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DON EMILIANO PIERGENTILI

Padre don Emiliano Piergentili da Fabriano

Tra i molti Beati eremiti camaldolesi della Congregazione di Montecorona, uno dei più importanti è certamente don Emiliano Piergentili, uno dei padri più vicini al nostro tempo. Vissuto all'Eremo e alla Badia di Montecorona, persona di profonda cultura, condusse una vita penitente e di superiore virtù tanto da essere additato come grande esempio dell'ordine monastico, morì all'Eremo di Montecorona il 16 gennaio 1779 e fu sepolto all'interno dell'Eremo stesso.




Nel secolo passato tutti i montecoronesi ricordavano Padre Emiliano perché la sua storia era stata tramandata di generazione in generazione.

Quando ero piccolo sentivo parlare di questo Beato dalla mia nonna paterna e da altri anziani montecoronesi; mia nonna ed altre persone residenti nel comprensorio di Montecorona veneravano questo Beato, si recavano spesso all'Eremo per pregare sulla sua tomba ed accendere un cero, dimostrando la grande fede che circondava questo santo eremita.

Nel 1863 lo Stato Italiano ordinò la soppressione dell'Eremo di Montecorona con la sua chiesa: questi passarono di mano in mano sino ad andare in rovina.

Lo Stato alienò tutto, concedendo questi beni a privati cittadini, che furono comunque responsabili dello spoglio del sacro luogo.

Così dall'Eremo sono stati asportati e trafugati oggetti di inestimabile pregio artistico e storico.

Nonostante la cattiveria dell'uomo e l'inesorabile opera demolitrice del tempo, l'Eremo e coloro che lo avevano abitato costituivano un ricordo vivo nella mente di tutta quella gente che abitava a Montecorona e nella sottostante valle Tiberina.

Da quel lontano, triste 1863, anno in cui gli Eremiti dovettero andarsene, comitive di uomini, donne e giovani periodicamente si recavano all'Eremo visitando puntualmente le tombe dei Beati.

Negli anni ‘60 del secolo passato, l'Eremo conobbe un periodo di completo abbandono e desolazione; durante questo periodo anche le tombe dei Beati eremiti, compresa quella di Don Emiliano, vennero trafugate e le loro ossa rubate e disperse.





Nato il 23 novembre 1701 a Fabriano da Antonio, un tessitore di panni di lana, e da Maria Antonia Maffoli – morta giovanissima -, gli fu dato il nome di Annibale. Fin dalla fanciullezza, si sentì attratto da un forte amore per Dio e per la vita eremitica tanto che, nella primavera del 1725, decise di entrare nella Congregazione degli Eremiti Camaldolesi di Montecorona. Recatosi alla Badia per realizzare la sua aspirazione, venne accolto con amore e premura; salito in cima al monte dov'è l'Eremo, venne accolto dal priore padre Stefano Adami, patrizio fermiano, già cavaliere di Santo Stefano che, pur dimostrando nei suoi confronti benevolenza, lo persuase a tornarsene a casa ed a riflettere meglio sulla sua vocazione alla dura vita eremitica e sulla consapevolezza sempre più intima di voler stare con Dio, di cercare la sua Presenza e meditare la sua Parola.

Addolorato, Annibale fece ritorno a Fabriano ma, dopo poco tempo, sicuro della sua vocazione e deciso ad intraprendere una nuova esistenza lasciandosi alle spalle il mondo in cui viveva, risalì a Montecorona.




Il Priore, che nel frattempo aveva avuto ottime informazioni sul giovane, l'accettò nell'ordine senza esitare: Annibale mutò il proprio nome in quello di Emiliano.

Iniziò il noviziato il 13 agosto 1725 e la prima mansione fu quella di sacrestano, che svolse con impegno e decoro. Intelligente, studioso e dotato di rare virtù, ossequiente alla regola di S. Romualdo, ebbe sempre la più alta stima dei superiori e dei confratelli.

Cinque anni dopo, nel 1730, fu nominato diacono e nel dicembre dello stesso anno venne ordinato sacerdote. Celebrava la Santa Messa con la massima calma e devozione; quando era malato, la celebrava in infermeria e la protraeva per due ore. Don Emiliano rimase a Montecorona fino al 1734, allorquando si recò all'Eremo di Monte Cucco, vicino Gubbio ma, ivi trascorsi dieci mesi, tornò a Montecorona.




Nel 1742 fu eletto superiore della Badia, con subordinazione al superiore dell'Eremo. Dopo non molto tempo, venne eletto Priore dell'Eremo di Monte Conero, presso Ancona.

Nel 1745 ricevette l'incarico di dirigere, in qualità di Superiore, il Sacro Eremo Tuscolano di Frascati, riportandovi l'ordine e la disciplina. Quattro anni dopo si ritirò a Montecorona senza, tuttavia, rivestire alcun incarico di rilievo.

Nel 1753 fu di nuovo investito della carica monastica di Priore dell'Eremo del Monte Conero.

Verso la fine del 1755, a causa di una grave malattia alle vie urinarie, fece ritorno a Montecorona chiedendo, nel febbraio del 1756, di poter volontariamente recludersi in una cella: isolato dal mondo, condusse una vita fatta di privazioni e di tormenti dovuti al morbo.

La sua salute, tuttavia, cedeva inesorabilmente e la malattia lo costrinse a restare a letto e a non rialzarsi più. Il 16 gennaio 1779, padre Emiliano all'età di 77 anni morì durante la celebrazione della Santa Messa, cui poteva assistere da una finestrella della sua cella.

Grande fu la commozione di tutti. Mentre padre Emiliano spirava, una persona che abitava lontano dall'Eremo e che non sapeva della sua morte, recatosi in chiesa, nella stessa ora in cui spirava il Servo di Dio, vide, all'ingresso del Coro, un grande splendore, sentì un odore piacevolissimo e udì una voce che diceva che una persona assai cara a Dio era spirata.

I padri presenti raccontarono che sembrava una persona che dormisse e, con il viso rivolto in alto, meditasse. Aveva un volto roseo, gli occhi aperti, le mani e tutte le membra molli e le vene turgide di sangue.

La cella, che lo vide per tanto tempo infermo, era tutta permeata di un profumo soavissimo che rimase per molti giorni.

Si racconta che il vescovo di Perugia, che ne ebbe la notizia troppo tardi, se ne rammaricasse dicendo: “Se lo avessi saputo in tempo, sarei volato a Montecorona per rendere omaggio a colui che ho tanto amato e stimato”.

Un eremita, valente pittore, ebbe l’incarico di ritrarre il volto del Beato, a cui venne poi tolta la tunica per conservarla come preziosa reliquia; il corpo venne messo in una cassa (eccezione questa, perché gli eremiti venivano sepolti senza cassa), ed ebbe sepoltura nella tomba dei sacerdoti, sotto la cappella della Vergine.

Nel corso del tempo, fu cambiata varie volte la cassa contenente il corpo di Padre Emiliano per meglio conservarlo: le spoglie furono sempre trovate intatte.

L'ultima volta, alla presenza del vescovo di Perugia Mons. Odoardi, la cassa fu coperta di zinco e chiusa in un'altra di farnia, un legno fortissimo e resistente all'umidità. Il Prelato con le sue stesse mani appose diversi sigilli.

Padre Emiliano lasciò vari scritti tra i quali molte lettere.

La storia di Padre Emiliano parla di tanti miracoli da lui fatti in vita e più ancora da morto, testimoniati da dichiarazioni.

Fra questi se ne ricordano due, nel 1791, documentati dal notaio Filippo Savelli di Fratta, ottenuti da persone del luogo: operò la guarigione di un bambino della Badia, figlio di Carlo e Maria Porrozzi e di Angelo di Ercolano Mavarelli della Fratta.

Un' altro miracolo venne testimoniato da Don Mazzacosta parroco di Santa Giuliana.

Operò altre guarigioni di persone di paesi lontani, sempre testimoniate da notai del tempo.

Quando ero piccolo, sentivo parlare da alcuni anziani di Montecorona di un miracolo di Padre Emiliano (forse una leggenda): raccontavano che alcuni muratori riparavano il campanile dell'Eremo e l'armatura di legno sopra la quale lavoravano si ruppe; Padre Emiliano, che era presente in quel momento, muovendo piano piano le mani accompagnò il discendere dell'armatura che non precipitò ma calò piano piano fino a toccare terra, salvaguardando la vita di quei lavoratori.


Di Padre Emiliano si conserva un bel ritratto pittorico realizzato a mo' di medaglione, oggi custodito all'interno dell'eremo di San Girolamo di Monte Cucco.

Nella Cattedrale di San Venanzo è custodita un'epigrafe che ne serba il ricordo.

Le immagini del ritratto e dell’epigrafe sono tratte dal sito: fabriano storica.


Giuliano Sabbiniani


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