con torre, presumibilmente il nucleo più munito del castello. Il controllo di esso poteva implicare una preponderanza non solo economica nella zona, tuttavia non vi sono dati che lo possano confermare»


Il castrum rientrava nel processo di fortificazione del territorio che si sviluppò nella prima metà del XII secolo nella zona interna del contado più vicino a Perugia, dove in quel periodo, i nuclei fortificati cominciavano a irradiarsi nelle zone interne affiancandosi a quelli già esistenti. Possiamo infatti parlare dell’esistenza di Castrum Preitinum dal 1115-1119, quando i documenti valpontesi già accennavano a questo insediamento posto «alle falde del Monte Tezio» per le prime volte come castrum.

In collegamento con il monastero valpontese vi era la componente laica dell’area suburbana perugina che gravitava sul castello. I Domini di castrum Preitidii risultavano essere presenti nel territorio castrense già dalle sue origini;le fonti del 1089 permettono infatti di stabilire che, probabilmente, il processo di incastellamento riguardante questo luogo si fosse avviato con loro, mentre altri documenti del 1158 ne dimostravano lo sviluppo. Proprio nel 1089 il dominus capofamiglia e unitamente sua moglie donavano i beni in proprio possesso a Santa Maria di Val di Ponte perché privi di prole. Essi individuano nel passaggio dei possessi al monastero l’unica modalità di affermazione del proprio dominio e del proprio potere, allo stesso modo di più antichi investimenti in enti religiosi operati dai Longobardi come rafforzamento del proprio lignaggio e salvaguardia della memoria personale dopo la morte (ma anche pro rimedio anime).




Immagine n. 4: particolare “Perusini agri; exactissima novissimaque descriptio: auctore Egnatio Dante” di Ignazio Danti (stampa 1584) con indicato più chiaramente facente parte dell’Atlante dell’Ortelio del 1584: https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b53042173r/f1.item


Tuttavia, questa signoria laica ad inizio ‘200 non riuscì a proseguire la linea dinastica, perciò terminò estinguendosi. Grazie al consenso del monastero, si proposero nuovi signori che a metà ‘200 (anni 1240-1247) riuscirono a ottenere i beni patrimoniali lasciati, nei quali però non erano compresi i diritti nobiliari. E questo nonostante che i documenti mostrassero la preferenza di uno dei nuovi domini tra i magnates relativi al contado di porta Sant’Angelo nel 1260, ovverosia Rainerio Marescoti.


Non solo il lignaggio dei Marescoti, nelle vesti di soggetto signorile, deteneva beni sul territorio di Castel Pretino. Infatti, tra gli altri, erano ricordati nel 1247, in documenti conservati presso Santa Maria di Val di Ponte, anche possessi non meglio individuabili appartenenti a eredi di Guiduccio Nigri nel territorio del castrum (che erano i ricchi signori del castello di Montalera e possedevano molte aree circostanti).

Immagine 5: Vista di Monteacuto vista dalla strada che sale a Castellaccio e Castelvecchio e (foto di Francesco Deplanu).

Non ultimo il casato Uffreducci Graziani, che tramite testamenti rivelava la propria condizione giuridica di domini, disponendo per tutta la seconda metà del ‘200, come dimostrano fonti del monastero valpontese, di proprietà terriere diffuse a nord del contado di Perugia, tra le quali anche alcune presso Castel Pretino.

Gli estimi catastali in diversi periodi evidenziavano la presenza del castello relativamente agli insediamenti di porta Sant’Angelo. Già elencato dal Grohmann ( in Grohmann, A. 1981, Città e territorio tra Medioevo ed età moderna (Perugia, sec. XIII-XIV), Perugia ) come Castrum Peretini nel Liber bailitorum del 1258 e tassato nel Liber impositionis bladi del 1260 per trentanove corbe, il castello nel censimento per il comune perugino eseguito sugli insediamenti di tutto il contado registrava 38 fuochi, numero da cui è possibile evincere uno sviluppo ipotetico del castrum: media grandezza, ma importanza strategica, poiché posto a contatto con i circuiti viari terrestri fondamentali per gli apporti commerciali con Perugia.




Immagine 5: Vista di Monteacuto vista dalla strada di Castelvecchio


Non a caso è collocato all’estremo sud dell’odierno confine comunale di Umbertide, lungo una direttrice di transito molto trafficata, cioè la strada vicinale di San Giovanni del Pantano che metteva in contatto tra loro anche le zone più a ovest del contado, verso il Lago Trasimeno e da qui verso il territorio toscano.

Castel Pretino era elencato infatti assieme ad altri cinquantatre toponimi che avevano ricevuto ordine nel 1332 dal Consiglio dei priori di Perugia di provvedere al risanamento del settore viario di propria competenza secondo l’area spettante, con continuo mantenimento a proprie spese di questa porzione di strada.




Immagine 6: Vista d’attuale edificio prospiciente la strada a Castellaccio e Castelvecchio (foto di Francesco Deplanu).


In effetti tale aspetto era già chiaro ai perugini che, nelle veci del Consiglio dei priori nel 1296, ordinarono la costruzione di un ponte realizzato come passaggio sul fiume Caìna, in prossimità di Castel Pretino, ma senza precisa definizione.

Questa posizione di crocevia, favorevole per scambi e rapporti commerciali con gli insediamenti circostanti, si rivelò invece negativa nei casi di attacchi esterni, come in quello verificatosi nel 1360 a causa delle incursioni di truppe inglesi capeggiate dal capitano di ventura John Hawkwood, dirette verso la Toscana e decise alla conquista. Nel passaggio nel territorio settentrionale del contado arrecarono gravissimi danni e depredazioni tanto che, anche per la stessa Perugia, si dimostrò complicato riuscire a organizzare una valida ed efficace resistenza.


Conseguenza di ciò fu un notevole calo demografico (comunque molto diffuso anche in altri castra a fine ‘300). Solo 46 le persone presenti nel distretto nel 1410, da cui si potrebbe concludere che, probabilmente, questa distruzione rappresentò la fine dell’insediamento fortificato di Castel Pretino come unico castrum, avviando la gemmazione dei nuovi nuclei abitati oggi conosciuti con i nomi di Castelvecchio e Castellaccio.


Gli enti religiosi presenti a Castel Pretino erano le chiese intitolate a Sant’Angelo e Santa Lucia, alle quali se ne aggiunse più tardi una dedicata a San Martino: «La terza parte della cappella di


Santa Lucia di Castrum Preitidii, con metà del castrum medesimo», presso il quale anche il monastero di Santa Maria di Val di Ponte aveva un palatium cum turris, rientrava tra le pertinenze del capitolo della cattedrale di San Lorenzo di Perugia possedute nel settore nordovest del contado che venivano confermate alle sue dipendenze nelle Bolle papali di Alessandro III (1169) e Clemente III (1189) con aggiunte e modificazioni, dimostrandone così la vastità e la diffusione nel territorio.


Nel XIV secolo queste chiese erano ancora ricordate e allibrate nel Liber beneficiorum: «la chiesa di S. Angelo dipendente da S. Giovanni del Prugneto, è iscritta per 25 libre. Nel catasto del 1489 la proprietà della chiesa è composta da 9 appezzamenti di terreno, pari ad una libra di 38 libre».

L’autore continua: «la chiesa di S. Lucia, soggetta alla cattedrale perugina, è iscritta per 5 libre» e conclude «nel catasto del 1489, la chiesa di S. Martino del distretto di Castel Pretino, ha una proprietà composta da 3 pezzi di terra del valore di stima di 130 lire di denari, ma le viene assegnata una libra di 25 libre grosse».



Links alle fonti mappe primarie:



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    Benni G. “Incastellamento e signorie rurali nell’Alta valle del Tevere tra Alto e Basso Medioevo. Il territorio di Umbertide (Perugia, Italia)”. Lavoro edito in NOTEBOOKS ON MEDIEVAL TOPOGRAPHY (Documentary and field research) Edited by Stefano Del Lungo N. 7, 2006.


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    Raggetti F., Sorcini S., “Perduti nel tempo Castelli in rovina del territorio di Perugia Vol. III Parte seconda”, Il Formichiere, 2022, Foligno; realizzato in base a ricognizioni fotografiche sul campo e ricerche in archivio e mappe svolte in precedenza da Francesco Raggetti.

  • -Grohmann, A. 1981, Città e territorio tra Medioevo ed età moderna (Perugia, sec. XIII-XIV), Perugia

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    Settia, A. A. 1980*, La toponomastica come fonte per la storia del popolamento rurale, in Medioevo rurale, sulle tracce della civiltà contadina, a cura di V. Fumagalli, G. Rossetti, Bologna, pp. 35-56.

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