storia e memoria
Fig. 1: Carta generale del territorio comunale di Umbertide con distinzione delle tipologie insediative (elaborazione creata sul modello realizzato dall’Associazione Pro Loco di Umbertide). I toponimi ivi riportati si riferiscono a quelli degli insediamenti trattati nella ricerca.
Febbraio
4 febbraio: Nuovo bando di arruolamento
La RSI ordina la chiamata alle armi per le classi 1922/1923/1924...
4 febbraio.
Nuovo bando di arruolamento
La RSI ordina la chiamata alle armi per le classi 1922/1923/1924, con tre giorni di tempo per presentarsi per i disertori e quindici per i renitenti. È prevista la fucilazione per chi non obbedisce.
Fig. n.1: Panorama di Umbertide prima del bombardamento - Archivio Storico Comunale di Umbertide
7 febbraio
Naufragio nel Mare Egeo
Dal porto di Candia, verso le 10 della sera siamo stati fatti imbarcare sul “Petrella” che è salpato alle 5 di mattina, prima dell’alba, al buio. Eravamo ammassati dentro le stive, senza cuccette. Ci hanno distribuito del cibo: una fila di pane ogni cinque persone, un po’ di scatolette buttate a spaio. Per trovare reciproco conforto, è stato naturale unirci ai compagni originari della provincia di Perugia, almeno duecento.
Dopo tre ore di navigazione, nella baia di Suda, siamo stati centrati da un siluro, seguito immediatamente da un secondo. Io, che ero attaccato alla scaletta alla marinara, sono caduto a terra. I tedeschi, per avere meno intralci ad essere portati in salvo, hanno buttato delle bombe a mano sopra di noi. Ho avuto l’istinto di arrampicarmi su una corda d’acciaio che penzolava dalla coperta, per issarmi fin lassù. Quando sono riuscito ad arrivarci, mi sono accorto che le mani erano tutte insanguinate per le ferite causate dalle code pungenti dei fili di metallo. L’acqua ha cominciato ad invadere le stive, facendo sprofondare la nave lentamente, pur rimanendo piatta. Quando il livello del mare era a circa un paio di metri dalla coperta e l’affondamento era imminente, ho deciso di buttarmi per evitare il risucchio. Mi sono ricordato della berrettina di Sant’Ubaldo, in seta con strisce colorate, che la mamma aveva preso in cima al Monte Ingino dove era salita a piedi. L’avevo sempre portata con me, come segno di protezione, accuratamente piegata nel portafoglio; mi sono raccomandato alla mamma ed al santo, chiedendo la loro benedizione
Tanti altri avevano preso la stessa decisione. Un tedesco ha cominciato a spararci con un mitra dal ponte. Un italiano, dopo essere sgattaiolato da dietro la ciminiera, di soppiatto si è avvicinato allo sparatore tenendo con entrambe le mani una sbarra di ferro, che ha brandito con estrema violenza al collo del malcapitato, facendolo secco. Poco dopo le caldaie, invase dall’acqua, sono scoppiate squarciando la nave, che è affondata alle undici, dopo tre ore da quando era stata colpita.
Nel frattempo ero riuscito ad afferrare l’estremo di una tavola, alla quale ho cercato di rimanere aggrappato, cercando di mantenere alzata la punta opposta, in modo che non fosse sovrastata dalle onde. Ho intravisto due napoletani aggrappati ai cerchi di un fusto, svuotato del carburante; ho cercato di avvicinarmi, ritenendolo un appiglio più affidabile. Ma loro mi hanno intimato di non accostarmi, per paura che il maggior peso avesse diminuito la loro sicurezza. Ho desistito dal tentativo, accontentandomi della mia tavola; li vedevo scomparire a riaffiorare dietro la cresta delle onde, seguendo il loro ritmo. Poi non li ho visti più; il fusto si è allontanato lentamente, galleggiando da solo.
Dopo un tempo che mi è sembrato un’eternità, è sopraggiunto un idrovolante tedesco che è ammarato nelle vicinanze; mi hanno buttato una corda; mi ci sono aggrappato, ma mi è scappato dalla presa quando l’aereo ha accelerato i motori per decollare. Ho sentito l’acqua espulsa dagli scarichi dei tubi di scappamento schizzare come una frustata di spini in faccia. Hanno ritentato la manovra di salvataggio. Questa volta, afferrata la cima, l’ho girata più volte intorno al polso; ho cercato con tutte le forze di resistere alla potenza tremenda delle eliche che cercavano di sollevare dall’acqua la fusoliera ed il mio corpo. Sono riuscito ad issarmi a bordo, portandomi indietro fino al porto di Candia. Al momentaneo sollievo subentrò il terrore che i miei salvatori fossero puniti dagli ufficiali per aver soccorso un italiano. Per fortuna non successe nulla di quanto temuto.
Quel giorno 2646 dei 3173 prigionieri del “Petrella” hanno perso la vita.
Testimonianza di Bruno Bazzarri
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Soldati umbertidesi deceduti (30)
Cacciamani Riccardo, aviatore. Preso prigioniero dai tedeschi, muore nel Mar Mediterraneo per affondamento del piroscafo ‘Petrella’ mentre veniva trasportato in Germania.
Ceccagnoli Renato 9° Rgt. F. Preso prigioniero dai tedeschi sul fronte greco, muore per affondamento del piroscafo ‘Petrella’ mentre veniva trasportato in Germania.
Trinari Aldo, Caporal Maggiore. 9° Rgt. F.. Preso prigioniero dai tedeschi, muore per affondamento del piroscafo ‘Petrella’ mentre veniva trasportato in Germania
Frontoni Oliviero, 94° Rgt. F.. Preso prigioniero dai tedeschi sul fronte greco, internato nel lager ‘stalag VI C’ nei pressi di Bocholt, muore per malattia in Germania. In un primo momento viene sepolto a Bocholt – Staedt – Friedhof, campo S 7, fila 1, tomba n. 82. Poi viene traslato presso il Cimitero Militare italiano d’Onore di Amburgo. Posizione della tomba: riquadro 5 – fila Z, tomba n. 20
15 febbraio
Bombe sull’ abbazia di Montecassino.
Stamattina 142 bombardieri pesanti e 114 bombardieri medi hanno colpito l’abbazia di Montecassino. Vi hanno trovato la morte numerosi civili che avevano cercato rifugio all’interno dell’edificio, diversi tedeschi ed anche 40 soldati della divisione indiana.
Ma il bombardamento ha lasciato, oltre le macerie, anche parte delle mura intatte, per cui i tedeschi hanno rioccupato la posizione precedente, dalla quale possono colpire le truppe alleate, infliggendo gravissime perdite a chiunque tenti di salire il colle.
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Cozzari Domenico è deceduto a Bari. (30)
18 febbraio
Fucilazione al petto per i disertori
Il Duce della Repubblica Sociale Italiana, Capo del Governo ha emanato il decreto che: “Gli iscritti alla leva … che … non si presenteranno alle armi nei tre giorni successivi a quello prefisso saranno considerati disertori di fronte a nemico … e puniti con la morte mediante fucilazione nel petto”.
24 febbraio
Apre il cinema “Giardino”.
Per dare la sensazione che la vita continui e che presto tornerà il sereno, le autorità hanno concesso l’agibilità al nuovo cinema, un’altra cassa di risonanza per diffondere la realtà sperata dei film “ Luce “.
(1)
Figura n. 2: Lungo il marciapiede a destra, il Cinema Giardino: Archivio Storico Comunale di Umbertide.
25 febbraio
Nuove chiamate alle armi.
Si susseguono gli appelli ai giovani di arruolarsi. Le autorità minacciano i renitenti. Il Prefetto inutilmente fa affiggere manifesti murali.
Perfino i parroci sono invitati a predicare, durante l’omelia, che l’arruolamento è un assoluto, imprescindibile, dovere verso la patria.
Ma altri, anche inquadrati nel regime, cominciano a avvertire una certa insofferenza nei confronti di questi proclami.
È il caso di Antonio Onnis, maresciallo dei carabinieri, che non perde occasione per far prevalere l’istinto di padre sugli obblighi di funzionario della Repubblica di Salò.
Poco tempo fa, allo sportello delle raccomandate all’ ufficio postale, ha sussurrato a Gigetto: “Mi hanno ordinato di arrestare i renitenti. Loro sono tutti al bar in piazza. Per favore, avvertili che non si facciano vedere in giro… se no, che cosa posso fare?!”
In un’altra occasione, ha avuto l’ordine di arrestare Antonio, perché il figlio Aurelio era nel giro dei partigiani della “San Faustino”. “Non sarebbe meglio che tu ripassassi per casa a cambiarti?”, gli aveva detto mentre lo portava in caserma, alludendo al vestito inadeguato. Naturalmente il fermato, aderendo all’invito ed avendo capito l’antifona, è diventato uccel di bosco.
Alfredo, un renitente, era tornato a casa, lasciando la “Brigata San Faustino“. Quando il maresciallo aveva suonato alla porta, si era nascosto sui tetti. Onnis, che sapeva di quella presenza, aveva cercato di convincere i genitori: “Io non lo porto via; ma ditegli di presentarsi domattina, in modo che figuri che si è consegnato”. Così è stato. Si è consegnato alla caserma di Santa Giuliana. Durante un successivo bombardamento a Terni, è riuscito a far perdere le sue tracce. Ora è nascosto di nuovo in casa, al Corso.
26 febbraio
Riattivazione della sirena.
Con il passar del tempo, l’assuefazione all’allarme aereo ha trasformato la corsa in campagna in un’abitudine. Alla paura è man mano subentrata una certa noncuranza, nella convinzione che Umbertide non sia un obiettivo importante: insomma, l’allarme è diventato una specie di ricreazione. Di conseguenza, è caduto in disuso.
Ma con l’avvicinarsi della guerra, la gente ha cominciato di nuovo a preoccuparsi, reclamando la riattivazione della sirena.
Alla Fattoria dei Tabacchi, addirittura, un operaio, a turno, è incaricato di fare la sentinella sopra i tetti, per avvistare eventuali aerei in arrivo e suonare la sirena della fabbrica. Per le tabacchine hanno costruito, nel campo a sud-est appena fuori dello stabilimento, un rifugio: una buca alta quanto un uomo, coperta da tavolini e traverse, su cui hanno rimesso la terra dello scavo. È l’unico realizzato in paese.
Immagine n.3: Telegramma al Commissario Ramaccioni del 24 febbraio 1944.
Si mormora che il Comando di Presidio tedesco abbia assicurato che piazzerà la sirena sulla Rocca, collegata con il posto d’avvistamento della Milizia Antiaerea di Romeggio. Ma il Prefetto Rocchi è irremovibile: ha respinto l’ennesimo sollecito del Commissario di Umbertide, Luigi Ramaccioni, con la scusa che l’allarme serve solo a spaventare la popolazione, dato che non ci sono rifugi.
Fig. n. 4: Il commissario Luigi Ramaccioni
Intanto, a Città di Castello, la sirena elettrica in cima alla torre civica e quella a vapore, “la mucca” – che muggisce alla Fattoria Autonoma Tabacchi - suonano quasi tutti i giorni, permettendo alla gente di ripararsi nei rifugi antiaerei approntati nei sotterranei di antichi palazzi e conventi: sotto le volte del Palazzo vescovile, del Palazzo Vecchio Bufalini, del mattatoio, del Palazzo Vitelli alla Cannoniera. Anche il “Duomo di sotto” si presta come ampio e provvidenziale luogo di raccolta della popolazione. Per favorire la fuga della gente verso la campagna, è stata riaperta la medioevale Porta Sant’Andrea ed è stata fatta addirittura una breccia nelle mura allo sbocco di Via della Scatorbia ed ai Frontoni.
Ad Umbertide, niente di tutto questo! Ormai la gente, sentendo notizie d’incursioni sempre più vicine, ha capito che scappare all’arrivo degli aerei non è più un gioco piacevole, ma un modo per scampare alla morte. Si sta ripetendo la favola del pastore che in un primo tempo scherzava, chiedendo aiuto contro il lupo che non c’era.
Tutti protestano invano, chiedendosi ossessivamente il perché di questo rifiuto. Senza conoscere i retroscena, non resta che dare sfogo all’immaginazione; e si sa che la fantasia popolare non pone limiti ai suoi ricami.
Si dice che Rocchi abbia saputo che, al suono della sirena, tutti gli impiegati comunali sciamavano lungo Via delle Rimembranze. Al segnale di cessato allarme, essi non rientravano al lavoro di corsa. Insomma, la fuga verso il rifugio non solo era diventata un rito, ripetitivo ed inefficace, ma addirittura se ne approfittavano. Fatto volare un ricognitore sulla città, il Prefetto aveva avuto conferma della confusione che ogni volta si generava.
Qualcuno asseriva che, quando la sirena annunciava aerei in avvicinamento, la maggior parte della gente, per allontanarsi dal centro abitato, prendeva la strada per San Benedetto dove, sotto i cipressi, sostavano una decina di autobotti tedesche che rifornivano il fronte di Cassino. Si è detto che i tedeschi, da soli o d’accordo con qualche gerarca, avessero deciso di non dare l’allarme per evitare il rischio che le autobotti fossero mitragliate insieme alla folla.
[L’argomento è approfondito in: Roberto Sciurpa, Umbertide nel secolo XX. Pp. 198-200 e 213-216]
28 febbraio
Citti Nello, Carabiniere Brigadiere, è morto in Germania
Pannacci Giuseppe, preso prigioniero dai tedeschi sul fronte greco a ‘Lamia’, internato nel lager ‘stalag XIID’ nei pressi di Trier, è morto per malattia. In un primo momento è stato sepolto a ‘Trier - Gemeindefriedhof’. Poi viene traslato presso il Cimitero Militare italiano d’Onore a Francoforte sul Meno. posizione della tomba: riquadro A – fila 3, tomba n. 20
30 febbraio
Prevenzione in caso di bombardamento
Il crescendo di segnali di guerra vera alle porte – le notizie, i brontolii ed i lampi degli scoppi – ha spinto ad organizzarsi per il peggio, se non altro per scaramanzia.
Ci si è preoccupati di individuare un buon riparo in caso di bombardamento: i muri maestri, gli archi, gli architravi, i locali a volte ...
In diverse famiglie hanno preparato la valigia con l’indispensabile per sopravvivere in caso d’abbandono forzato della casa: coperte, vestiario, pancelle [pannolini] per i lattanti, tessera annonaria, soldi, risparmi, qualche raro gioiello di famiglia. La tengono vicino alla porta, a portata di fuga: non si sa mai!
30 febbraio
Creazione di una base alleata a Cutella.
A circa un’ora di volo dalla nostra vallata, intorno al 42° parallelo, è in funzione una base alleata a Cutella, in Molise: una striscia di bande di acciaio forate come campo d’atterraggio, con le strutture essenziali di supporto, sulla riva dell’Adriatico, nei pressi di Montenero di Bisaccia.
Nel mese di dicembre 1943 vi ha stabilito la sua sede temporanea il 5° squadrone della South African Air Force, appartenente al 239° stormo “Wing Desert Air Force”.
I loro aerei - dei Curtiss P 40, nati come caccia - sono stati adattati per necessità a volare con il sovraccarico di una coppia di bombe da 500 libbre l’una: un peso sopra le forze, a scapito della manovrabilità.
I cacciabombardieri sono chiamati con il nomignolo Kittyhawk, mutuato dal nome del luogo nel North Carolina da cui partirono i fratelli Wright per la loro storica impresa. Ma è anche il nomignolo del falco pellegrino: chissà se il padrino del cacciabombardiere, al momento del battesimo, avrà voluto onorare i pionieri dell’aviazione oppure auspicare all’aereo le doti aggressive del rapace.
[N.d.R.] Da questa pista decolleranno gli aerei che bombarderanno diverse volte Umbertide.]
Fig. n. 5: la base area di Cutrella . Immagine da "M. Tosti, 1944: dalla barbarie verso la civiltà, gruppo editoriale locale, 2024; p. 32."
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Una miniera a Monte Tezio
Peppino Rondoni e i ragazzi della sua bottega di meccanico in via Roma, con i muli e i carretti di Pajalunga hanno finito di recuperare i rottami dell’aereo inglese precipitato a Monte Tezio il mese scorso. Fondendo l’alluminio del velivolo hanno messo in piedi una innovativa linea di produzione: macchinette per trafilare la pasta.
Le macchinette sono andate a ruba, con la conseguenza che le famiglie di Peppino e dei suoi ragazzi non hanno mai visto tanto benessere e quelle degli utenti hanno rinnovato il loro menu con i curiosi “bocconotti”, a discapito delle tradizionali tagliatelle.
Ne ha avuto il massimo beneficio l’aereo caduto che, morendo, ha abbandonato il ruolo di strumento di morte per conquistare il merito di attrezzo di pace.
Testimonianza di Alfiero Casagrande e Pompeo Rondoni
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Numero di vittime umbertidesi nel corso del mese di febbraio:
Militari: 7
Nb: Per quanto riguarda le indicazione bibliografiche, sono indicate dai numeri tra virgolette che rimandano alla" bibliografia" o ad approfondimenti specifici.