storia e memoria
Fig. 1: Carta generale del territorio comunale di Umbertide con distinzione delle tipologie insediative (elaborazione creata sul modello realizzato dall’Associazione Pro Loco di Umbertide). I toponimi ivi riportati si riferiscono a quelli degli insediamenti trattati nella ricerca.
Un altro anno di guerra
La situazione al 31 dicembre 1943...
Il dramma della guerra civile.
La nostra comunità, dopo lo scorso 8 settembre, vive il dramma della guerra civile: una parte dei cittadini schierata a favore del precedente alleato, ora il nemico; l’altra con l’atteso liberatore, il vecchio nemico.
Ognuno è portato a fare delle scelte.
Il tragico risultato è che amici o compagni di banco si ritrovano, l’oggi per il domani, su posizioni opposte: divergenze che diventano sempre più profonde man mano che coinvolgono interessi, morti, vendette.
Il trauma si somma con l’assenza degli uomini adulti – catapultati al fronte o al servizio del lavoro o fuggiti alla macchia – sottratti ai campi e alle fabbriche.
La guerra distrugge, oltre alle cose, le basi della convivenza civile: le prime potranno essere ricostruite con il denaro; le seconde richiederanno decenni per essere rimarginate, mentre la società resterà paralizzata.
Sembrava che dovesse durare poche settimane, come tutte le guerre quando iniziano. Invece sono passati più di quattro anni. Un anno, due anni, tre anni, quattro anni…!!! Man mano che svanisce l’illusione della vittoria, aumentano le difficoltà di un’economia di guerra e, soprattutto, l’angoscia per le notizie di vittime sui fronti lontani.
La situazione dell’Italia
Il 1944 si apre con l’arretramento su tutti i fronti delle forze del Tripartito (Germania Italia e Giappone).
A causa degli avvenimenti del ’43 (sbarco alleato in Sicilia del 10 luglio, armistizio dell’8 settembre, liberazione tedesca di Mussolini del 12 settembre) l’Italia si presenta divisa in due sulla linea Gustav.
Al sud continua ad esistere il vecchio Stato monarchico sotto la tutela angloamericana, La forma del rapporto con gli Alleati è di cobelligeranza.
Al Nord e al Centro c’è un nuovo stato fascista, la Repubblica sociale italiana (RSI) o Repubblica di Salò, sotto il controllo diretto dei tedeschi
A differenza del primo conflitto mondiale, la popolazione civile viene coinvolta direttamente nella guerra.
Questa - che doveva essere breve nelle previsioni - si prolunga ormai da tre anni, anche dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, per cui le condizioni di vita normale sono diventate un ricordo ed hanno lasciato il posto ad un’esistenza fatta di stenti e sacrifici.
Gli allarmi improvvisi, le tragiche condizioni di vita nei rifugi, la paura di una morte improvvisa dal cielo, l’oscuramento, la precarietà dell’esistenza, la perdita di ogni cosa e la morte di massa entrano a far parte della vita quotidiana.
Fig. n.1: Avviso pubblico Comune di Umbertide
Dalle città colpite i superstiti si avviano tristemente in cammino per trovare nei dintorni, in campagna, una qualche sistemazione.
Le difficoltà di approvvigionamento e la penuria di beni di prima necessità causano privazioni e razionamento dei generi alimentari, regolamentati per mezzo di tessere annonarie, e danno vita al “mercato nero”. La gente deve ridurre e modificare i propri consumi, specie in città, dove ricompare lo spettro della fame.
Le comunicazioni - per i bombardamenti che interrompono strade e linee ferroviarie - diventano difficoltose e saltuarie, per cui i trasferimenti da un luogo all’altro avvengono con mezzi di fortuna e spesso, per lunghi tratti, a piedi.
A ciò si aggiungono, nei territori occupati dai tedeschi, le razzie alimentari, la depredazione di materie prime e le deportazioni di uomini per il lavoro forzato. La popolazione ascolta la radio del governo della RSI, strumento di propaganda: le notizie infatti sono sottoposte ad una censura pesante. Perciò la gente segue - con notevole rischio perché è proibito – le trasmissioni in lingua italiana della radio libera della BBC (che le manda in onda da Londra in ben 46 lingue diverse) per conoscere il reale andamento della guerra, al di là del dei comunicati ufficiali.
La situazione in Umbria e dintorni.
La nostra regione è abbastanza lontana dalla linea Gustav, ma è pienamente coinvolta nella guerra: il territorio è occupato dalla retroguardia tedesca con compiti logistici e di rifornimento delle prime linee attestate a sud di Roma; gli alleati bombardano dal cielo le strutture strategiche utilizzate in Umbria dai tedeschi.
Fig. .2: La retroguardia tedesca
La retroguardia tedesca
L’11 agosto scorso è stata bombardata per la prima volta Terni, per la presenza dell’importante scalo ferroviario e della fabbrica d’armi e munizioni, con effetti terribili sulla popolazione civile: si parla di centinaia di morti.
Il 2 dicembre 1943 è stata bombardata la stazione di Arezzo. Ormai le bombe viaggiano in cielo sopra le nostre teste.
I ferrovieri umbertidesi, spostandosi da un posto all’altro, ne vedono con i propri occhi gli effetti devastanti che raccontano a familiari e conoscenti, quando ritornano a casa. La guerra non è più alla radio, immaginata, ma vera, fuori della porta di casa.
La situazione a Umbertide
Qualche settimana fa, il 19 dicembre, verso mezzogiorno, un terribile bombardamento aereo ha colpito la stazione di Ponte San Giovanni. Vi sono rimaste uccise diverse persone, fra cui il capotreno Antonio Giombetti, conosciuto da tutti in paese. È la prima vittima civile umbertidese, che si aggiunge ai 60 militari caduti dall’inizio della guerra: 25 al fronte; 7 in prigionia; 28 dispersi.
Lo sgomento si è diffuso in tutto il paese perché la guerra, giunta alle sue porte, ha fatto sentire la sua presenza lugubre, minacciosa e terribile.
La popolazione
La vita in paese è sconvolta: della gente locale sono rimasti solo donne, vecchi e bambini.
Si vedono in giro pochi uomini adulti: quelli che, riformati, sono riusciti a scampare alla chiamata al fronte, o quelli in convalescenza, oppure gli addetti ai servizi pubblici, che portano i gradi militari o una fascia azzurra al braccio con la stella a cinque punte.
Quasi tutti sono iscritti al Partito Nazionale Fascista: numerosi con entusiasmo, i più con tiepidezza opportunistica, qualcuno con disagio.
In mancanza di uomini, le donne li sostituiscono in modo ammirevole in tutti i lavori.
Fig. n.3: Vista aerea di Umbertide in un giorno di Mercato
In guerra
I soldati, che dopo l’8 settembre hanno voluto continuare a combattere, sono schierati su fronti opposti: a fianco degli alleati, nelle zone da essi liberate, oppure dei tedeschi, nelle altre aree.
In entrambe le parti gli italiani hanno difficoltà ad ottenere fiducia, sia dai nuovi che dai vecchi alleati, dopo il voltafaccia del governo Badoglio.
Le notizie dai fronti di guerra sono rare e lentissime.
Il segno più concreto dell’esistenza dei militari richiamati o trattenuti alle armi è il contributo corrisposto alle famiglie, che può essere riscosso esibendo l’apposito “libretto di soccorso”.
Internati o prigionieri
I soldati, che dopo l’armistizio non hanno voluto continuare a combattere e non sono riusciti a dileguarsi in tempo, sono stati deportati in Germania. Alcuni hanno scelto di lavorare per i tedeschi, quasi come schiavi. Tutti gli altri sono stati rinchiusi in prigione, in condizioni disumane.
Le rare lettere, pervenute ai parenti, sono tutte simili nei contenuti: la nostalgia per i luoghi, la mancanza degli affetti più forti, il proponimento, a volte non troppo velato, di attenuare la preoccupazione di chi è restato a casa.
Ma le condizioni di vita indicibili nei lager della Germania fanno prevalere, su tutto il resto, la richiesta ossessiva di cibo.
Al “Servizio del Lavoro”
La sfiducia dei tedeschi verso gli italiani è totale: a quelli che si presentano alla chiamata, non consegnano più le armi, ma li destinano a lavori nelle retrovie, il cosiddetto “Servizio del Lavoro “.
Naturalmente si escogitano le giustificazioni più disparate per evitare di essere precettati come schiavi. A Montecastelli Giobatta Palazzoli ha infilato un braccio nell’arnia delle api, che si è arrossato e gonfiato a dismisura, impedendo di lavorare.
Fig. n. 4: Giobatta Palazzoli ostenta il braccio infortunato legato al collo
Solo i volontari nei corpi speciali continuano a raccogliere un po’ di credito.
Non per questo diminuisce lo sforzo delle autorità della RSI per arruolare le giovani leve nell’esercito; se non altro per prevenire che vadano ad ingrossare le bande partigiane.
Alla macchia
I giovani intorno all’età da soldato, che non intendono arruolarsi nella Milizia o nel “Servizio del Lavoro”, non possono barcamenarsi nell’attesa della fine della guerra. Non vorrebbero rischiare di impelagarsi in un’avventura sempre più disperata: meglio sparire dalla circolazione. Ma non sanno dove andare, come fare, con chi consigliarsi: si ha paura di parlare, anche con il compagno di scuola. Chi non è con i fascisti. è considerato “bolscevico”. Alcuni, soprattutto i ventenni, si aggregano a formazioni partigiane: all’inizio, sono poco più che fuggiaschi.
Non è soltanto la paura a collocarli dalla parte che, forse, si rivelerà giusta: anche l’aspirazione ad un paese libero e democratico è cominciata ad attecchire – fragile – dai semi sparsi da pochi illuminati.
Per alcuni giovani la clandestinità dura solo il tempo indispensabile ad accorgersi che, senza un tetto ed una tavola con un piatto colmo, la vita alla macchia non è una scampagnata.
Fig. n. 5: Panorama di Umbertide. Archivio storico comunale di Umbertide
I partigiani
Animato da un gruppo di antifascisti, a settembre del ’43 è stato costituito il gruppo partigiano “San Faustino”. Capeggiata dal liberale proprietario terriero, Bonuccio Bonucci di Perugia, si è potenziata con l’adesione di giovani di diverse estrazioni sociali, tendenzialmente di sinistra, ostili al nazi-fascismo, alla guerra, all’occupazione straniera.
La diversità d’orientamento politico è spesso causa d’incomprensione e di reciproca diffidenza, con conseguenti difficoltà di carattere operativo. Una maggiore chiarezza degli obiettivi politici e sociali ed una valida alternativa in un momento di scelte decisive, fondamentali ed irreversibili potrebbero esercitare una maggiore attrazione tra i giovani, specialmente fra i renitenti alla leva.
Ma la composizione, molto frammentaria e slegata, non consente di dare una struttura organica alle formazioni volontaristiche, che pure comprendono una buona percentuale di militari di tutte le armi.
La lotta partigiana non potrebbe comunque produrre risultati eclatanti, dalle nostre parti, lontano dal fronte, senza mezzi decenti: non è guerra di fronte, ma di pattugliamento, di interdizione, di guerriglia.
I renitenti
“Deportazione” è la parola più ricorrente. Evitare l’arruolamento è diventata la preoccupazione comune per tutte le famiglie, in cui ci sia un giovane: in sostanza per tutta la popolazione. Si contano sulle dita quelli che si accaniscono per stanare i renitenti: la gente è solidale con le famiglie sconvolte dal pericolo e dal cambiamento nelle abitudini di vita. Gli stessi “fascisti repubblicani” umbertidesi collaborano non più di tanto a far rispettare le disposizioni del Prefetto.
Si registra qualche ritorsione nei confronti delle famiglie dei ragazzi alla macchia; in genere sono applicate sanzioni a carattere amministrativo, come il ritiro delle tessere annonarie per la distribuzione dei generi alimentari. Si minaccia di precettare fratelli e genitori dei renitenti o disertori.
In ogni caso, il pericolo è sempre più pressante. I manifesti sui muri con le notizie delle esecuzioni di renitenti alla leva sono il segnale che la situazione sta diventando drammatica.
Nei nascondigli
Si bisbiglia che diversi giovani vengano tenuti nascosti nei modi più ingegnosi o stravaganti.
Un ragazzo vive costantemente relegato in una casa di Via Roma, dotata di un armadio a muro nascosto da un mobile: pronto come estremo rifugio, se dovessero venire a cercarlo. Qualche tempo dopo, un suo cugino gli fa la sorpresa di portarci in visita un giovane fascista, compagno di scuola del renitente. Naturalmente ha avuto assicurazioni che avrebbe tenuto l’acqua in bocca: l’amicizia vale più degli ordini del regime.
Un altro giovane vive in via Cibo, dentro un ambiente murato, con un’apertura verso il mondo occultata all’interno di un armadio a muro.
Fig. n.6: Collegiata con la sacrestia. Archivio storico comunale di Umbertide
I nuovi arrivati
Sono tante le persone venute da lontano: soldati tedeschi, ebrei, sfollati.
I tedeschi
Sono sempre di più i militari tedeschi presenti in paese: appartenendo alle retrovie, non sono giovanissimi. Per il momento, sono presenti pochi elementi delle famigerate SS.
Hanno sistemato il Quartier Generale nelle scuole elementari di via Garibaldi.
Hanno preso possesso anche di altri edifici, i più accoglienti, in paese e nelle campagne, fra cui la casa Bartoccioni di fronte alla scuola e la Villa Bertanzi. I loro automezzi sono posteggiati alla spicciolata nelle periferie, per non costituire bersagli concentrati: lungo la strada nazionale, davanti all’Albergo Capponi, ci sono sempre un paio di camion per controllare il ponte sul Tevere; altri tre o quattro, mimetizzati con delle frasche, stazionano all’inizio della strada dei cipressi; qualcun altro è ricoverato negli androni più capienti.
Il ruolo e l’età matura li rendono poco bellicosi; possiamo affermare che non sono diversi da noi. Certamente sono più spaesati: oltre ad essere stanchi di un conflitto interminabile, ben diverso dalle previsioni iniziali, cominciano ad intravedere una fine tragica per il loro popolo. Per di più hanno la sventura di trovarsi in un paese straniero, di cui – dobbiamo riconoscerlo – hanno tutti i diritti di fidarsi poco.
Forse hanno interesse a far buon viso a cattiva sorte per non complicarsi ancor di più la vita; ma, almeno per il momento, non c’è niente da ridire sul loro comportamento. Anche la relativa lontananza dal fronte non li porta – almeno finora – a reazioni violente, nonostante si trovino a difendere, palmo a palmo, il territorio italiano in un dilagante senso d’insicurezza per la crescente attività partigiana, rafforzata dalla connivenza dei civili.
Certo non mancano arroganze, prepotenze, ruberie. Obbligano i cittadini ad aiutarli nei lavori e fanno sentire che comandano. Senza nessun codice requisiscono case, ville, locali, minacciando chi si oppone.
Ma a volte il loro comportamento è ineccepibile, come è capitato alla Gilda, una giovane che stava andando a piedi al sanatorio della Pallotta a Perugia per fare visita al marito. I soldati le hanno offerto un passaggio sul loro camion. Lei, alquanto titubante, si è decisa a salire, per risparmiare fatica e poter passare più tempo insieme al suo Beppino. La sua iniziale paura si è dimostrata infondata: non le è stato torto un capello; anzi, le è stata riservata ogni premura.
Si sa che verso Roma, in vicinanza del fronte, la situazione è molto peggiore. Insomma, considerando che c’è la guerra, qui la convivenza con le truppe tedesche è abbastanza accettabile: si spera che non venga di peggio.
Si festeggia anche. Per il compleanno del capo della guarnigione è stato organizzato un gran banchetto, con carne a volontà: il capitano Fleck ha tirato una fucilata ad uno dei tre o quattro bufali che hanno portato dal sud come riserva vivente di carne, al pascolo dentro il recinto delle scuole elementari. Per ogni soldato è stata prevista persino una bottiglia di vino Freisa. Non è stato fatto entrare nessuno dei fascisti locali che si sono presentati alla scuola materna per partecipare al festino. È stato organizzato anche uno spettacolo, con una ballerina discinta che si è esibita nella danza del ventre. L’ha accompagnata al pianoforte il notaio Zampa, al posto della nipote che aveva declinato l’invito per paura di molestie. Il notaio – tutto compunto – non ha mai alzato gli occhi dalla tastiera per ammirare la bella “bajadera”.
Gli ebrei
Sono una quindicina gli ebrei internati rimasti nel nostro paese che, con il controllo della situazione passato ai tedeschi, cercano di sparire per evitare la deportazione in Germania. Qualcuno cerca di aiutarli.
In Comune hanno confezionato documenti d’identità falsi, utilizzando un timbro del Comune di Bolzano, esistente in Municipio. Franco, quattordici anni, è partito in bicicletta per la Rocca - nonostante sul monte ci sia quasi mezzo metro di neve - per recapitarli a Bartolomeo Vitriol, il capo della famiglia ebrea; il guardiano della tenuta gli ha regalato un sacchetto di castagne da portare a casa. Qualche giorno dopo i Vitriol sono stati accompagnati con il calesse alla stazione di Terontola, da dove sono partiti per Roma. Lì si sono avvalsi di umbertidesi fidati, che hanno pensato alle prime necessità ed alle nuove dimore. In mezzo alla moltitudine di abitanti della capitale, con quei documenti credibili, non saranno individuati.
Gli sfollati
Diverse persone hanno lasciato le città del Sud, per evitare di essere coinvolte dagli scontri in corrispondenza del fronte. Solo da Napoli ne sono arrivate 102, oltre la metà del totale. In qualche caso vengono ospitati da parenti.
Tirano avanti contando sul “sussidio famiglie sfollati”, che è sospeso qualora gli uomini validi rifiutino un’occupazione retribuita ovvero l’avviamento al “Servizio del lavoro”.
Qualche famiglia si è spostata anche da zone del Centro e del Nord, contando sulla maggiore disponibilità di cibo nelle nostre campagne.
La loro presenza tranquillizza. Serve anche a vivacizzare qualche abitudine di vita: fra l’altro portano nuovi profumi di cucine diverse.
Le autorità hanno invitato le famiglie private a “dare testimonianza di solidarietà nazionale “, mettendo a disposizione qualche locale, in modo da attrezzare ed ampliare la capacità ricettiva per gli sfollati. Hanno obbligato i proprietari di case disabitate a chiudere le masserizie in un unico locale per mettere a disposizione tutti gli altri.
Fig. n. 7: Il ponte di ferro costruito nel 1938. . Archivio storico comunale di Umbertide
Persone misteriose
Il clima di complotto contro il regime, alimentato dalla propaganda, tende a far guardare con sospetto chiunque arrivi in paese.
La Clara di Riga – con la sua statura, il portamento regale e riservato, i grandi boccoli color rame – è al centro dell’attenzione e del desiderio di tutti gli uomini, giovani e meno giovani. Ne ammirano le movenze quando passeggia dalle parti della locanda della Venanzia. È un personaggio misterioso. La gente comune non ne conosce neppure il nome: è stata ribattezzata come Sonia. Si mormora che sia una spia. Qualcuno asserisce addirittura che sia un uomo camuffato da donna; i più non ci credono, perché un travestimento non può venire così bene.
Ha, invece, tutte le caratteristiche della spia quel bell’uomo, alto, sempre vestito di nero, con il cappello scuro tenuto con la destra sul petto, sotto il cuore, che vive all’Albergo Giardino. Non dà confidenza a nessuno e nessuno osa rivolgersi a lui. Si sostiene che parli bene il tedesco.
Destano molti sospetti anche Rodolfo Berg e la moglie, ospiti dell’albergo Capponi. Si dice che siano americani: lei alta, bellissima; lui molto meno. Vanno sempre verso il Corvatto, dove si appartano lungo il Tevere. Ma mentre lei pesca davvero, lui scompare fra le piante con un borsone e una strana canna: la gente è convinta che siano una radio ricetrasmittente ed un’antenna.
Adattamento ad una nuova vita.
La gente cerca di adattarsi alla nuova realtà, affrontando i vecchi bisogni, cui si sono aggiunti quelli indotti dal fronte di guerra che incombe dal Sud.
I treni
Dopo la nafta, è sparito dalla circolazione anche il carbone per alimentare le locomotive a vapore. La legna scarseggia sempre più e si deve sopperire con lignite e stracci imbevuti di scarti d’olio, per portare in pressione la caldaia. In aggiunta, le locomotive sono vecchie e degradate per la scarsa manutenzione. Il risultato è che già superare la salita di Montecastelli è complicato; immaginiamoci cosa succeda allo Scopetone o alla diramazione per Perugia.
Le lingue di fuoco e le miriadi di scintille sprigionate dalle ciminiere delle locomotive costituiscono un’ulteriore preoccupazione; questi inconsueti spettacoli pirotecnici sono facilmente individuabili da aerei in ricognizione, che potrebbero ritenerli obiettivi da far saltare in aria, nonostante la scarsa utilità bellica di queste sputafuoco.
Salire sui treni è diventato un incubo. Ci viaggiano soprattutto quelli che fanno mercato nero e trasportano a Terni i cibi – soprattutto uova – ed il tabacco, con destinazione Roma.
Fig. n. 8: Scuole elementari in via Garibaldi. Archivio storico comunale di Umbertide.
Le scuole
Le lezioni si fanno a singhiozzo e come si può, perché le difficoltà sono infinite.
Chiuse a gennaio per mancanza della legna per le stufe, sono state riaperte, ma ogni scolaro deve portarne un pezzetto, con il risultato che l’unica cosa che non scarseggia sono i geloni.
Con l’avvicinarsi del fronte, il comando tedesco ha requisito gran parte delle scuole elementari di Via Garibaldi. Di conseguenza, alcune classi sono state sistemate in locali di fortuna. Spesso in casa delle maestre: in quella con la torretta della maestra Locchi, in via Fratta; in casa Nunzi, in piazza Marconi …
Le Scuole Tecniche sono state spostate dall’ala posteriore delle “Garibaldi” ai locali sopra le logge del convento di San Francesco, dove le lezioni si svolgono a turnazione con quelle dell’Avviamento.
Spesso, però, gli alunni devono tornare a casa, per un motivo o per l’altro.
Sono ricorrenti gli allarmi che continuano ad arrivare, limitatamente alle scuole, con la conseguenza di far sciamare le classi verso le campagne. La paura di un bombardamento è così diffusa che, quasi ogni giorno, la fine delle lezioni è fissata alle dieci e mezzo. Per giunta, qualche insegnante più apprensivo trova ogni pretesto per mandare tutti a casa, anche prima della fine dell’orario ridotto.
La precarietà dei treni aumenta le difficoltà: le assenze degli insegnanti, che vengono da fuori, sono più la regola che l’eccezione. La maggior parte dei ragazzi che vanno alle magistrali di Gubbio o al liceo di Perugia resta a casa, arrangiandosi con lezioni private; con il trenino si avventurano una volta la settimana, giusto per mantenere i contatti con gli insegnanti.
Insomma, solo la refezione per gli scolari in difficoltà continua a funzionare decentemente; è importante dare un aiuto per evitare la fame. Ci si preoccupa anche dello stomaco oltre che del cervello, com’è naturale, in ossequio alla prepotenza del primo.
I genitori vengono convocati per decidere se i figli, in caso di bombardamento, debbano essere tenuti a scuola o rimandati a casa da soli.
Devono anche firmare un foglio per assentire a far svolgere le lezioni a casa della maestra o in altre sedi periferiche di emergenza, a causa della carenza di spazi. Di conseguenza, alcune classi delle Elementari sono sistemate nei locali a pianoterra della casa con la torretta della maestra Locchi; altre in casa Nunzi di Piazza Marconi.
Fig. n. 9: Il campanone sul palazzo delle poste. . Archivio storico comunale di Umbertide.
L’economia
Alcune attività stanno fermandosi. Alle ceramiche Pucci il lavoro scarseggia, perché i loro manufatti sono considerati superflui in tempo di guerra; solo con particolari permessi, facendo passare i prodotti per materiali sanitari, si possono eseguire alcune lavorazioni.
È diventato complicato disporre anche delle cose più comuni ed essenziali. Per le scarpe si cerca di sopperire con copertoni, latta di barattoli, tomaie di scarpe ormai riparate troppe volte, vecchie borse di cuoio, zaini militari, tende da campo e qualsiasi altro materiale resistente. Per quelle da signora si ha un occhio di riguardo; si usa sughero per i fondi e pelle di coniglio per ricoprire i tacchi di legno. Sotto gli zoccoli dei ragazzi, per maggior durata, si applica un foglio di gomma recuperato da vecchi copertoni: se di bicicletta, sono tagliati su misura ed inchiodati sotto il legno; quelli d’auto sono fatti a fette, con un coltello ben affilato e bagnato in continuazione con acqua per farlo meglio scorrere. Le scarpe da lavoro sono protette da “bullette“, chiodi a testa larga: una fila ai lati e due al centro, oltre a quelle ai lati del tacco.
La fame di metallo ha fatto scattare, addirittura, il riciclaggio del Campanone, sopra le Poste, sul palazzo di fronte al Municipio. L’autarchia ha imposto di fonderlo, nonostante sia il metronomo della vita del paese, a cominciare dai rintocchi che annunciano l’imminente chiusura del portone delle scuole. È stata montata un’impalcatura di legno. Tagliati gli appoggi con la fiamma ossidrica, aveva già iniziato la sua discesa verso il selciato, fra l’angoscia dei paesani, allorquando qualcuno ha notato la data di fabbricazione, che è risultata essere antecedente al limite posto dalla legge a tutela delle opere antiche. Campana e batocchio hanno ripreso la via del cielo, per continuare a scandire i ritmi di vita del paese.
La comunicazione
Le trasmissioni per radio si sono insinuate nella vita del paese. In pochi possono permettersela; ma ci pensa l’altoparlante ottimista appeso al muro del Circolo, verso lo spaccio, a farla ascoltare a tutti. Per le occasioni più importanti due apparecchi a tutto volume sbraitano dal davanzale della Casa del Fascio e dagli archi del prete.
Si è intuito che, con quella cassetta parlante, è possibile creare l’illusione di un’attraente realtà fittizia, su cui convogliare il consenso della gente.
I “Commenti ai fatti del giorno” sono diventati un appuntamento alla moda, un’attrazione, un rito cui non si può mancare: i contraddittori fra Mario Appelius e la voce fantasma, che si intromette con interferenze artefatte, regalano certezze a buon mercato. La gente sorride appagata nell’ascoltare la formula di chiusura: “Mangia cavallo, che l’erba cresce”.
Ma in tanti l’ascoltano anche quando non dovrebbero: i messaggi speciali di Radio Londra fanno ben sperare sulle sorti della guerra.
Mitragliamenti
Trestina ha fatto conoscenza del primo mitragliamento aereo: è stato preso di mira un treno viaggiatori, mentre il convoglio corre lungo le pendici delle colline, costeggiando il percorso del Tevere, dove la valle è molto ampia. Non ci sono state vittime solo perché gli aerei, prima di scaricare le raffiche micidiali, hanno volteggiato sopra il treno, permettendo così ai viaggiatori di allontanarsi e mettersi al riparo.
Fra le persone consapevoli qualcuno comincia a reagire.
Gli attivisti
Dopo l'avvento della dittatura fascista nel 1922, esattamente da vent’anni non si sono più tenute elezioni multi-partitiche a sovranità popolare per l'elezione della Camera dei deputati. Infatti le ultime si sono svolte il 4 aprile 1924, quando solo 12 milioni su 39 milioni di abitanti hanno avuto diritto di voto 7.600.000. Come da sempre nella storia, sono state escluse le donne.
La mancanza di democrazia, a cui si è aggiunta la tragedia della guerra, ha determinato il diffondersi di sparuti antagonisti attivi del regime – i perseguitati, gli emigrati in Francia, la rete clandestina massonica, qualche studente vicino ai sogni di pace di Aldo Capitini – che riescono a fiutare qualcosa e ad intravedere barlumi di verità. Ma si tratta di voci circoscritte ad un’élite illuminata – con radici comuniste, socialiste, cattoliche, repubblicane – sussurrate dal passa-parola, che servono, quasi sempre, ad aumentare la speranza; raramente, ad incidere sulla situazione reale.
Fig. 10: Aldo Capitini, da Wikpedia, imagine di pubblico dominio.
Si possono contare sulle dita delle mani quelli che non hanno mai abbassato la testa, cercando di documentarsi per capire i fatti, dicendo quello che pensano, ma con risultati effimeri.
L’opposizione è svolta sottovoce. Sotto sotto, dilaga sempre più un’ostilità diffusa contro la dittatura, soprattutto nelle campagne; ma si tratta perlopiù di antifascismo esistenziale, prepolitico. Scarso coraggio emerge nella borghesia, tradizionalmente nemica del rischio.
Tratto da: Mario Tosti, Il nostro calvario, Petruzzi Editore, Città di Castello, 2005