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La Catroppola

5 febbraio 2022 08:29:45

La Catroppola, ovvero la "caccia proibita"

(A cura di Sergio Magrini Alunno)
D’inverno, soprattutto quando nevicava, per catturare gli uccellini, mettevamo le catroppole, erano trappole fatte con due mattoni: uno in orizzontale a terra faceva da appoggio e l’altro inclinato era sostenuto in equilibrio precario da dei bastoncini di legno. Attirato dalle briciole di pane o chicchi di grano che mettevamo sotto il mattone il povero uccellino urtava i bastoncini provocando la caduta del mattone. Sono crudeltà non giustificabili ma che possono essere comprese se rapportate a quel periodo, la selvaggina contribuiva ad integrare la scarsa alimentazione delle famiglie.
Mio nonno utilizzando i peli della coda dei buoi costruiva dei lacci per catturare i tordi che a quei tempi erano numerosi. I lacci venivano posizionati a ottobre e novembre, in una zona esposta a ovest al riparo dal vento di tramontana sotto piante di ginepro. Come molte altre specie di uccelli i tordi hanno necessità di mangiare sassolini per fornire il carbonato di calcio necessario al loro apparato scheletrico e in quel terreno di calanchi (per noi erano (i rinicci) i tordi potevano “imbrecciarsi” e nutrirsi di bacche di ginepro che era il loro alimento principale in quella stagione.
Il nonno scrutando sul terreno le tracce di dove gli uccelli razzolavano metteva dei piccoli ostacoli naturali (sassi, ramoscelli secchi, frammenti di rami )in modo da creare un percorso, un corridoio al termine del quale veniva collocato il laccio ben mimetizzato.
Può sembrare difficile da credere ma, sia per l’abilità del nonno che per la presenza numerosa dei tordi, le catture erano frequenti. Mi portava spesso con lui a controllare i lacci. Lo facevamo di nascosto perché mettere i lacci,e le altre trappole, era proibito e poi il nonno non voleva comunque che si sapesse perché in più di una occasione dalle sue postazioni erano state portati via i tordi catturati.
I tordi, che anche allora, erano selvaggina pregiata venivano anche venduti per racimolare qualche soldo.
Sempre per questa “caccia” necessaria alla scarsa alimentazione delle famiglie a Santa Giuliana, vicino al podere Prato sotto sulla collina, da solo, verso Pierantonio c’e un bellissimo leccio. La sua forma armoniosa non è casuale, Giovambattista Matteucci (Bista de Muntidoro) lo ha opportunamente potato, in modo che quando la pianta era sufficientemente grande, potesse nascondersi tra le fronde per fare la “posta” alle lepri che uscivano dalla riserva di Ascagnano. Era un ottimo tiratore e quando tornava con la lepre in casa era una festa. Un’altra caccia era quella che ci illudevamo di fare noi ragazzi con la fionda. Io avevo anche modificato il portasassi della mia perché potesse contenere pallini da caccia di piombo, ma il risultato è stato deludente. Il fatto che qualcuno riuscisse a colpire un uccellino con la fionda era in realtà un evento raro.

La Catroppola

Ricostruzione di come era realizzata una "catroppola" (foto di Sergio Magrini Alunno)

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ricostruzione della "catroppola", al suo interno veniva messo del cibo per attirare gli uccellini (foto di Sergio Magrini Alunno)

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Il "leccio" potato per potersi nascondere per cacciare (foto di Sergio Magrini Alunno)

Fionda per la "caccia" di metà degli anni '50 del secolo scorso  (foto di Sergio Magrini Alunno)

Fionda per la "caccia" di metà degli anni '50 del secolo scorso (foto di Sergio Magrini Alunno)

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