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LA SEMINA

IL LAVORO NEI CAMPI NEL TERRITORIO DI MONTECORONA

Il LAVORO NEI CAMPI



A Montecorona la lavorazione della terra per la semina, prima dell'arrivo dei trattori, era eseguita con i buoi ed avveniva ad agosto, in quanto i terreni non dovevano essere bagnati...Si cominciava con l'aratura, cioè si rompeva con il "perticale" (aratro) la terra e la si rovesciava preparando la "magese"; poi si "afinava" la maggese, cioè si sminuzzava la terra e la si livellava utilizzando "l'erbice" e il "quaranta corni" .


L'erpice piano, molto semplice, fatto interamente di legno, che i contadini costruivano da sè, era costituito da una tavola di legno duro e pesante a forma rettangolare; esso serviva a sminuzzare la terra ed a livellare il terreno: al suo passaggio il campo si trasformava da una "magese" a una superficie piana. Se non c'era stata sufficiente pioggia, le zolle erano troppo asciutte ed il lavoro risultava percio meno efficace: in questi casi si appesantiva 1'erbice con con delle grosse pietre e vi salivano sopra, oltre al conducente anche una o due persone. A me da ragazzino è capitato di salire sopra l'erpice con Giovanni de Frillocco: infatti egli, quando vedeva noi ragazzi che non facevamo niente, ci invitava a salire sull'erpice per appesantirlo. Io me ne stavo accovacciato perchè non riuscivo a restare in piedi.

Dopo questo passaggio, per affinare maggiormente il terreno, entrava in scena un altro arnese, il "quarantacorni" si chiamava così perché era costituito da due specie di gabbie in ferro che sotto avevano venti lunghi e grossi chiodi con la punta leggermente piegata in avanti. Le due parti erano unite da catenelle affinché, durante il lavoro, non si scostassero l'una dall'altra.

Questi attrezzi erano tirati dalle "bestie", cioè una coppia di buoi o di vacche. In certi posti venivano impiegati anche due paia di "bestie", poste in coppie e collegate fra di loro da una catena: questo metodo di trazione era chiamato "stroppa".


Una volta preparato il terreno si incominciava la semina, eseguita a "spaglio", cioè a mano; il personale addetto doveva essere esperto, in quanto doveva far sì che con il movimento del braccio distribuisse i semi sul terreno in maniera uniforme.

Mi ricordo che Poldo Bussotti poneva il seme in un cesto di vimini con manico, in cui infilava il braccio sinistro tenendo il contenitore aderente al corpo per ridurre la fatica, con la mano destra libera e con ampio gesto "sparpagliava" il seme.


L'uniformità della distribuzione l'otteneva coordinando il passo con il movimento del braccio: sulla cadenza del primo passo la mano spargeva il seme, su quella del secondo si riforniva dal cesto per spargerlo nuovamente alla cadenza del terzo passo e cosi' di seguito.

Quando il grano era stato seminato, veniva interrato con l'erpice, operazione necessaria per difendere il seme dagli uccelli e dai volatili da cortile (galline, faraone, tacchini), al fine di evitare che essi li mangiassero. Poldo era solito porre nei campi gli spaventapasseri, fantocci costruiti con bastoni e stracci imbottiti di paglia.

L'orzo ed il grano venivano seminati alla fine di ottobre, preferibilmente la settimana antecedente la festa dei Santi: si diceva allora che fosse sbagliato seminare dopo tale festività per una buona riuscita e qualità del raccolto.


Sui campi seminati, il 3 di maggio (festa della Santa Croce), c'era la consuetudine di porre delle croci, fatte con due bastoni incrociati fra loro; su di esse venivano posti un rametto di olivo e una foglia di giaggiolo precedentemente benedetti in chiesa, affinché i campi fossero protetti ed il raccolto venisse preservato dal maltempo e dagli incendi.


di Giuliano Sabbiniani


(Dal suo libro “Montecorona – la Tenuta e la sua gente” – gruppoeditorialelocale, Digital Editor srl, Umbertide - 2021)


LA SEMINA
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