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Umbertide

storia e memoria

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La traversata del Tevere

Renato Sivestrelli ha ricordato la traversata del Tevere su un cavo d'acciaio lungo 40 metri nel gennaio del 1948 nella zona del Mulinaccio

Renato Sivestrelli ha ricordato la traversata del Tevere su un cavo d'acciaio lungo 40 metri nel gennaio del 1948 nella zona del Mulinaccio

Era una bella giornata di sole di metà gennaio del 1948 ed ero stato dal mio compare Raffaele (Cucco), dal quale andavo ad imparare il mestiere. Il locale dove lavorava era del Comune, in via Soli; la corrente elettrica non c'era, si andava con la luce del giorno.

Stavo ritornando a casa, quando ho visto il ponte sul Tevere pieno di gente. Qui è affogato qualcuno - ho pensato - ma subito ho sentito una risata generale. Mi sono avvicinato per capire cosa stesse succedendo e ho visto che sulla sponda del fiume si stava svolgendo una sfida per attraversare il grande specchio d'acqua davanti al pietriccio.

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Veniva adoperato come "ponte" il lungo cavo d'acciaio che era stato lì teso per trasportare la rena fino al Mulinaccio usando una cassa dell'uva appesa con delle carrucole. L'ultima persona che ci aveva provato era caduta nel Tevere provocando la grande risata che avevo appena sentito. Era il dodicesimo - seppi poi - che falliva il tentativo andando a mollo nell'acqua gelida.

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Sono arrivato di corsa al Mulinaccio. Proprio in quel momento ho sentito una moglie incitare il marito: "Provaci, stupido: sono mille lire!". Era stata organizzata una vera e propria gara. Bisognava attraversare il fiume appesi per le mani al cavo, e il premio era davvero ghiotto: mille lire, una cifra, a quei tempi, ambitissima da tutti. Il povero marito ci aveva provato ma dopo appena cinque metri era caduto in acqua; subito una barca, che stava pronta ad intervenire, si era avvicinata a lui per ripescarlo.

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L'impresa sembrava impossibile e tutti rinunciavano. Ad un tratto un facilone si mise a dire tra la gente: "Io offro tremila lire". Tremila lire. Era un sogno! Tutti sempre senza un soldo, in quel periodo in cui non c'era lavoro. Mi sono subito presentato per tentare l'attraversata. Quando lo sfidante ha visto che facevo sul serio, ha preteso contro cinquecento lire. Intorno a me è iniziata una frenetica colletta: chi metteva cinquanta, chi venti lire e alla fine la somma è stata raggiunta. Mi sono trovato sotto l'attenzione di tutti davanti a quel cavo d'acciaio lungo 40 metri e grosso solo 20 millimetri; senza guanti ti avrebbe spellato le mani. Ero vestito con abiti pesanti ma non ho tolto nulla; portavo degli scarponi, non ho tolto neppure quelli e con uno slancio mi sono aggrappato al cavo, iniziando la traversata. Lo sforzo era grandissimo; avanzavo lentamente senza guardare in basso; il tratto più duro è stato quello verso la fine perché il cavo era in salita. Ho richiamato tutte le mie energie, ho stretto i denti. Ce l'ho fatta.

Ancora oggi (N.d.r. 1998) persone che avevano assistito, come Giulio Orticagli, Sergio Celestini ed Elio Renzini. mi ricordano l'impresa.


Vedo ancora quei tre fogli da mille! Grazie ancora, facilone!


Pubblicato nella rubrica “CINQUANT’ANNI FA – Storia e costume”, a cura di Amedeo Massetti, del periodico comunale “Umbertide Cronache” n.1 1998

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21/11/25

La traversata del Tevere
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