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Don Agricola

Don Guido Agricola

Don Guido Agricola

(A cura di Walter Rondoni con la collaborazione di Rinaldo Giannelli)


Amatissimo parroco di Comunaglia e Calzolaro nei difficili anni del dopoguerra vissuti sempre a fianco e a sostegno dei poveri e dei bisognosi




Piccolo di statura, la faccia segnata da una ragnatela di rughe, le mani enormi (1'uso sviluppa l'organo). A buon bisogno muratore, falegname, imbianchino per dare sfogo e concretezza al suo attivismo senza soste.



Bellunese di Castion, don Guido Agricola - quasi un predestinato con quella data di nascita (9 – 9 - 1909) che si poteva leggere da destra e da sinistra - giunse da queste parti al seguito di monsignor Carlo Liviero, l'amatissimo don Carlone dei Tifernati.



Don Guido, coadiutore dell'arciprete, era a Canoscio, la piccola Montecassino, bersaglio nel luglio 1944, dei violenti bombardamenti e dei disperati attacchi con i quali gli Alleati cercavano di snidare i Tedeschi là asserragliati. Il prete capisce che va mantenuta la memoria di quei fatti tremendi e li racconta in un libro trasmettendo tutto il terrore dell'assalto notturno.



Era il 9 luglio e un reparto di soldati indiani - i Gurka - strisciando furtivamente sul terreno, riuscì a piombare di sorpresa sui Tedeschi e ad annientarli, decapitandoli con le sciabole.



Nel dopoguerra venne trasferito di qualche chilometro, parroco di Comunaglia, che andava

spopolandosi, e Calzolaro dove iniziava l'espansione. Momenti difficili, in cui don Agricola fu il primo a rimboccarsi le maniche, "scavando e preparando pietre, accumulando materiale d'ogni genere, invitando i bravi contadini con i loro mansueti buoi a qualche giornata di lavoro".



Il risultato era sotto gli occhi di tutti il 19 marzo 1950, quando il nuovo vescovo di Città di Castello, monsignor Filippo Maria Cipriani, "trovò costruita la prima chiesa, la benedisse alla presenza di numeroso popolo". Ma l'impegno sociale di don Guido non si fermò qui.



A lui si deve l'appassionato interessamento per l'edificio scolastico e l'asilo "Sant'Antonio", per l'asfaltatura della strada provinciale, l'acquedotto consorziale e la riapertura dell'ufficio postale. Attivissimo e generoso, era sempre in prima fila per aiutare le persone bisognose.



Se un parrocchiano veniva ricoverato in ospedale, immancabilmente riceveva la sua visita. Povero tra i poveri, conduceva un'esistenza modestissima, vestendo una sola tunica, consunta e sdrucita, e muovendosi in bicicletta: "La mia millecento", diceva.



Ne aveva diverse, di cui una da corsa, per le urgenze. Unico mezzo per andare a Città di Castello come a Perugia, l'ombrello legato sotto la canna per ripararsi da qualche improvviso acquazzone, pedalando con lena nonostante gli impedimenti provocati dall'abito talare, volitivo don Camillo umbro-veneto.



In bicicletta visse, in bicicletta morì, stroncato da un malore agli inizi di un'estate tristissima. Oggi, a vent'anni e più dalla scomparsa, i parrocchiani non l'hanno dimenticato e periodicamente organizzano viaggi a Castion per visitarne la tomba.



Ma don Guido Agricola è ancora fra la gente di Calzolaro: un altorilievo in ceramica, opera di Lucia Rossi Monti, sulla facciata della "sua" chiesa, lo raffigura attorniato dai bambini; sullo sfondo l'amatissima bicicletta e le opere che realizzò.




Le foto sono di Rinaldo Giannelli – dall’Archivio del Calendario di Umbertide


Dal Calendario di Umbertide 1999




8/12/23

Don Agricola
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