storia e memoria
Verna
Il Castrum Verne si erge a circa 500 metri di altitudine vicino alla confluenza del Tevere con il Torrente Nestore. Per posizione e struttura questo fortilizio richiama la tipologia degli insediamenti di altura. La posizione di castrum Verne permette di ipotizzare che la fortificazione fosse posta a presidio della via fluviale lungo il Tevere e di quella commerciale grazie alla viabilità stradale che portava direttamente a Città di Castello, continuando a nord fino a Ravenna...
VERNA (castrum verne)
a cura di Giovana Benni
Il Castrum Verne si erge a circa 500 metri di altitudine vicino alla confluenza del Tevere con il Torrente Nestore. Per posizione e struttura questo fortilizio richiama la tipologia degli insediamenti di altura. La posizione di castrum Verne permette di ipotizzare che la fortificazione fosse posta a presidio della via fluviale lungo il Tevere e di quella commerciale grazie alla viabilità stradale che portava direttamente a Città di Castello, continuando a nord fino a Ravenna.
Fig. 1: Ingresso ovest con il portale posteriore del castrum. L’insediamento era al momento della ricerca interessato da lavori di ristrutturazione
La struttura visibile
Il castrum presenta uno schema centralizzato che conciliano le capacità economiche, basate su attività silvo-pastorali, con possibilità difensive supportate da visibilità sulle aree circostanti con un controllo simultaneo delle vie terrestri e fluviali: può controllare, infatti, Montemigiano, Monte Castelli e la Pieve di Comunaglia.
Il castello presenta una possente struttura fortificata a sezione rettangolare e regolare, collocata verticalmente lungo l’asse N-S nel territorio. E’ raggiungibile tramite un tracciato sterrato piuttosto tortuoso e una salita ripida; in questa maniera la prima facciata della struttura visibile è in realtà quella retrostante (ovest). La facciata è organizzata con vaste aperture e un portale, sicuramente alterata rispetto alla facies originaria in rapporto ai cambiamenti subiti nel tempo.
Presenta un largo basamento a contrafforti ed è contornato da una profonda scarpata. La struttura fortificata è sostenuta da un terrapieno contenuto in una spessa muratura che avrebbe avuto funzione di sostegno e protezione della fortificazione. Il Castrum era probabilmente preceduto da un fossato, visto il livello del terreno piuttosto rialzato su cui si trova. Nella parte rivolta verso la valle del Nestore scende, invece, su di un piano inferiore.
L’entrata principale della struttura si trova, invece, sul lato sud. Da qui ci si immette in un ampio salone con volte a crociera rette da grosse colonne in muratura; tenendo conto delle moderne modificazioni subite dall’edificio, questo grande ambiente potrebbe considerarsi come stanza principale di tutto l’edificio seppure sia posto nel livello inferiore, proprio perché il castrum è costruito su un piano più alto e uno scosceso. Dal salone è possibile raggiungere tutte le altre, perfettamente collegate tra loro.
Fig. 2: Verna: prospetto complessivo della facciata ovest. L’insediamento era al momento della ricerca interessato da lavori di ristrutturazione.
Dal piano più basso della fortificazione si risale verso quelli superiori tramite una lunga e stretta scalinata interna che conduce direttamente all’entrata sud con percorso piuttosto ripido; giunti al primo piano dell’insediamento è possibile attraversare un vano dove si trova un grande camino. Da qui però è possibile accedere all’altro lato del castello, che si affaccia su un terrapieno simile a un terrazzamento proprio sopra il muraglione di contenimento del versante nord rivolto verso il Nestore. Dall’angolo creato dalla muratura spunta qui un grosso torrione a sezione pentagonale che rivela una possente struttura impiantata nel suolo, ora però elevata alla stessa altezza delle mura della fortificazione. Dato che il torrione è posto strategicamente da questo lato della struttura è anche ipotizzabile che in origine l’altezza fosse maggiore, per assolvere probabilmente a funzioni di difesa, visto che così come si mostra attualmente non avrebbe garantito una favorevole visuale d’insieme.
La tessitura muraria esterna appare attualmente ben definita e regolare, seppure siano impiegate delle pietre locali. La muratura non denota elementi esteriormente rilevanti: si possono notare delle piccole correzioni apportate alle pareti con l’apposizione di archetti anche tamponati. Nella parte sommitale dell’edificio, però, va evidenziata la presenza di piccole aperture poste sulla muratura ad intervalli regolari come se recassero tracce di una preesistente merlatura piatta, utilizzata come cortina muraria con scopo più difensivo che decorativo, anch’essa tamponata e riassettata con finestre, presenti sui due versanti più lunghi dell’edificio e oggi celata dal tetto di copertura.
A breve distanza dalle sole mura perimetrali insiste un edificio religioso diruto, che viene solitamente ricondotto alla chiesa di San Pietro, seppure, in realtà, la chiesa con questa intitolazione era posta più a ovest di Verna, dove tuttora è individuabile su carta topografica il toponimo S. Pietro. L’area interna dell’edificio mostra il completo disfacimento della struttura , senza pareti e tetto, di cui rimangono lacerti, inserti e mensole di pietra ai lati dell’altare maggiore posto frontalmente nella zona absidale, dove si possono notare solo minime tracce di decorazioni ad affresco. La chiesa poteva essere utilizzata come cappella gentilizia magari realizzata su un preesistente edificio di culto con funzione di chiesa interna alla cerchia muraria.
Poco più a lato dell’insediamento fortificato si trovano delle abitazioni rurali, anch’esse comprese con probabilità nella cerchia muraria dell’insediamento, abbandonate e completamente avvolte da vegetazione; ciò impedisce una precisa analisi tipologica delle murature.
Fig. 3 – Verna: sommità del torrione esagonale posto nel settore nord del castrum.
Una simile struttura si staglia poco sopra questo nucleo rivelando simile impianto con posizione di rilievo ancora maggiore perché posta su una collinetta più alta, lo stesso coperta da sterpaglie. Probabile l’impiego di queste abitazioni durante il periodo di conduzione a regime mezzadrile, poiché anche questa zona era caratterizzata da un’economia prevalentemente agricola.
La storia conosciuta
La storia di Castrum Verne si muove sulla caratteristica di essere diventato a lungo centro attrattivo del potere signorile laico ed ecclesiastico. Probabilmente il potere attrattivo di Verna dipese dal fatto che rientrava nel distretto della pieve rurale di Comunaglia posta a ovest del castrum. Il Plebatu de Cuminallie comprendeva il castrum di Verna e la sua chiesa intitolata a San Pietro oltre a molti altri enti religiosi diffusi nel territorio circostante e fu un vero polo di aggregazione già nell’alto Medioevo. Il toponimo Comunaglia è un riferimento a una delle varie fasi che portarono alla formazione del comune rurale e, in modo specifico, indica l’affermazione delle terre comuni3. Questo avvenne in una sorta di continuità con il vicus romano (che era una circoscrizione territoriale) con questo altomedievale; tale continuità si affermò nelle terre comuni che vengono definite communia, communalia, comunitas e communantia, termini latini che dimostrerebbero anche la derivazione del toponimo locale Comunaglia con il significato di «beni comuni».
Fig. 4 – Verna: ruderi della Chiesa di S. Pietro
Prima del XIII secolo non si hanno notizie precise ma sembra che il castrum di Verna facesse parte già nel 917 d.C. dei possessi dei marchesi di Colle confermati da Berengario.
Nel 1162, tra le varie località del contado tifernate, anche Verne aveva come "ducem, marchionem et comitem" Uguccione di Filippo, eletto dall’imperatore Federico I. Probabilmente il distretto rientrava nell’egida del potere signorile laico con la triplice carica di potere militare, politico e amministrativo.
In posizione strategica rispetto a Montemigiano, Monte Castelli e la Pieve di Comunaglia ad inizio duecento divenne, però, uno dei distretti tra i più ambiti dal vescovo castellano Giovanni II, perché costituivano anche un’area cuscinetto aperta verso il confine con il contado perugino.
Nell’XI secolo le proprietà del vescovato castellano avevano cominciato ad incrementarsi, pur mancando la consapevolezza dell’ente stesso del processo «economico» in via di attuazione, come accadeva o era accaduto in precedenza anche per altri enti ecclesiastici dell’Umbria settentrionale. Questo incremento spesso era dovuto a delle donazioni di signori laici del contado, pro rimedio anime, che rappresentarono tra fine XII ed inizio XIII secolo una delle forme più comuni di accrescimento dei patrimoni ecclesiastici. Dal XII secolo (e più ancora dal ‘200) le acquisizioni di beni e proprietà erano divenute per la canonica di Città di Castello una vera e propria linea politica perseguita in modo particolare proprio dal vescovo Giovanni II. Egli puntava a consolidare il proprio dominio territoriale ed economico, consapevole delle possibilità di rafforzare la diocesi incrementandone le pertinenze, garantendo così a questo organismo religioso preciso rilievo politico nei confronti di altri enti religiosi simili e di signorie rurali locali di antica tradizione. Per fare questo entrò in competizione con il monastero di San Bartolomeo di Camporeggiano, nei cui possessi rientrava appunto il piviere di Comunaglia, e con il comune di Città di Castello, che stava progressivamente costituendosi grazie all’acquisizione di proprietà territoriali su cui si trovavano spesso castra, curtes o villae.
Nel conflitto con l’ente eugubino, il vescovo tifernate ottenne risultato positivo poiché Giovanni II riuscì a soppiantare completamente dal punto di vista patrimoniale il monastero di Camporeggiano che aveva possedimenti nel distretto castellano di Verna.
Al contrario, lo scontro diplomatico con Città di Castello, condotto lo stesso per il possesso di castrum Verne rivendicato dal vescovo, mentre il comune non intendeva cedere per l’evidente vicinanza con la città, fu forte e duraturo, persistendo fino agli anni trenta del XIII secolo, quindi almeno fino alla durata della reggenza del vescovato da parte di Giovanni II (1226), soprattutto perché i conflitti erano causati da molteplici possessi contesi dalle due parti.
In base ai documenti rimasti si cominciò a stabilire il dominio della diocesi nel 1208 quando homines di Verna e Civitella Guasta (cioè Civitella dei Marchesi) vennero in contrasto a causa di alcuni terreni che entrambe le parti rivendicavano nella Pieve di Comunaglia. Il vescovo Giovanni II, però, per sanare il conflitto stabilì che gli appezzamenti fossero sottoposti ai diritti vescovili e dispose anche, secondo le parti spettanti, che gli stessi comitatini dovevano occuparsi dei terreni pro episcopatu.
Nel 1216 si ebbe il diretto passaggio alla giurisdizione dell’episcopato: ci fu una compravendita tra Giovanni II e Federico di Ugolino, uno dei rami dei marchiones di Monte Santa Maria, di castrum Verne, burgis et pertinentiis et districtu. Acquistatò il castello di Verna per un ammontare di 310 libbre di denari pisani: con questa azione Giovanni II dimostrò la capacità del vescovato di affermare il suo dominatus su uno dei più importanti nuclei signorili del contado. Ma allo stesso tempo questo acquisto mette in risalto quale rilievo doveva dare il vescovo a castrum Verne per pagarlo una quota così ingente e, per di più, ottenendo prestiti ai quali lungamente dovette rispondere a potenti cittadini perugini: Suppolino di Ugolino e Senese gli concessero parti consistenti di denaro necessarie all’acquisizione del castello.
Dall’atto di cessione stipulato il 20 settembre a Città di Castello in presenza di ambo le parti, si apprende con minuzia di particolari che l’attore del documento, figlio del marchese Ugolino, dichiarava: «Ego [...] Federicus marchio [...] vendo et trado do et concedo, dono inter vivos38 et offero [...] vobis domino Iohannis [...] omnia que habeo sive habere videor seu mihi competunt [...] res mobiles, immobiles, actiones, iura realia, personalia, mixta» intendendo, quindi, tutti i beni che «[...] sunt in castro Verne, burgis, curte, pertinentiis et districtu et inter hos fines», quindi quelli compresi nella circoscrizione territoriale castrense (districtus) di cui erano definiti con precisione i confini39.
Si scoprì successivamente che Federico di Ugolino dei Marchesi del Monte aveva venduto totalmente la sua giurisdizione nel castrum a Giovanni II, pur non godendo interamente (a livello personale) del dominatus, che invece in parte spettava ai domini di Sioli. Nel settembre del 1223 Rinaldo e Brunamonte figli di Suppo dei domini di Sioli avanzavano al vescovo una richiesta di pagamento per i propri possessi ceduti nel castello di Verna, rivendicando il possesso di castro "Verne, famulis, terris, vineis et super plebe de Runte bonis et rebus ad eam spectantibus et rebus aliis positis in plebatu plebis eiusdem". Erano pronti a cedere queste pertinenze a Giovanni II dietro pagamento da parte sua di "CLX. libras bonorum denariorum pisanorum". Il vescovo fu costretto a pagare fino al 1224.
Trascorsa la prima metà del XIII secolo Verna fu occupata dai ghibellini per un nuovo contrasto con il vescovo Niccolò da Orvieto e i guelfi che lo appoggiavano; di questo periodo abbiamo però solo informazioni sommarie.
Nel 1250, Guido marchese del lignaggio di Colle prese possesso del Monte e nel 1265 entrò in possesso del castello di Verna e del suo districtus contravvenendo alle disposizioni del vescovo Niccolò da Orvieto. Tornati l’anno successivo (1266) sotto la giurisdizione vescovile conseguentemente alla decisione presa dal potestà tifernate, gli abitanti di Verna fecero «giuramento di fedeltà e di vassallaggio, promettendo di mantenere il castello in obbedienza al vescovo e di non arrecare offesa agli abitanti di Città di Castello e Montemigiano».
Il XIV secolo si contraddistinse nuovamente per le lotte tra comuni, poiché Perugia e Città di Castello puntavano contemporaneamente a ottenere la zona di confine in cui castrum de Verne godeva di un ruolo di spicco. Già nel 1382 i Marchesi di Civitella Guasta si erano mossi alla presa del nucleo castrense di Verna che aveva riportato molti danni per l’incursione proprio dei perugini. La mossa diplomatica di un accordo tra Tifernati e Perugini fece si che Città di Castello riottenesse Verna e provvedesse a ricostruirla aumentando gli elementi fortificati della struttura per lungo tempo, fino almeno all’inizio ‘400, quando il secolo XV propose nuovi scontri soprattutto a causa della posizione dello Stato Pontificio, che puntava a organizzare nel centro della penisola un ambito territoriale completamente sottoposto alle proprie dipendenze.
Alla fine del XV secolo, nel 1482, si ebbero gli ultimi scontri che interessarono il castello e il distretto di Verna. Si scontrarono i Tifernati guidati dalla famiglia Vitelli contro le truppe pontificie. Il castello ne uscì ampiamente, castrum de Verne ottenne l’esenzione per i suoi abitanti dalle tasse per molto tempo, per cercare di rendere possibile la sua ricostruzione autonomamente.
Ultime notizie di questo periodo vengono dal registro delle decime, le Rationes Decimarum, dove non si parla della chiesa, ma gli storici locali ricordano la presenza di un ospedale sito nel castello di Verna e annotato nel 1504: «essendo vacante l’ospitario o il ministro delle entrate dello spedale di Verna da dirigersi in soccorso dei poveri, il vicario vescovile D. Lucantonio costituì a tale ufficio D. Giulio di Domenico da Verna».
Fonti:
Giovanna Benni, “Incastellamento e signorie rurali nell’Alta valle del Tevere tra Alto e Basso Medioevo. Il territorio di Umbertide (Perugia, Italia)”. Lavoro edito in NOTEBOOKS ON MEDIEVAL TOPOGRAPHY (Documentary and field research) Edited by Stefano Del Lungo N. 7, 2006.
Fotografie:
Giovanna Benni